La crisi in Ucraina svela l’ipocrisia di Israele e dei suoi alleati sionisti
I palestinesi possono solo stare a guardare con disperazione e chiedersi cosa ci vuole perché l’Occidente si fermi, si fermi e consideri i loro diritti e sovranità territoriali con la stessa compassione mostrata al popolo ucraino.
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Yvonne Ridley, 25 febbraio 2022
Immagine di copertina: Una selezione delle prime pagine dei quotidiani nazionali britannici che coprono l’invasione russa dell’Ucraina il 25 febbraio 2022 a Londra, Inghilterra. [Jeff J Mitchell/Getty Images]
In Scozia, quando qualcuno si trova su un terreno instabile o pattina sul ghiaccio sottile, si dice che sia appeso a un “piolo”. Questo è esattamente come Israele si trova durante la crisi in Ucraina, in quanto l’ipocrisia di Tel Aviv e dei suoi alleati sionisti è ormai sotto gli occhi del mondo intero.
Secondo tutti loro – Stati Uniti, Regno Unito, UE e Israele stesso – l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina sono sacrosante. Perché, però, ognuno di loro non applica lo stesso principio alla Palestina e ai palestinesi? Il popolo di quella terra occupata non ha diritto alla propria integrità territoriale e sovranità senza la realtà delle quotidiane incursioni armate dello stato coloniale aggressivo di Israele? Un paese che non ha mai dichiarato dove si trovano i suoi confini perché la sua ideologia sionista fondatrice richiede una sua costante espansione nelle terre vicine, non solo in quella di Palestina.
Finché le Nazioni Unite e la NATO non stabiliranno condizioni di parità in fatto di diritti umani, sovranità e rispetto dei confini, possiamo aspettarci di assistere a sempre più invasioni e accaparramenti di terre, mentre stati potenti continuano ad agire impunemente.
Il vecchio adagio che la verità è la prima vittima di una guerra si sta rivelando davanti ai nostri occhi. È difficile sapere cosa stia realmente accadendo in Ucraina, con Russia Today che assume un’evidente posizione pro-Mosca, mentre la BBC è andata “full tonto” per usare lo sfortunato, pieno di testosterone, linguaggio machista del ministro della Difesa britannico Ben Wallace. Fonti affidabili di notizie sul campo sono scarse.
Il presidente russo Vladimir Putin insiste sul fatto che il suo esercito sta prestando sostegno alle repubbliche separatiste di Donbass e Lugansk, ma potrebbe dire che non è vero? Nel frattempo, il suo omologo statunitense, Joe Biden, accusa il leader russo di un’invasione su vasta scala, ma potrebbe dire che no? Con i suoi appelli spericolati ovunque che incitano altre potenze a intraprendere un’azione militare, dove si sta dirigendo?
La popolazione di Taiwan deve essere molto preoccupata, nel caso in cui la Cina volesse seguire l’esempio della Russia e invadere l’isola, che secondo Pechino è legittimo territorio cinese. Giovedì, sono stati fatti decollare gli aerei da combattimento perché aerei cinesi si trovavano nello spazio aereo di Taiwan.
I palestinesi hanno tutto il diritto di chiedersi perché i leader occidentali, guidati da Biden, stanno imponendo sanzioni paralizzanti a Mosca e minacciando ulteriori ritorsioni nel caso continui con l’invasione dell’Ucraina, ma non intraprendono azioni simili contro il colonialismo israeliano. Si tratta degli stessi leader, ricordate, che chiudono un occhio sul continuo furto di terra palestinese da parte di Israele e sulle sue offensive militari contro i palestinesi nella Striscia di Gaza assediata. Israele è accusato da B’Tselem, Human Rights Watch e Amnesty International di aver messo in atto il crimine di apartheid nella Palestina occupata; di commettere crimini di guerra a Gaza; e dell’uso di fosforo bianco e altre armi proibite nelle aree civili densamente popolate della Striscia. Inoltre, lo stato sionista deve essere anche ritenuto responsabile dell’attentato al media centre dell’Associated Press a Gaza.
Senza un minimo di ironia, però, lo spudorato governo di Tel Aviv ha annunciato questa settimana che “Israele sostiene l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina”. L’ipocrisia è da togliere il fiato.
