Marocco. Terza vittima in miniera, esplode la protesta
Un 32enne è morto giovedì a Jerada nelle “miniere della morte”, a dicembre avevano perso la vita due fratelli. Nella regione marginalizzata dal governo centrale migliaia tornano in piazza
Roma, 3 febbraio 2018, Nena News – La terza vittima in poco più di un mese nelle “miniere della morte” ha riportato nelle piazze migliaia di persone a Jerada, città nel nord-est del Marocco, tra le più povere del paese. A perdere la vita giovedì, nel distretto di Hass Blal, è stato il 32enne Abdelrrahman Zakaria, ucciso dal crollo del pozzo dove stava estrando carbone: per protesta ieri una grande manifestazione si è svolta fuori dall’obitorio dell’ospedale, mentre i negozi chiudevano le saracinesche.
A dicembre le vittime delle “miniere della morte” erano stati due fratelli, rimastri intrappolati nei tunnel chiusi da vent’anni ma ancora visitati da chi non ha altra opportunità lavorativa che cercare carbone illegalmente. Centinaia di persone che ogni giorno rischiano la vita per portare alla luce il carone e venderlo, in una regione dove lo sviluppo dei grandi centri urbani non è arrivato e dove il tasso di occupazione è doppio rispetto al 10% della media nazionale.
Jerada aveva vissuto il suo massimo sviluppo dopo gli anni Venti del secolo scorso, con la scoperta dei giacimenti di carbone a cui era seguita la costruzione di impianti estrattivi. Con il crollo del prezzo del carbone, Rabat ha chiuso le miniere lasciando senza lavoro migliaia di persone. Le stesse che oggi si infilano nei tunnel ufficialmente chiusi e mai recuperati o bonificati.
E le stesse che ieri protestavano, attività ormai divenuta quotidiana nel paese a due velocità nelle zone più marginalizzate, che si tratti di morti nelle calche per il pane o per i funerali delle vittime delle miniere. Chiedono sviluppo e occupazione e il governo – con cadenza regolare – promette di intervenire (a dicembre si è parlato di 1,23 milioni di euro) concentrando però miliardi di investimenti verso la costa e i grandi agglomerati urbanidove lo sviluppo di strade, autostrade, porti, aeroporti, zone residenziali è esplosivo. Addirittura il progetto di una nuova capitale, una sorta di Rabat 2, tra l’oceano e il fiume Bou Regreg.
Ieri il Ministero delle Miniere non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Pochi giorni prima, a gennaio, il ministro Aziz Rabbah aveva però parlato di “reazione positiva” del governo verso le richieste della città di Jerada e la creazione di una commissione che introducesse compensazioni alla popolazione per la chiusura delle miniere. A mordere è una politica di liberalizzazioni e privatizzazioni, interessata ad attirare investimenti stranieri e a mostrare il paese come un’isola felice di stabilità nel caotico Medio Oriente. Non è un caso che il Fondo Monetario Internazionale abbia avallato le riforme più liberiste, tra cui il taglio dei sussidi alle famiglie indigenti, e la Banca Mondiale abbia smesso da almeno tre anni di calcolare il tasso di povertà nel paese.
La risposta è la piazza, nel Rif – dove per mesi le manifestazioni sono state quotidiane, fino alla dura repressione e agli arresti di massa da parte del governo – come a Jerada. Ieri nella piazza di Jerada c’era chi gridava “Hirak, Hirak”, il nome del Movimento nato nella regione settentrionale del Rif e i cui leader sono in prigione dall’estate scorsa.
Da Nena News
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