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Lavoro: i prodigi di Renzi smentiti dalla realtà

Il 26 marzo il ministro Poletti dichiarava trionfalmente che nei primi due mesi del 2015 erano stati creati 79mila nuovi contratti, il 38,4% in più rispetto rispetto allo stesso periodo del 2014. Ovviamente la notizia era stata assai seguita dai media, soprattutto perché sia il ministro che Renzi assicuravano fosse il segnale che l’#ItaliaRiparte.

Peccato che i dati veri usciranno dopo il 20 aprile. Nel frattempo il bollettino dell’Istat descrive un paese diverso da quello che ci racconta la propaganda del governo. Il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato del 1,3% a Febbraio, i giovani occupati tra i 15 e i 24 anni sono diminuiti del 3,8% (con buona pace della ), per le donne l’aumento è dello 0,9%. Per gli uomini la disoccupazione diminuisce leggermente, ma solo perché aumenta l’inattività (lo stato in cui si rinuncia a cercare un lavoro, che quindi non viene contato nella disoccupazione). Le riforme del governo non hanno quindi mantenute le promesse di creare più occupazione e di risollevare le prospettive di vita della maggioranza della popolazione.

Poiché il consenso di Renzi si basa soprattutto sulla sua capacità di vendere una promessa di miglioramento (o quantomeno galleggiamento…) nella crisi, per la compagine governativa è necessario che, tramite tweet e conferenze stampa, venga sfruttata ogni minima occasione per rafforzare questa illusione. 

D’altronde dal punto di vista dell’opinione pubblica l’ultimo periodo non è dei migliori per il governo (in generale per il sistema dei partiti ed istituzionale). Sebbene i media mainstream siano sempre disposti a dimenticare una volta consumato il valore commerciale di una notizia, i continui casi di corruzione che colpiscono esponenti del PD e del mondo delle cooperative rosse cominciano a far sentire il loro peso sulla credibilità del governo: la recente preoccupazione per gli incompiuti lavori di Expo2015 accompagnata dalle inchieste sugli appalti che coinvolgono il partito del premier, il caso Mafia Capitale e il coatto commissariamento del PD romano, le dimissione del ministro Lupi (il ministro delle grandi opere, degli appalti e dei Rolex), solo per fare alcuni esempi.

Così Poletti e Renzi si sono trovati a forzare numeri e statistiche perché dicessero quello che di cui l’immagine del governo aveva bisogno: la ripresa è vicina, il Jobs Act funziona e fa del bene, la Garanzia Giovani è una manna dal cielo. Anche se la realtà è che le riforme sono servite soprattutto a distruggere le rimanenti tutele di una parte del mondo del lavoro, a sancire la precarietà e il ricatto come fattori stabili della vita. 

Da parte loro i media mainstream (semplicemente servili, agenti secondo logiche di sistema o entrambi?) non sembrano interessati a minare troppo la credibilità del governo nonostante le ampie possibilità. L’illusione va mantenuta, perché ancora non si vedono alternative credibili nel quadro istituzionale in grado di portare avanti le riforme neo-liberiste richieste dai gruppi di potere internazionali.

Quello che si vive nel paese reale è ovviamente diverso da quello che si racconta: disoccupazione galoppante, precarietà di massa oramai assunta come unico orizzonte di vita realistico. Nonostante in diverse occasioni si è potuta vedere l’espressione di una contrapposizione diffusa alle condizioni di vita presenti, cosi come alle istituzioni,sembra andare di pari passo la disponibilità a dare credito alle promesse del governo, non tanto per un’adesione al progetto renziano, quanto (ed è qua che si aprono le possibilità) più per l’attuale incapacità di pensare alternative credibili all’esistente.

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