Il coinvolgimento di Israele in Ucraina va oltre la semplice retorica. Non è mai stato troppo esigente nei confronti di quelli a cui vende armi, ma questo potrebbe avere un ritorno negativo per lo stato sionista; il battaglione neonazista Azov, che è stato in prima linea nella guerra dell’Ucraina contro i separatisti filorussi, è armato fino ai denti con armi israeliane. Il battaglione è una delle tante brigate di volontari che combattono a fianco dell’esercito ucraino nell’est del paese e gode di una reputazione di brutalità.
Sale la tensione tra Russia e Ucraina sul confine condiviso – Cartoon [Sabaaneh/Middle East Monitor]
Ci sono preoccupazioni private nei corridoi del potere sul fatto che se la lotta contro i separatisti dovesse finire, la prossima grande minaccia per il governo ucraino e lo stesso stato saranno gli estremisti di estrema destra nel battaglione Azov. Le loro tendenze apertamente neonaziste sono sotto gli occhi di tutti. Molti dei combattenti dell’Azov sono antisemiti, negazionisti dell’Olocausto e ammiratori di Adolf Hitler, ma sappiamo già che Israele è più tollerante nei confronti delle opinioni odiose di coloro che acquistano le sue armi rispetto, diciamo, ai promotori della pace e agli oppositori della guerra, come l’ex leader laburista Jeremy Corbyn in Gran Bretagna.
L’attuale leader laburista Sir Keir Starmer sta portando avanti una caccia alle streghe contro membri del partito filo-palestinesi e anti-israeliani, ma non si fa scrupoli a sostenere l’Ucraina, le escrescenze neonaziste e tutto il resto, proprio come il suo rivale guerrafondaio, il primo ministro Boris Johnson. Entrambi hanno adottato posizioni pro-Ucraina questa settimana, e tuttavia non solo hanno taciuto sulla pulizia etnica dei palestinesi da parte di Israele dell’apartheid, ma hanno anche dichiarato il loro sostegno attivo allo stato sionista.
Se guardiamo alle complicità dell’Occidente per i disastri umanitari in Yemen, Iraq, Afghanistan, Siria, Libia e Palestina, non sorprende che Starmer e Johnson abbiano seguito la linea di Washington da cagnolini obbedienti che sono. Tutti i suddetti paesi musulmani sono vittime dell’aggressione della NATO direttamente o indirettamente; e tutti sono vittime dell’imperialismo statunitense.
Non si tratta di schierarsi o scegliere Putin al posto di Biden; non sono una fan di nessuno dei due. Riguarda la pace che, da dove mi trovo, sembra essere a un milione di miglia di distanza sia dalla Casa Bianca che dal Cremlino.
Chiaramente, gli Stati Uniti non hanno perso la loro fame di guerra, nonostante l’umiliante sconfitta per mano dei talebani in Afghanistan lo scorso anno. Infatti, l’economia americana vive dei conflitti nel mondo. Gli Stati Uniti hanno circa 750 basi militari in 80 paesi e Biden è ben felice di circondare la Russia con basi NATO e paesi allineati alla NATO. Putin si è sempre più agitato per questo e ha reso noti i suoi sentimenti. A dicembre, il leader russo ha avviato colloqui con gli Stati Uniti per stemperare la situazione. La risposta di Washington è stata quella di dare un calcio in faccia a Putin; la linea d’azione meno diplomatica quando si ha a che fare con un leader il cui ego è grande quanto la Piazza Rossa. Ma forse Biden l’aveva pianificato così.
Nel frattempo, i palestinesi possono solo stare a guardare con disperazione e chiedersi cosa ci vuole perché l’Occidente si fermi, si fermi e consideri i loro diritti e sovranità territoriali con la stessa compassione mostrata al popolo ucraino. Se, come ha affermato l’altro giorno l’ex primo ministro Theresa May a Westminster, è importante opporsi alla Russia in “difesa della democrazia”, allora sicuramente quel nobile principio dovrebbe essere applicato ovunque, inclusa la Palestina occupata da Israele. È ipocrita fare diversamente.
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org
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