“Piazza Taksim è ovunque!”: è rivolta in Turchia!
La controffenisva delle truppe di Erdogan non spaventa la popolazione turca che rilancia e si riversa nelle strade.
A seguito dell’annuncio della Taksim Solidarity Platform annunciato nella tarda mattinata di ieri di proseguire la lotta rimanendo a presidiare Gezi Park, la risposta della polizia di Stato non si è fatta attendere. Migliaia di poliziotti sono sopraggiunti in Piazza Taksim, per poi assaltare Gezi Park, dove l’aria in una ventina di minuti è divenuta irrespirabile per via dei gas lacrimogeni. Il panico tra i presenti è stato terribile, dato che nella giornata erano sopraggiunte molte famiglie solidali con la resistenza con bambini piccoli al seguito. Giornalisti, dottori, bambini, sono stati brutalmente corcondati e picchiati, le tende e i center point presenti nel parco devastati, e i getti d’acqua sparati dagli idranti contenevano agenti chimici uricanti come lo Jenix che, come testimoniato da diverse foto e filmati, hanno non solo irritato ma in alcuni casi divorato e deformato la pelle delle persone.
In poco tempo migliaia di persone in tutta la Turchia sono venute a conoscenza della vergognosa macelleria messicana messa in atto dagli sgherri di Erdogan, nonostante l’arresto immediato o l’ allontanamento di mediattivisti, giornalisti e fotografi presenti durante l’assalto poliziesco.
“Taksim è ovunque!” è lo slogan che è rimbalzato nelle vie di Ankara, Istanbul, Bursa, Smirne, dove migliaia di persone si sono riversate con pentole, fischietti e altro, in un contesto di rabbia ed emotività diffusa e incontenibile. Dai quartieri limitrofi a Piazza Taksim, intanto, decine di migliaia di persone hanno cominciare a radunarsi e marciare verso il cuore del misfatto, dove la polizia impediva l’accesso persino a soccorritori e personale medico accorso per curare i feriti dalle cariche selvagge.
Migliaia di persone fuggite, chi rinfusamente chi in maniera più lucida da gezi Park si sono ricompattate verso il quartiere di Besiktas, mentre centinaia di arresti indiscriminati si sono succeduti attorno al parco con il silenzio complice delle principali emittenti readiotelevisive turche e internazionali.
Scontri a tutto campo si sono susseguiti nei viali circostanti Piazza Taksim, con tanto di lacrimogeni lanciati dentro edifici e cariche della polizia fin dentro i palazzi, come quello videodocumentato nel Divan Hotel, adiacente alla piazza.
In una Istanbul letteralmente in tilt la polizia ha chiuso pure il ponte sul Bosforo per impedire l’afflusso di migliaia di manifestanti che accorrevano dalla sponda asiatica della città e che hanno comiciato a pressare il blocco poliziesco, mentre nell’altra sponda si ergevano barricate nei viali principali; ultras del Fenerbahce si sono appropriati di un autobotte Toma, mettendolo di traverso lungo un viale a mò di barricata.
Nel frattempo i sindacati maggioritari di sinistra ploclamavano immediatamente lo sciopero generale, a cavallo tra ieri e la giornata di oggi.
Ad Ankara migliaia di manifestanti si concentratavano a Kunguku Park, altro crocevia della rivolta che dura da tre settimane, e pure nella città ribelle di Eskişehir in decine di migliaia si sono riversati per strada, dove continuano tuttora a permanere e ad aumentare in vista di stasera.
Scontri, sgomberi di altri parchi occupati spontaneamente, decine di cortei selvaggi stanno rendendo Istanbul una città completamente paralizzata; l’ intensità del conflitto attorno a Gezi Park si è propagata in tutto il centro città e ai viadotto del bosforo. Nel ponte che collega la “parte asiatica” a quella “europea” della città in decine di migliaia sono riusciti a sfondare il blocco della polizia, per poi fronteggiarsi ore ed ore all’imbocco, dalla parte opposta da cui sono provenuti.
Nonostante le roboanti dichiarazioni ufficiali del ministro degli Interni, la destabilizzazione nel paese si sta acuendo, e in centinaia di migliaia di persone non domate dagli sontri di stamattina e dalla rappresaglia poliziesca sono attualmente in strada nelle città turche, in particolare ad Istanbul dove non è scontato che possano avvenire fronteggiamenti non solo con la polizia che difende squadristicamente l’ordine costituito ma pure con simpatizzanti e mercenari assoldati dall’ AKP che sono giunti nella metropoli con dei traghetti speciali messi appositamente a disposizione dal partito.
Quello su cui non si può dubitare è il fatto che oggi più che mai l’appellativo di Resistanbul sia non solo calzante ma identificativo dell’anima della città, oltre le semplificazioni di chi aveva creduto o proclamato che la posta in gioco fosse l’affermazione della sovranità e la vittoria su un singolo parco “pubblico”.
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