Resistenza Mapuche in Cile: cade l’ennesimo montaggio del terrorismo di Stato
La notizia sensazionale è quella di forti momenti di tensione tra Carabinieros de Chile e PDI (Policia De Investigacion). I gruppi speciali dei carabinieri si sono schierati in forza attorno al proprio centro operativo di Temuco per opporsi ad una perquisizione ordinata dal magistrato Luis Arroyo dell’ “Unità delitti ad alta complessità”. L’indagine riguarda la manipolazione e falsificazione di prove che i carabinieri e alcuni collaboratori avrebbero portato a termine nell’”Operazione Huracan”. Nel settembre del 2017 con un dispiegamento spettacolare di forze, compresi vari elicotteri, otto membri di comunità Mapuche sono stati arrestati come appartenenti alla CAM (Coordinadora Arauco Malleco) e alla WAM ( Weichan Auka Mapu) e accusati di attacchi incendiari e traffico di armi. Alcuni messaggi whatsapp erano stati falsificati per dare il via all’indagine e per dimostrare che in Araucania il terrorismo politico esiste e che la tanto contestata “legge antiterrorismo” è una necessità.
Dopo alcune ore l’emergenza è rientrata e il generale Villalobos (già implicato in truffe milionarie all’interno dell’arma) che continua ad avere l’appoggio del governo, ha ordinato ai carabinieri asserragliati di consegnare i computer e il materiale richiesto dalla PDI. Un piccolo conflitto interno ha svelato per una volta quello che la resistenza mapuche sostiene da tempo: i montaggi giudiziari sono una strategia consolidata per incarcerare e criminalizzare, sulla base di fatti stravolti e gonfiati oltre maniera, la lotta di un popolo in difesa della propria terra.
In questi giorni cade anche un altro montaggio giudiziario, sbandierato su tutti i media come “caso escuelas de guerrillas” dove armi giocattolo (con tutta la scatola) sono state sequestrate e utilizzate come prova per trasformare un incontro artistico in fittizio campo d’addestramento per guerriglieri.
Di questi giorni è anche il risultato della nuova autopsia sul corpo di Macarena Valdes, attivista mapuche, suicidata il 22 agosto 2016. Viene infatti confermato che non si tratta di suicidio, ma ci troviamo in presenza di un caso di esecuzione extragiudiziale. La causa di ciò è stata organizzare la comunità contro la costruzione di una centrale idroelettrica sul proprio territorio. Assieme al suo compagno della Coordinadora newen di Tranguil, erano conosciuti per la loro opposizione ai progetti estrattivisti portati avanti dall’impresa austriaca RP Global e dalla cilena Saesa. Il giorno precedente la sua uccisione, due lavoratori dell’impresa idroelettrica si presentavano a casa della famiglia Collio-Valdes per intimare alla famiglia di andarsene perché il werken [portavoce delle comunità mapuche] Collio “stava rivoluzionando troppo la gente”. Il tutto accompagnato da una avvertenza: “fate attenzione, perché c’è della gente che altrimenti potrebbe aggredirvi”. Il giorno successivo Macarena fu trovata impiccata in casa dai propri figli mentre, in meno di 24 ore, l’impresa Saesa dava inizio all’istallazione della linea ad alta tensione. Il caso, tra insabbiamenti di prove, errate autopsie è rimasto aperto solamente grazie alla forza di familiari e solidali che, mobilitandosi ed assumendo un perito di parte, hanno permesso di aprire uno spiraglio di verità sul caso di Macarena.
Il costante susseguirsi di montaggi , unito all’incremento degli operativi militari in territorio mapuche (2000 effettivi in più dal dicembre 2016), e l’introduzione del PACIC (Piattaforma di Analisi Criminale Integrale dei Carabinieri di Cile), fanno tutti riferimento ad una determinata strategia di annichilimento e criminalizzazione dei movimenti sociali, in questo caso rivolta contro le comunità mapuche in resistenza. Eric Gajardo Vistoso (alto ufficiale dei carabinieri del Cile), Mahmud Aleuy (sottosegretario del ministero degli interni), e il sopracitato Generale Bruno Villalobos, sono tra gli architetti di questa strategia repressiva. Gli stessi, sperimentarono questo modus operandi già nel 2013 in ambito metropolitano a Santiago del Cile dove attraverso il montaggio “caso bombas”, riuscirono a sgomberare la maggior parte degli spazi autogestiti della città contemporaneamente ad una crescente campagna di criminalizzazione altrettanto menzognera, soprattutto nei confronti del mondo libertario. Numerosi furono i fermi fondati su prove inventate e molti furono quelli che passarono mesi in carcere per un poster militante o un messaggio SMS.
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