Intervista sulla Sollevazione di Gezi Park in Turchia
Qui di seguito la traduzione,sempre a cura dello staff di Infoaut English.
Intervista ad Eren Buğlalılar | @erbu (27.02.2014)
1)In che modo la rivolta di Gezi Park può rappresentare un evento in continuità coi movimenti sociali del passato in Turchia e quali sono invece le più importanti novità che influenzano la società dopo questo avvenimento?
Durante e dopo la sollevazione di Gezi, o la rivolta di Giugno come diciamo a volte, molti commenti fatti da alcuni intellettuali e giornalisti sostenevano che questa rivolta significasse una completa rottura dai precedenti movimenti storici nel paese.
Questa tesi strampalata era un tentativo di isolare la massa di manifestanti dai socialisti e dalla loro tradizione di resistenza che domina la storia della sollevazioni popolari in Turchia con i suoi giorni, personaggi e simboli importanti. E dopo la sollevazione, abbiamo assistito ad altri tentativi di supportare questo argomento con la cosiddetta “analisi di classe sociale” che limitava lo scopo della rivolta a Gezi park e i manifestanti per la maggior parte con quelli di origine piccolo-borghese.
Sarebbe sufficiente, tuttavia, ricordare che dal 2007 le organizzazioni radicali socialiste hanno rinnegato il veto governativo su piazza Taksim e dchiarato che avrebbero celebrato il primo Maggio là da allora in poi ad ogni costo. Dopo aver combattuto per tre anni per rompere l’assedio, il governo del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) è stato finalmente sconfitto e costretto ad abbandonare la piazza nel 2010.
La rabbia della gente contro il governo dell’AKP stava diventando così forte che il Primo Maggio del 2012 in piazza Taksim, che è uno delle più grandi manifestazioni May Day nel mondo con circa un milione di persone, si è trasformato in una protesta contro il governo. Il governo AKP era davvero spaventato e ha posto un secondo veto sulla piazza nel 2013 per impedire di celebrare un altro May Day.
Pertanto, solo un mese prima della sollevazione di giugno le forze statali di polizia hanno letteralmente disposto un assedio continuo su piazza Taksim, impediendo a qualsiasi gruppo di persone di entrarvi e questo ha condotto ad una serie di proteste quotidiane che sono culminate con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua in maniera non eccezionale finché la sollevazione è iniziata.
Non sto provando a ridurre la Sollevazione di Giugno a uno dei suoi aspetti; ma questo background storico a breve termine è sempre trascurato al prezzo di enfatizzare le novità del movimento, che sono pure molto importanti. La valanga è iniziata perché c’era già troppa neve.
La rivolta ha creato un nuovo ambiente politico dove la precedente fiducia in se stessa dell’oligarchia è venuta meno e la gente ha iniziato ad osare di più. Prima della sollevazione, potevi vedere la mancanza di speranza negli occhi di alcune persone. Fatta eccezione per la sinistra rivoluzionaria e l’opposizione curda, la maggior parte dei membri delle classi popolari sembravano stanchi e disinteressati nei confronti della politica.
Subito dopo la rivolta, comunque, le assemblee popolari che si sono nominate da sole “Forum” hanno iniziato a fiorire in tutto il paese, riunendo persone dello stesso quartiere attorno a problemi comuni. Benché la maggior parte di esse siano per ora inattive e incapaci di istituzionalizzarsi, per noi si tratta di un’esperienza unica. E alcuni dei forum in corso ancora servono come centri di comunicazione che fanno appelli per le proteste future.
Ha alti e bassi, ma posso dire che praticamente tutte le settimane ci sono proteste da qualche parte in Turchia, di cui la maggior parte finisce in scontri con la polizia antisommossa.
Le scene di scontri sono importanti per i giovani militanti che trovano l’opportunità per capire le dinamiche delle masse, di accumulare esperienza in prima persona sulle barricate. Si può dire che una nuova generazione di giovani rivoluzionari si stia allenando nel cuore dell’azione.
