Le rivolte in Nuova Caledonia tra spinte indipendentiste e imperialismo francese
Situazione insurrezionale e rivolte in Kanaky/Nuova Caledonia, situata nell’Oceano Pacifico meridionale vicino all’Australia e dal 1853 di “proprietà” della Francia.
Gli indipendentisti Kanak, la popolazione nativa, si sono mobilitati contro la riforma elettorale imposta dallo stato centrale francese, che di fatto avvantaggerebbe gli elettori francofoni rispetto ai nativi.
Si parla di almeno 6 morti, decine di feriti feriti, aeroporti e strade bloccati e centinaia di arresti, con il governo francese che ha deciso di dichiarare lo stato d’emergenza e schierare l’esercito. Il tutto mentre oggi, giovedì 23 maggio 2024, Macron si trova sull’isola.
L’arcipelago diviene un possedimento francese da metà dell’Ottocento: nel corso di oltre un secolo, la vita politica della Nuova Caledonia è stata complicata dal fatto che la popolazione indigena melanesiana, la comunità kanak, è divenuta una minoranza (41%) a causa dell’immigrazione forzata avvenuta sotto il dominio francese.
Il resto della popolazione è composto infatti dai discendenti dei deportati francesi, conosciuti come caldoches, e da una piccola minoranza est-asiatica.
Il presidente francese Macron ha detto che la polizia francese resterà in Nuova Caledonia “per tutto il tempo necessario”, ovvero fino alla repressione totale delle proteste, dopo che l’arrivo di mille gendarmi, il coprifuoco e il divieto dei social non sono serviti ad affievolire la mobilitazione di piazza.
Sullo sfondo della rivolta scoppiata in queste settimane, la più aspra dagli anni 80, si inserisce la crisi economica, in cui da mesi si sta verificando il crollo dei prezzi del nichel, materiale prezioso di cui la Nuova Caledonia detiene dal 20% al 30% delle riserve mondiali.
L’analisi ai nostri microfoni di Martino Miceli, dottorando in antropologia presso la EHESS (Ecole des hautes études en sciences sociales) in Francia, che è stato due volte in Nuova Caledonia per fare ricerca. Ascolta o scarica.
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