Perù: Una pentola a pressione sui sassi roventi
“Negli ultimi mesi si è andata consolidando, non più la percezione, ma la convinzione che il Perù viva una crisi che mette in discussione la sua realizzazione come nazione”, chi dice queste parole non è un anarchico di sinistra né un terrorista urbano ma un moderato diplomatico di carriera, Manuel Rodríguez Cuadros.
di Rocío Silva Santisteban
L’ex ministro delle Relazioni Estere 2003-2005 ha la ferma convinzione che la situazione del Perù, prima e dopo gli scioperi nazionali del 10 e del 23 ottobre, non è abbia più. Insieme ad altri analisti politici che sezionano la realtà con precisione da chirurghi, come Alberto Vergara o Jo Marie Burt, coincidono sul fatto che ci troviamo di fronte ad una tormenta perfetta che può scoperchiare la tremenda pentola a pressione di necessità ristagnanti.
Il deterioramento è esploso a causa della crisi della sicurezza urbana di fronte alla massificazione delle estorsioni a trasportatori, piccoli impresari, negozi di quartiere, mototassisti e perfino scuole, prostitute e organizzazioni di sopravvivenza come le mense comuni. Bombe nei cortili scolastici, assassinii su commissione di maestri mentre fanno lezione di fronte ai propri studenti, minacce attraverso WhatsApp, poliziotti che vendono informazioni sulle vittime dei taglieggiatori e anche sicari per ultimarle per meno di 500 dollari. Di fronte a questo scenario il congresso non agisce, al contrario, dissimula le leggi che ha fatto per auto-favorirsi con cambiamenti che sono maquillage di terza classe. E il Potere Esecutivo mantiene un ministro dell’interno che è in modo comprovato inefficiente e che non ne azzecca una per fermare la marea criminale, avendo anche dichiarato lo stato d’emergenza in mezza Lima. D’altra parte, Dina Boluarte, in una conferenza stampa ha dato la colpa direttamente ai criminali stranieri -il Perù ha la seconda grande immigrazione venezuelana dopo la Colombia- attizzando il fuoco della xenofobia in una paese che si dissangua o per la criminalità o per la repressione.
Il caos e la vulnerabilità dei lavoratori informali ha generato panico, per questo le associazioni di trasportatori formali e informali [il Perù ha il 73% informale della PEA (Popolazione Economicamente Attiva)], insieme ai medi e piccoli impresari del commercio tessile e dei mercati, così come le associazioni di bottegai, hanno organizzato il Secondo Grande Sciopero di tutta la capitale che, durante il 23 ottobre mattina, ha paralizzato la città di Lima e di El Callao. Il popolo nel suo insieme protesta per la propria vita: non si tratta di fare richieste per una piattaforma di rivendicazioni o per la situazione di una concessione mineraria, è una giusta richiesta contro la delinquenza che estorce, sequestrata, chiede quote e assassina per il valore di un telefono cellulare.
Il 24 ottobre le associazioni del Sindacato delle Costruzioni Civili di tutte le regioni del Perù, che si sono mobilitate verso la capitale, sono state protagoniste di una impressionante marcia. Perché ci sono state convocazioni in due date differenti? Le richieste, sembrerebbe, siano legate al settore, dato che mentre quella del 23 è stata una mobilitazione popolare, quella del giorno seguente, ha contato sulla presenza degli impresari della Camera Peruviana delle Costruzioni – CAPECO.
Di fronte a questo fiume torbido, di solito gli autoritari di sempre si alzano sulle loro zampe posteriori per chiedere la pena di morte e la “mano dura”. Un grande gruppo lo stanno promuovendo anche se, dalle piazze, nessuno gli crede. Lo stesso primo ministro, un avvocato figlio di militari, che ha un passato come procuratore dello stato peruviano di fronte alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani, Gustavo Adrianzén, ha alzato la voce per chiedere che il congresso approvi una Legge sul Terrorismo Urbano, come se l’uscita da tutti i problemi di insicurezza in America Latina portasse la firma di Bukele.
Nel Perù dei nostri giorni, inoltre, tutto è più complesso perché vari degli alti gradi della Polizia Nazionale – PNP sono collusi con i criminali. Non solo gli vendono le armi o gli forniscono i dati esatti dei negozi o degli autisti o dei piccoli impresari da estorcere, ma anche, gli dicono chi sono i sicari più efficienti ed economici! La corruzione è stata, da anni, la porta d’ingresso di tutti i mali.
Il giorno 28 ottobre un gruppo di cittadini della zona di Virú nel nord del paese ha occupato la Strada Panamericana lasciando migliaia di persone senza possibilità di spostarsi e centinaia di camion bloccati. La situazione è diventata incandescente quando è stato incendiato un camion pieno di mercanzie e l’inefficiente governatore regionale, il milionario César Acuña, presidente del partito APP, ha chiesto alla Boluarte di far entrare i militari a mettere ordine. “Non più una bomba!”, hanno vociferato i cittadini riuniti vicino al ponte di Virú, come risposta alla voracità criminale che è iniziata in questa regione, La Libertad, più di 20 anni fa quando i delinquenti registravano i loro taglieggiati. Ci troviamo di fronte a un processo di lunga data e di fronte alle stesse inefficienti risoluzioni di coloro che dovrebbero farsi carico di risolvere l’insicurezza.
Tra il giorno 10 e il 16 novembre a Lima si realizzerà il Forum Asia Pacifico conosciuto come APEC. Uno degli invitati più attesi sarà il presidente Xi Jinping, che inaugura il megaporto di Chancay, un’entrata diretta dalla Cina all’America Latina, specialmente verso il Brasile e un luogo di uscita dei minerali di imprese come MMG, Las Bambas, con capitali anche cinesi. Il primo ministro ha pregato i cittadini di “non fare sciopero né di protestare in quei giorni”. Al contrario, le diverse associazioni e collettivi stanno indicendo uno sciopero nazionale di tre giorni per il 14, 15 e 16. Qual è stata la risposta dello stato? Dichiarare quei tre giorni di ferie.
Sia per la forza di aver superato la pressione dei 100 chili pascal della pentola che sta esplodendo con tutto quello che c’è dentro, o abbrustolendo quello che cuoce sotto le pietre roventi della grigliata, il Perù sta sul bordo del collasso. Ma, come sempre, non esploderemo perché qualcosa succederà: o Dina Boluarte rimarrà vacante, o tireranno via alcuni impenitenti ministri per essere flagellati davanti alle masse, o i rappresentanti della mafia congressuale fanno tre passi indietro. Anche se noi peruviani e peruviane sappiamo per esperienza che i congressisti indietreggiano solo… per attaccare con forza.
31 ottobre 2024
Desinformémonos
Traduzione a cura di Comitato Carlos Fonseca
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