C’è un’altra novità, tuttavia, che il più delle volte è ignorata nella nebbia della crisi corrente: l’azione dei lavoratori. Verso la fine di giugno, un gruppo di lavoratori ha occupato una fabbrica ad Istanbul – una mossa chiaramente ispirata dalla sollevazione – e si è dichiarato proprietario della stessa. Era uno stabilimento tessile che produceva magliette e maglioni.
Dopo aver risolto i problemi con la polizia e i tribunali, ora fin da giugno 2013, i lavoratori di Kazova hanno messo in funzione la loro fabbrica, dividendo le loro entrate in modo uguale tra di loro, il che accade solo per la seconda volta nella storia del paese.
I lavoratori non stanno creando problemi solo ai capitalisti. Anche i manager del sindacato riformista chiamato Confederazione dei Sindacati Rivoluzionari (DİSK) sentono la pressione della graduale radicalizzazione dei movimenti dei lavoratori. I lavoratori di differenti settori hanno occupato le sedi del DİSK quattro volte negli ultimi sei mesi per protestare contro le politiche collaborazioniste del sindacato.
Un’altra importante novità è che il blocco oligarchico che ha governato il paese per quasi 12 anni si è dissolto poco dolo la sollevazione. E dal 17 dicembre vediamo un conflitto interno all’apparato statale. Le parti di questo conflitto hanno iniziato implacabilmente ad esporre i reciproci crimini alla gente per screditarsi l’un l’altro. E questo ha un serio impatto sulla fiducia già declinante della gente nell’autorità statale.
2)Abbiamo visto che la rilevanza politica di Genzi si è diffusa in tutto il paese e a livello transnazionale; pensi che il Movimento Gezi stia sviluppando nuove forme di organizzazione politica in grado di soddisfare le richieste di cambiamento politico?
Come ho detto, durante e dopo la Sollevazione la gente ha provato a formare assemblee popolari nei propri quartieri e benché sia stato un passo molto importante, la maggior parte di esse ora sono inattive.
La differenza ideologica della Sollevazione sembrava essere ciò che l’ha resa potente, ma presto ha smesso di essere un problema secondario e si è presentata come il suo principale ostacolo. Ma tutti sanno che la soluzione ai problemi della lotta è lottare di più.
Penso che questo sia il problema di tutte le lotte rivoluzionarie, organizzarsi e se ci fosse una soluzione semplice, i socialisti l’avrebbero trovata e messa in atto molto tempo fa. Questo è il problema che fronteggiamo in Egitto, in Spagnia, in Tunisia, ovunque vi sia una sollevazione popolare.
Il problema è che il regime oppressivo in Turchia ha bloccato tutti i tentativi di cambiamento pacifico per lungo tempo. E un’inchiesta dell’Associated press ha mostrato che la Turchia ha il più alto numero di prigionieri politici del mondo. E fin dalla Sollevazione, il governo sta stringendo la morsa sul popolo, compiendo incessantemente raid nelle case, arrestando persone, diramando nuove leggi oppressive e reclutando nuovi poliziotti.
Pertanto non abbiamo sogni sul fatto che le organizzazioni popolari che crescono incessantemente alla fine porteranno il cambiamento democratico.
Questo è il motivo per cui sono molto critico contro certi tentativi di guidare il potenziale della Sollevazione verso politiche elettorali. Vari partiti e gruppi politici di sinistra si sono allineati alle politiche parlamentari del partito riformista pro – curdo, il Partito Pace e Democrazia. Questi partiti e gruppi hanno formato un “partito ombrello” chiamato Partito Democatico del Popolo e si stanno preparando a correre nelle elezioni locali e generali.
Hanno rivendicazioni democratiche che nessuno può respingere, questo è sicuro. Ma per i popoli della Turchia il regime attuale ha da molto tempo perso la propria legittimità. Non è solo un problema di eleggere questo o quel partito politico borghese. Lo stesso regime è corrotto e sta utilizzando le urne per legittimarsi. Io credo che i socialisti non debbano giocare un ruolo in questo gioco democratico di ristabilire la legittimazione del regime.
Perché il paese è in una seria crisi ed è possibile rigirarla in una rivoluzionaria.
