Normalizzazione con Israele. Scontro tra palestinesi e petromonarchie
I retroscena emersi dopo la bocciatura mercoledì alla riunione della Lega araba della risoluzione di condanna dell’accordo tra Israele ed Emirati, descrivono un clima infuocato tra i palestinesi e i paesi del Ccg pronti a seguire le orme di Abu Dhabi
La Lega araba
di Michele Giorgio il Manifesto
Gerusalemme, 11 settembre 2020, Nena News – Invitati, con ogni probabilità, dall’Autorità Nazionale a non calcare la mano, i tre giornali nei Territori occupati – Al Quds, Al Ayyam e Al Hayat Al Jadida – ieri titolavano con moderazione sulla batosta subita mercoledì dalla causa palestinese alla riunione dei ministri degli esteri della Lega araba. Più che la clamorosa bocciatura della risoluzione di condanna della normalizzazione dei rapporti tra Emirati arabi e Israele avanzata dal ministro degli esteri dell’Anp Riad al Malki, i tre quotidiani hanno scelto di evidenziare i pochi aspetti positivi di una giornata che avrà riflessi importanti: il no dalla Lega araba ai piani di annessione a Israele di porzioni di Cisgiordania e l’appoggio confermato dal consesso arabo al piano saudita del 2002 che condiziona la normalizzazione con Israele al suo ritiro dai territori arabi e palestinesi che occupa dal 1967. Ma non è bastato per nascondere sotto al tappeto quanto è accaduto mercoledì, peraltro ampiamente commentato e condannato dai cittadini palestinesi sui social.
I retroscena emersi sulle fasi che hanno preceduto il meeting dei ministri degli esteri della Lega, parlano di scontro aperto tra i palestinesi e alcuni dei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) che riunisce le sei petromonarchie sunnite. «L’Oman e il Bahrain hanno stretto i ranghi con gli Emirati e hanno fatto forti pressioni su Riad al Malki, sono volate parole grosse. Anche loro intendono normalizzare al più presto le relazioni con Israele e vedono come un ostacolo i diritti dei palestinesi e l’iniziativa saudita del 2002», ci spiegava ieri un giornalista palestinese con buoni contatti ai vertici dell’Anp. Circostanze confermate indirettamente dallo stesso Al Malki.
«Siamo rimasti sorpresi che un Paese arabo si sia opposto alla nostra richiesta. Lo Stato di Palestina si è spinto troppo oltre nel chiedere di tenere una riunione di emergenza? Ha attraversato le linee rosse?», ha dichiarato il ministro degli esteri palestinese riferendosi con ogni probabilità al Bahrain più volte indicato nelle scorse settimane come il più disposto a seguire le orme degli Emirati. L’8 settembre il giornale Al Quds Al Arabi – di proprietà del Qatar da anni in rotta di collisione con l’Arabia saudita e gli Emirati – aveva scritto di una «guerra nascosta» ai palestinesi scatenata dalle parti che «cercavano di salire sul carro degli Emirati». Il Segretario generale del Ccg, Nayef al-Hajraf, avrebbe usato parole di fuoco intimando ai palestinesi di scusarsi con le monarchie del Golfo pronte a normalizzare le relazioni con Israele.
Indiscrezioni e rivelazioni a parte, quanto è accaduto mercoledì – a pochi giorni dal 15 settembre in cui alla Casa Bianca Israele ed Emirati firmeranno l’accordo di pace – è la rappresentazione corretta di quel mondo arabo diviso di cui ha spesso parlato con palese soddisfazione il premier israeliano Netanyahu annunciando la normalizzazione in tempi stretti dei rapporti con alcuni Stati del Medio oriente. Più di tutto completa l’isolamento dei palestinesi che non riescono più a tenere compatti gli arabi dietro il principio della pace in cambio del ritiro israeliano dai territori occupati. Nena News
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