PALESTINA: MISSILI E BOMBE SU GAZA. MEDICI, GIORNALISTI E MINORI NEL MIRINO
Sono almeno 212 i morti dell’aggressione israeliana a Gaza, in Palestina. Tra loro, 61 sono minori. 1.400 i feriti. I più gravi, 263, sono passati dal valico di Rafah per essere curati in Egitto.
I numeri sono però purtroppo parziali. Secondo il ministero della sanità di Gaza, sotto le macerie di edifici bombardati da Israele vi sono ancora morti e feriti. Uno di questi attacchi ha ucciso il medico Ayman Abul Al-Ouf, la moglie e 5 figli.
Ouf era una figura di primo piano, noto nella comunità medica internazionale e punto di riferimento dell’ospedale Shifa, il più grande della Striscia, che gli ha intitolato una delle sue sale.
Nel pomeriggio un raid aereo israeliano ha poi colpito edifici residenziali nei pressi di una clinica del Ministero della Salute a Gaza, senza preavviso di evacuazione. Almeno 5 le vittime, decine i feriti.
Il tutto mentre i media gazawi rendono noto che Israele ha ventilato all’agenzia Onu Unrwa la possibilità di bombardare due scuole Onu a Gaza, al-Aqsa e al-Buraq, dove hanno trovato rifugio migliaia di persone, bambini e famiglie, sfollate dalle loro loro case. Due bombe sono cadute vicino a una di queste scuole. A dirlo il direttore dell’Unrwa, Matthias Schmale, che ha denunciato come “Israele non stia consentendo corridoi umanitari al nostro personale. Abbiamo più di 41.000 persone in 50 scuole, quindi sarebbe di grande preoccupazione se una di queste installazioni venisse colpita direttamente”.
Colpita da una bomba anche la sede del PCRF, il Fondo internazionale per i bambini palestinesi.
Proprio i minori sono le prime vittime dell’aggressione israeliana.
I Giovani Palestinesi d’Italia hanno diffuso il video di una bambina gazawi, di 10 anni, che si sfoga davanti alla sua abitazione distrutta da un missile. La traduzione con la voce di Giulia, della Redazione. Ascolta o scarica
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Contro la popolazione di Gaza non ci sono solo le bombe, indiscriminate, ma anche i blackout elettrici, con la centrale di Gaza che dice di avere combustibile solo fino a stasera, lunedì 17 maggio.
Sul fronte militare, invece, nel pomeriggio nuova salva di razzi dalla Striscia verso il sud di Israele in risposta ai continui raid aerei israeliani.
Sempre in Israele c’è il fronte interno, ancora più caldo: domani, martedi 18 maggio, sciopero generale promosso dal sindacato “Arab High Follow-Up Committee” con manifestazioni in tutta la Palestina storica (pre 1948) per chiedere la fine delle violenze israeliane sia nei territori palestinesi sotto occupazione che in tutto Israele.
Oltre ai medici e alle scuole, nel mirino ci sono poi i giornalisti. Sabato 15 maggio Israele ha bombardato la torre Jala’a, 12 piani, che ospita a Gaza le redazioni internazionali e in particolare Al Jazeera e Associated Press. Un crimine di guerra diretto a impedire che dalla Striscia escano testimonianze dirette di quanto sta accadendo. Gli Usa hanno chiesto a Israele di “giustificare” l’attacco, mentre la direttrice dell’Associated Press, Sally Buzbee, ha chiesto un’indagine indipendente, con la motivazione che “il pubblico merita di conoscere i fatti”.
L’intervista a Lorenzo Forlani, giornalista freelance e collaboratore di diverse testate sul Medio Oriente. Ascolta o scarica
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Novità arrivano sul fronte delle trattative diplomatiche. Egitto e Qatar, dopo il fallimento della riunione Onu di domenica 16 maggio, visto il veto Usa a ogni mossa contro Tel Aviv, starebbero cercando di negoziare un stop temporaneo. Sullo sfondo ci sarebbe poi la proposta di Hamas di una tregua “di lungo termine”. Tel Aviv vuole la riconsegna dei corpi di due soldati uccisi e la liberazione di due civili israeliani detenuti a Gaza.
In Palestina c’è poi l’inviato del dipartimento di Stato Usa, Hadi Amr, che ha incontrato il presidente Anp Abu Mazen, che ha chiesto a Washington “di intervenire per mettere fine alle aggressioni di Israele”. Gli Usa però hanno altro in testa: Biden ha dato l’ok all’accordo militare con Tel Aviv da 735 milioni di dollari in missili e munizioni speciali Usa, mentre ha bloccato per la terza volta una dichiarazione congiunta del Consiglio di sicurezza Onu contro le violenze.
A Washington la sinistra dem protesta: al Congresso diversi interventi per chiedere un deciso cambio di rotta, da Alexandra Ocasio Cortez – che ha denunciato il “regime di apartheid in vigore in Israele, una definizione condivisa da ONU, HRW e altre organizzazioni internazionali”- a Rashida Tlaib, che si è presentata in aula indossando una kefiah palestinese.
Chiudiamo questa pagina tornando in Italia dopo le massicce manifestazioni del 15 maggio. “Non è una guerra, è un massacro”, “Basta disinformazione”, sono alcuni degli slogan comparsi fuori dalle sedi romane delle principali testate giornalistiche e emittenti televisive nazionali, da LA7 a Repubblica, dal Corriere alla Rai. Un’azione rivendicata dai militanti del Fronte della Gioventù Comunista, del Fronte Comunista e del Collettivo Militant.
A Livorno invece portuali in lotta contro il transito della nave portacontainer Asiatic Island. Al suo interno ci sarebbero diversi contenitori carichi di armi ed esplosivi diretti proprio in Israele, al porto di Ashdod. “Armi – denunciano i portuali, che hanno detto di non avere intenzione di movimentarle – che serviranno a massacrare la popolazione civile palestinese”.
L’intervista a Giovanni, coordinatore Usb dei portuali di Livorno. Ascolta o scarica
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