3)La questione turca è stata dibattuta nel corso del fenomeno Gezi Park e molte persone solidarizzano con la causa; qual è attualmente l’approccio del movimento di fronte alle questioni politiche curde?
E’ impossible parlare di un approccio unitario che caratterizzerebbe la posizione della sollevazione nei confronti del popolo turco. Ho passato un po’ di tempo sulla costa ovest della Turchia ad İzmir durante i primi giorni della sollevazione e ho visto che i gruppi nazionalisti stavano tentando di aggredire fisicamente i curdi e i socialisti che erano nella stessa protesta con loro.
Abbiamo anche visto ad Ankara ed Istanbul i nazionalisti repubblicani, i curdi e i socialisti resistere e danzare gomito a gomito. I poster di Mustafa Kemal e Abdullah Ocalan, che erano figure completamente insopportabili per l’altro gruppo, erano messe fianco a fianco. C’era tolleranza lì. Ma come ho detto, sarebbe un’illusione pensare che le differenze ideologiche possano essere superate solo in mesi. Il regime sa che la questione curda può facilmente dividere la società in due campi ostili e non smetterà mai di usare ciò a proprio vantaggio.
E’ ancora possibile parlare di tre opinioni dominanti rispetto alla questione curda.
Il primo gruppo è quello nazionalista e Kemalista, che rifiuta fortemente di riconoscere l’esistenza del popolo curdo. Quasi ovunque, hanno fallito nel dominare la Sollevazione e il suo seguito. La loro linea politica non occupa almeno per il momento una posizione rilevante ma rimane come un potenziale che potrebbe essere mobilitato se le classi dominanti lo ritenessero necessario.
La seconda opzione è anche quella dominante. E’ un approccio moderato che riconosce l’esistenza del popolo curdo e sostiene che una soluzione pacifica debba essere trovata per porre fine a questo problema secolare. Rivendicano i fondamentali diritti democratici per il popolo turco. Questa linea di pensiero è diventata potente dopo i negoziati di pace tra il movimento curdo e l’AKP. C’è anche la linea politica riformista adottata dal partito pro – curdo Pace e Democrazia e dal suo nuovo “ombrello”, il Partito Democratico del Popolo.
La terza posizione è adottata dagli elementi rivoluzionari di Gezi Park. Fondamentalmente sostengono che l’attuale regime non possa portare democrazia nemmeno al popolo turco, figuriamoci al doppiamente oppresso popolo curdo. Secondo loro, c’è bisogno di una rivoluzione anche per i diritti fondamentali dei popoli (come il diritto all’autodeterminazione del popolo curdo) e dei lavoratori perché il regime sta diventando sempre più oppressivo e avido mano a mano che la crisi si approfondisce.
Essi sostengono che sarebbe fuorviante alimentare speranze di pace tra i popoli in Turchia e il regime, in quanto il regime è già in una guerra contro i popoli del paese.
4)Pensi che il movimento di Gezi avrà anche una prospettiva politica di rappresentanza? Cosa pensi in proposito?
E’ una domanda che molte persone si pongono in Turchia. Alcuni partiti politici provano ad imporre la loro visione politica rappresentativa all’interno del movimento, sperando di mobilitare l’energia della Sollevazione.
Ad ogni modo, nessuna simile prospettiva politica può rivendicare di rappresentare la diversità dei manifestanti allo stato attuale. L’intera sollevazione e la crisi in atto stesse sono in parte una reazione contro questa camicia di forza chiamata politica rappresentativa imposta dal capitalismo.
Ma se un partito politico vuole realmente rappresentare la gente in Turchia, dovrebbe essere in prima linea, nel cuore della lotta di classe. Le attuali divisioni, le spaccature idelogiche esistenti tra la gente sono il risultato della debolezza della lotta di classe. E’ naturale che coloro che non lottano per il socialismo finiranno a combattere per se stessi.
Se un partito politico veramente vuole diventare il rappresentante degli interessi del popolo, deve aprire la strada, se non c’è una strada deve prepararne una, come diceva Lenin. Ha un prezzo alto ma alla fine la gente lo seguirà. Questo è ciò che penso.
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