InfoAut
Immagine di copertina per il post

Palestina. L’Intifada continua

Solo durante il fine settimana appena trascorso a Gerusalemme un palestinese è stato ucciso nei pressi di Damascus Gate, mentre un altro veniva colpito a morte al vicino check-point di Hizma. Nelle stesse ore, vicino all’insediamento di Ofra, nella zona di Ramallah, un altro veniva ucciso in auto mentre, appena un’ora prima, nel villaggio di Abud, soldati israeliani colpivano a morte un altro giovane. In tutti i casi le vittime erano accusate di essere in procinto di attaccare soldati o civili israeliani. Sempre con le stesse accuse, stavolta nei pressi di Hebron, venivano uccisi altri due palestinesi.

A Hebron, una delle città da cui ha preso piede questa Intifada, dove si sono registrate oltre un terzo delle vittime e dove la vita per i palestinesi è sempre più difficile, gli abitanti si trovano a vivere circondati da insediamenti con migliaia di soldati che proteggono la violenza colona. In città l’accesso ad alcune zone è vietato ai non residenti mentre chi vi abita deve quotidianamente attraversare innumerevoli check-point e subire l’umiliazione di essere fermati e interrogati spesso per ore ed ore senza ragione alcuna. Ma, come le cronache di questi ultimi due mesi hanno dimostrato, la pazienza ha superato ogni limite ad Hebron.

L’altra città al centro di questa Intifada è poi Gerusalemme con il suo hinterland. Oltre alle miriadi di check-point, alla nascita di nuovi insediamenti e alle chiusure della città vecchia, ci poi sono le continue incursioni nelle varie zone della città. Circa 2000 soldati ad esempio sono stati impiegati per il recente raid nel campo di Shufat, l’unico campo profughi nella zona di Gerusalemme, inglobato nella parte “ebraica” del Muro dell’Apartheid. Un enorme dispiegamento militare è servito per demolire la casa della famiglia del martire palestinese Ibrahim Akari. Questa demolizione, avvenuta ad un anno dalla sua uccisione, rappresenta una delle tante pratiche che, insieme agli arresti e alla revoca delle residenze, fanno parte delle punizioni collettive contro le famiglie o la comunità dei martiri palestinesi. Sempre nella Gerusalemme occupata si è poi registrato il sesto attacco militare all’ospedale di al-Makassed, nella zona di al-Tour, invaso e devastato dai soldati alla ricerca delle cartelle cliniche dei feriti lì curati per procedere all’identificazione e rendere più semplice l’arresto di chi è colpevole di lottare nelle varie parti della capitale contesa.

Un altra questione che in questi giorni continua a far parlare di se è proprio quella dei prigionieri. Infatti nelle città e nei campi profughi ogni giorno incursioni e coprifuochi aprono la strada a nuovi arresti e ad oggi si stima che i detenuti palestinesi nelle prigioni israeliane siano oltre 6700.

Tra i protagonisti di questa Intifada, accanto ai campi profughi che insorgono, ai detenuti che continuano a lottare tra mille difficoltà, c’è poi una generazione completamente disillusa che, forte del malcontento generale nei confronti della leadership palestinese, non si accontenta più delle vuote parole dei tavoli dei negoziati. Cresce lo scontento verso l’ANP, quella leadership moderata che, dicendosi ancora fiduciosa delle rovine del processo di Oslo, continua a chiedere di fermare le violenze per poter raggiungere una qualche indipendenza attraverso negoziati.

Ma questi negoziati non rientrano più nei piani di chi vive le strade in Palestina e ha subito sulla propria pelle gli effetti del “processo di pace”: maggiore colonizzazione, insediamenti, servilismo dell’ANP nei confronti delle forze occupanti e svendita dei diritti nazionali. Ogni giorno migliaia di persone, a mani vuote, con un sasso o un coltello, decidono di scagliarsi contro un nemico che li opprime da quasi 7 decenni. Una lotta difficile, contro un nemico militarmente più forte, ma che riesce far si che ogni funerale e ogni liberazione dalle carceri diventi la spinta per chi non accetta più di negoziare la propria sorte all’interno di un processo fatto di parole vuote e decide invece di affidare il proprio destino alla strada della resistenza.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

hebronintifadapalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cile: le grandi possibilità del nazi Kast di essere presidente

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile di ieri sono terminate in modo triste e prevedibile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: corteo “Show Israel Red Card” contro la partita della vergogna tra Virtus e Maccabi Tel Aviv

Ieri, venerdì 21 novembre, corteo a Bologna contro la partita della vergogna, quella di basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv prevista alle 20.30 al PalaDozza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: il trionfo di un popolo che non rinuncia alla sua sovranità

Nel referendum del 16 novembre il popolo ecuadoriano ha detto NO

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone ai tempi del neogoverno nazionalista della Premier Sanae Takaichi

A livello internazionale, una delle prime mosse della Takaichi è stata aprire un profondo scontro diplomatico con Pechino

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Medici per i diritti umani denuncia uccisioni prigionieri di Gaza nelle carceri israeliane

Il nuovo rapporto diffuso da Medici per i diritti umani-Israele (Phri) apre uno squarcio ulteriore su un sistema detentivo che negli ultimi due anni ha raggiunto un livello di letalità senza precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

«La cosa più importante è salvare il maggior numero possibile di vite umane e infrastrutture in Ucraina»

Maidan illustra quindi i principali dilemmi dei movimenti e delle mobilitazioni globali: la classe operaia ha una capacità molto limitata di organizzarsi, di articolare gli interessi di classe e di fornire almeno una leadership nazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tunisia, a Gabes respirare è diventato un atto di resistenza

Abbiamo tradotto questo articolo di inkyfada.media che racconta la vicenda di Gabes, un paese in Tunisia dove da mesi continuano proteste significative a causa di un polo chimico che mette a rischio la salute della popolazione.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Free Shahin! Appello alla mobilitazione

Apprendiamo con grande preoccupazione del mandato di rimpatrio emanato dal ministro Piantedosi su richiesta della deputata Montaruli nei confronti di Mohamed Shahin, compagno, amico e fratello.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: Mohamed Shahin libero subito!

Ripubblichiamo e diffondiamo il comunicato uscito dal coordinamento cittadino Torino per Gaza a seguito della notizia dell’arresto di Mohamed Shahin, imam di una delle moschee di Torino che ha partecipato alle mobilitazioni per la Palestina.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Il caso di Ahmad Salem, in carcere da 6 mesi per aver chiamato alla mobilitazione contro il genocidio

Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

E’ ancora il momento di bloccare tutto!

Il 28 novembre sarà sciopero generale, coordiniamoci in tutte le città, in tutte le provincie, in tutti i paesi per bloccare ancora una volta in maniera effettiva tutto il territorio nazionale.

Immagine di copertina per il post
Formazione

HUB DI PACE: il piano coloniale delle università pisane a Gaza

I tre atenei di Pisa – l’Università, la Scuola Normale Superiore e la Scuola superiore Sant’Anna – riuniti con l’arcivescovo nell’aula Magna storica della Sapienza, come un cerbero a quattro teste.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Fogli di via da Ronchi: la rappresaglia per il corteo del 13 settembre scorso

In una fase in cui il movimento per la Palestina ha attenuato la sua mobilitazione e pressione, la macchina burocratico-repressiva continua a funzionare a pieno ritmo.