Israele, Netanyahu vince ma è in ostaggio di ultradestra ed ortodossi
Benjamin Netanyahu sarà, a meno di sorprendenti evoluzioni politiche, anche nei prossimi quattro anni primo ministro di Israele. Alla guida del Likud, in una coalizione composta da diversi partiti xenofobi, identitari e ultraortodossi, ha sconfitto nelle elezioni di martedì il principale avversario Benny Gantz.
“L’unica democrazia del Medio Oriente”, come amano definirla gli amanti dell’apartheid sionista, avrà di fronte a sè altre stagioni di involuzione identitaria e di repressione nei confronti della popolazione palestinese. L’assedio nei confronti della Striscia di Gaza e il furto ininterrotto dei territori della Cisgiordania da parte dei coloni rimarranno consuetudine delle politiche del complesso istituzionale-militare israeliano.
Non che le alternative fossero così migliori. Delle varie posizioni dei candidati potete farvi un’idea qui. Il generale Benny Gantz, sconfitto da Netanyahu, è un ex volto di Tsahal, l’esercito sionista. In campagna elettorale si è vantato di aver contribuito a riportare alcune parti di Gaza al periodo dell’età della pietra. Scompaiono di fatto i laburisti, entrano in parlamento ma con pochi seggi i partiti rappresentanti la comunità arabo-israeliana.
Il voto delle minoranze è stato fortemente messo in discussione dallo stesso Likud, il partito di Netanyahu. Uno scandalo è scoppiato per la scoperta di centinaia di telecamere posizionate nei seggi delle regioni ad alta densità abitativa degli arabi-israeliani, in un chiaro intento intimidatorio.
L’affluenza elettorale della minoranza araba è stata molto bassa, in un chiaro segnale di sfiducia verso il complesso istituzionale del paese, segnato in profondità da gerarchie etniche. I più di 250 morti ad opera di Israele nei confronti dei partecipanti alle Marce del Ritorno al confine di Gaza dell’ultimo anno sono la prova tangibile della volontà politica israeliana.
Del resto, un simile avvitamento in chiave identitaria, xenofoba e ortodossa dal punto di vista religioso era assolutamente preventivabile. La legge su Israele stato-nazione del popolo ebraico, che dall’anno scorso de facto legalizza la superiorità etnica degli ebrei sulla popolazione araba e le altre minoranze in termini di diritti, aveva arato il terreno per la riconferma di Netanyahu.
Il prossimo governo sarà ancora più a destra del precedente, dato che xenofobi e ultraortodossi diventano decisivi per la stabilità della coalizione di governo. E’ facile che Netanyahu, già sotto tiro della magistratura israeliana per una serie di accuse di corruzione nei suoi confronti, sarà tenuto continuamente sotto scacco dalla peggiore feccia sionista, istituzionale ed extraparlamentare.
Molto probabilmente, Netanyahu dovrà affrontare battaglie importanti nei confronti dell’Iran e dei suoi alleati, riemersi a nemico giurato americano. Gli USA di recente hanno riconosciuto ufficialmente i Guardiani della Rivoluzione di Teheran come corpo terroristico, in una mossa che avrà l’effetto di aumentare ulteriormente le tensioni nell’area. Dopo il riconoscimento di Gerusalemme a capitale d’Israele e quello della sovranità dello stesso Israele sul Golan, Netanyahu ha ottenuto da Trump l’ennesimo regalo che ora, con la sua riconferma, dovrà portare a frutto. Al prezzo di chissà quanti morti..
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