Israele si autoassolve per i 4 bambini uccisi sulla spiaggia di Gaza
La loro morte aveva destato lo sgomento mondiale. Per alcuni giorni la storia dei 4 bambini palestinesi uccisi dalla marina israeliana mentre giocavano sulla spiaggia di Gaza era riuscita ad avere visibilità sui media mainstream occidentali fino ad allora troppo prudenti nel commentare e condannare le mattanze di civili in corso nella Striscia durante l’operazione israeliana “Margine protettivo”.
Ieri sera l’esercito di Tel Aviv ha annunciato i risultati di una indagine interna su quanto accaduto quel 16 luglio. La conclusione non ha sorpreso nessuno. “Dopo un’approfondita inchiesta” – si legge in un comunicato delle forze armate – é emerso che si è trattato solo di un tragico incidente”. Secondo il Tenente Colonello Peter Lerner, infatti, il missile che ha ucciso i 4 bambini aveva preso di mira un “compound” che apparteneva alla Forza navale del movimento islamico Hamas.
“Durante l’indagine – si legge ancora nella nota – sono state raccolte varie testimonianze di un gran numero di soldati e ufficiali dell’esercito che hanno pianificato e compiuto l’attacco. A ciò si devono aggiungere i numerosi atti relativi all’attacco insieme a filmati video che lo hanno documentato e le immagini video che mostrano parti dell’incidente”. Non solo. Infatti, sostiene l’esercito “sono state raccolte anche le dichiarazioni dei residenti della Striscia che, presumibilmente, sono stati testimoni oculari dell’incidente”. Dal risultato dei dati esaminati emerge che “l’incidente” ha avuto luogo in una area nota per essere una struttura appartenente alla forza navale di Hamas e che era utilizzata esclusivamente dai suoi militanti. “I residenti della Striscia – scrive l’esercito – sapevano che questo compund era utilizzato solo dalla polizia navale di Hamas”.
Tel Aviv descrive le fasi dell’attacco: “il 16 luglio la sorveglianza aerea aveva identificato alcune figure entrare di corsa nel compound”. Tutte identificate come combattenti della forza navale di Hamas arrivati nella struttura “per attaccare l’esercito israeliano”. Di fronte a questa incombente minaccia, sostiene Israele, “è stato deciso di condurre l’attacco aereo una volta dopo aver ottenuto tutte le relative autorizzazioni e dopo aver escluso una presenza di civili nell’area”. Perché, precisano le forze armate israeliane,”in nessun momento durante l’incidente, [quelle figure umane] erano state identificate con dei bambini”.
Una ricostruzione che lascia più di una perplessità. Molti giornalisti presenti sul luogo dell’”incidente”, ad esempio, testimoniarono di aver visto una piccola e fatiscente baracca di pescatori che conteneva alcuni attrezzi dove i bambini stavano giocando a nascondino. Negarono, in pratica, la presenza di combattenti di Hamas e, di conseguenza, la tesi della pericolosità verso i militari israeliani.
Inoltre, andrebbe chiesto a Tel Aviv, come è possibile che la sua tecnologia avanzata non sia riuscita a distinguere dei bambini che giocavano a nascondino vicino al mare. Insomma, secondo l’indagine interna, la colpa della morte di Mohammed Ramiz Bakr (11 anni), Ahed Atef Bakr (10), Zakariya Ahed Bakr (10) e Ismail Mahmoud Bakr (9) è da attribuire all’imprudenza delle vittime. Nell’attacco rimasero feriti altri due bambini e un giovane di 21 anni.
L’esercito israeliano si è autoassolto in altri due casi in cui sono morti dei palestinesi durante Margine protettivo. Tuttavia, ha detto di voler aprire una inchiesta per un attacco ad una caffetteria di Khan Younis in cui sono state uccise 9 persone, per le accuse di abusi su un detenuto e per aver sparato illegalmente ad una clinica medica.
Lo scorso 16 gennaio la Corte penale internazionale ha annunciato una “inchiesta preliminare” per stabilire se durante Margine protettivo sono stati commessi crimini di guerra da parte di Tel Aviv. L’indagine dell’organismo internazionale potrebbe, però, condannare anche i gruppi armati palestinesi per il lancio di razzi sulle cittadine israeliane.
Secondo dati dell’Onu, sono stati più di 2.200 i palestinesi uccisi nei 50 giorni di conflitto della scorsa estate. Di questi, 1492 sono stati civili. La condotta d’Israele durante quella offensiva è stata duramente criticata lo scorso mese dalle testimonianze di una dozzina di soldati che hanno servito a Gaza in quei giorni. In base ai loro racconti, raccolti dalla ong israeliana “Breaking the Silence”, Tel Aviv non ha rispettato i suoi obblighi di proteggere i civili in tempo di guerra.
da Nena News
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