Oaxaca: 66 prigionieri politici, 415 femminicidi e 79 esecuzioni
Al contrario le violazioni di questi diritti sono aumentate nello stato e il tema dell’impunità diventa sempre più preoccupante.
Esempio di questo, sono i crimini commessi nel 2006 contro i membri del movimento sociale riunito nell’Assemblea Popolare dei Popoli dell’Oaxaca, oltre all’assassinio di difensori dei diritti umani e alla violenza femminicida (forma estrema di violenza di genere contro le donne, fatta dall’insieme delle condotte misogine che può culminare nell’omicidio e in altre forme di morte violenta di donne), precisano coloro che fanno parte di questa associazione civile femminista.
A partire dalle elezioni del giugno 2015, l’Oaxaca vive in uno stato d’emergenza di fatto, come conseguenza dell’arrivo massiccio e illegale di elementi della polizia federale, della Gendarmeria e dell’esercito, gli stessi che oggi sono presenti sul territorio oaxachegno con lo scopo di bloccare la mobilitazione sociale degli insegnanti di fronte alla cosiddetta Riforma Educativa.
Unito a questo, c’è un clima ostile verso la società in generale, e di incertezza, persecuzione e criminalizzazione verso i membri del movimento sociale e dei maestri.
Oaxaca: ibrido di impunità, crisi, maquillage e simulazione istituzionale
Stato d’emergenza di fatto, crisi dei diritti umani, alti livelli di impunità, politica di maquillage istituzionale e simulazione dell’alternanza. Con queste definizioni, Yesica Sánchez Maya, membro del Consorzio per il Dialogo Parlamentare e l’Equità, rappresenta la situazione che attualmente c’è nello stato dell’Oaxaca.
La difensora dichiara che il tema dell’alternanza nello stato del 2010 ha creato una certa aspettativa riguardo alle possibilità di cambiamenti, situazione che non è mai avvenuta. Spiega che in effetti Gabino Cué, militante del Partito della Rivoluzione Democratica, ha un patto per la governabilità con l’amministrazione federale, guidata da Enrique Peña Nieto. “L’alternanza è simulata, c’è una reale intromissione del governo federale nelle decisioni intraprese dal governo di Cué”.
In questo senso, continua la femminista, il discorso politico di protezione dei diritti umani che l’amministrazione locale ha sostenuto risulta ingannevole, giacché nonostante la creazione di istituzioni come la Procura Specializzata in Indagini dei Delitti di Importanza Sociale (che opera con pochi fondi e personale), queste non riescono a concretizzare il proprio mandato, fatto che si traduce con l’incremento delle violazioni dei diritti umani di attivisti, difensori e della popolazione in genere.
Di fronte all’inefficacia del suo lavoro, il governo di Gabino Cué ha optato per fare una “buona politica di maquillage della situazione reale”, con la nomina di Eréndira Cruz Villegas, alla guida della Difensoria dei Diritti Umani del Popolo dell’Oaxaca.
Riguardo al tema dell’impunità, Yesica Sánchez allude all’aspettativa che ricade sulla Commissione della Verità dell’Oaxaca, creata per indagare le violazioni dei diritti umani commesse nello stato nel 2006: Che suderà a febbraio o marzo 2016 quando la Commissione consegnerà il suo rapporto, se fino ad ora i responsabili dei fatti, tra i quali l’ex governatore Ulises Ruíz, non sono stati giudicati né castigati? Quante possibilità di manovra avranno i membri della Commissione affinché le loro scoperte siano riconosciute e ammesse ufficialmente? si domanda.
Il periodo elettorale che si avvicina (a giugno 2016 saranno rinnovati il governatorato, il Congresso e le presidenze municipali dell’Oaxaca) allarma particolarmente la difensora, che dichiara: “C’è preoccupazione perché questo coinvolge, per quanto riguarda la vulnerabilità e il rischio, gli attivisti, i difensori e i dirigenti sociali impegnati. Temiamo che si scatenino i regolamenti di conti che caratterizzano la fine del sessennio”.
Yesica Sánchez mette in evidenza il lavoro che la società civile oaxachegna svolge di fronte a questo panorama eccessivamente avverso. “Il suo ruolo è di equilibrio, vigilanza e documentazione per creare elementi che permettano di rendere visibile l’altra faccia della medaglia. Ma i loro apporti vanno più in là dell’elaborazione e della presentazione di rapporti. Di fronte all’inazione o all’omissione deliberata dei funzionari, è la società civile che si addossa, in molti casi, i compiti che competono allo stato”.
Un esempio di ciò è l’accompagnamento che offrono agli attivisti o ai difensori che a causa di quanto fanno sono stati aggrediti e, pertanto, contano su misure di protezione di un qualche tipo. Ciononostante, facendo ciò che tocca alle organizzazioni governative, la gestione dell’applicazione di queste misure rappresenta un’esperienza logorante, nella misura in cui lo stato nel suo insieme “rinvia e ostacola” questi processi.
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