InfoAut
Immagine di copertina per il post

“Scambio mortale”: il razzismo della polizia americana ha radici in Israele

||||

Durante le sessioni di addestramento in Israele, le delegazioni della polizia americana si incontrano con le forze armate israeliane, la polizia e le agenzie di intelligence, per apprendere ciò che Israele chiama tattiche antiterrorismo, ma in realtà non sono altro che il “perfezionamento dei metodi di profilazione razziale”.

Di Miko Peled – 29 Maggio 2020

Il razzismo e la violenza contro le persone di colore negli USA non sono una novità. Infatti, gli Stati Uniti, nonostante si definiscano “la terra dei liberi”, sono da sempre uno stato razzista, genocida e violento. È stato fondato sul genocidio dei nativi americani e sullo sfruttamento degli schiavi africani. Gli Stati Uniti hanno commesso i crimini di guerra più eclatanti nella storia dell’umanità, compreso il genocidio, l’uso di armi nucleari, la distruzione delle democrazie e il sostegno a dittatori sanguinari in tutto il mondo, e l’elenco potrebbe continuare all’infinito dai primi giorni dell’Unione a oggi.

Lo Stato di Israele, che storicamente è di recente creazione, è stato anch’esso fondato sul genocidio e sul razzismo. Per quasi cento anni il movimento sionista che ha creato Israele è stato impegnato in una brutale campagna per epurare la Palestina dalla sua popolazione nativa e dare la terra ai colonizzatori sionisti. Pertanto, i buoni rapporti tra gli Stati Uniti e Israele non dovrebbero sorprendere.

Ci sono innumerevoli ambiti della vita negli Stati Uniti che subiscono l’influenza e l’interferenza di varie organizzazioni sioniste. La Federazione Ebraica, la Lega Anti Diffamazione e l’AIPAC sono le più comunemente riconosciute ma sono solo tre delle innumerevoli organizzazioni che operano nei cinquanta stati e perseguono incessantemente gli interessi israeliani in tutti gli aspetti della vita americana.

Queste organizzazioni interferiscono nelle elezioni statunitensi versando denaro nelle campagne di candidati filo-israeliani; sono impegnati a influenzare pesantemente l’esito dei processi in cui gli imputati sono arabi o musulmani e finanziano campagne per modificare e riscrivere i programmi di insegnamento nelle scuole pubbliche in modo che il Medio Oriente venga sempre rappresentato in modo da sostenere la narrativa sionista.

Uno scambio mortale

Mentre il video di un poliziotto del Minnesota che soffocava lentamente e imperturbabilmente George Floyd diventava virale, a molte persone, incluso me, ricordava la Palestina. L’agente Derek Chauvin, che casualmente ha messo il ginocchio sul collo di George Floyd, avrebbe facilmente potuto essere un soldato o un poliziotto israeliano che teneva fermo un palestinese. Il modo in cui si è posizionato, puntando il ginocchio sul collo di Floyd, ignorando le ripetute implorazioni di Floyd che lamentava di non poter respirare, continuando a stringerlo fino a soffocarlo, denota che questo poliziotto era un predatore e George Floyd era semplicemente la sua preda.

 Police 1 scaled 1024x702

Questo succede in America proprio come succede in Palestina. Le similarità non sono una coincidenza e possono ben essere il risultato di quello che è diventato noto come “Scambio mortale”, una collaborazione tra i due stati razzisti che non vedono alcun problema nell’infliggere cinicamente una lenta e agonizzante morte a neri e meticci.

Scambio mortale è il nome di una campagna per fermare la collaborazione tra i dipartimenti di polizia negli Stati Uniti e lo stato di Israele. La campagna ha pubblicato un ampio rapporto che delinea la cooperazione tra le forze dell’ordine negli Stati Uniti e in Israele. Il rapporto elenca anche i pericoli e le minacce a cui questo scambio espone le persone di colore negli Stati Uniti.

Democrazia e sicurezza israeliana

Israele viene erroneamente descritto come una democrazia che si trova ad affrontare una minaccia costante. In realtà, si tratta di uno Stato di apartheid e il suo apparato di sicurezza non è preposto alla sicurezza come sostiene, ma piuttosto alla sottomissione dei palestinesi. Durante le sessioni di addestramento in Israele, le delegazioni delle forze dell’ordine statunitensi si incontrano con i militari, la polizia e le agenzie di intelligence israeliani. Avendo così la possibilità di apprendere ciò che Israele chiama tattiche antiterrorismo, ma in realtà non sono altro che il “perfezionamento dei metodi di profilazione razziale”

Sfruttando cinicamente gli attacchi dell’11 settembre, a pochi mesi dagli attentati, i rappresentanti delle forze dell’ordine americane si sono recati in Israele per le loro prime lezioni ufficiali di addestramento. Lo scopo era quello di imparare dalla cosiddetta “competenza” di Israele in ciò che è diventato noto come antiterrorismo. L’antiterrorismo, vale la pena notare qui, è un eufemismo per i mezzi violenti usati per soggiogare e opprimere le persone.

 Schermata 2020 05 30 alle 13.19.19

La prima delegazione in Israele, secondo Deadly Exchange, comprendeva capi di polizia e deputati provenienti da California, Texas, Maryland, Florida e New York. La delegazione comprendeva anche agenti dell’FBI e della CIA, futuri funzionari dell’ICE e direttori della sicurezza MTA di New York City.

Tra gli sponsor di questo programma di scambio vi sono la Lega anti-diffamazione (ADL), che sostiene di combattere la diffamazione degli ebrei, ma in realtà è dedicata alla denigrazione di arabi e musulmani e l’Istituto Ebraico per gli Affari di Sicurezza Nazionale (JINSA). JISNA afferma di essere preposto a “educare i responsabili della sicurezza nazionale del Congresso, militari e civili sulla difesa e sugli interessi strategici americani”, alla base della quale, secondo JINSA, “c’è una solida cooperazione USA-Israele in materia di sicurezza”. Entrambi i gruppi sono organizzazioni sioniste ben finanziate che si dedicano alla promozione e alla difesa della violenza e del razzismo israeliani, in tutte le sue forme.

Razzismo sistemico

Una delle molte somiglianze tra Israele e gli Stati Uniti è la loro propensione al razzismo sistemico. Fin dall’inizio, Israele ha imposto un regime di apartheid nella Palestina occupata e i cittadini palestinesi di Israele sono sottoposti a profilazione sistematica. Ciò significa che le interazioni con la polizia israeliana portano regolarmente a “un uso eccessivo e spesso letale della forza dispiegata impunemente”.

Non è diverso dagli Stati Uniti dove gli afroamericani costituiscono la maggioranza della popolazione carceraria, nelle prigioni israeliane, i cittadini palestinesi di Israele rappresentano un numero sproporzionato di detenuti. Un rapporto sulla pubblicazione israeliana Mekomit afferma che i cittadini palestinesi di Israele, che costituiscono circa il 20% della popolazione totale, comprendono oltre il 40% della popolazione carceraria, infatti, secondo Mekomit, solo un quarto dei prigionieri e solo circa il 13% dei minori detenuti nelle prigioni sioniste sono israeliani.

AP 17198535688227 1024x576

La polizia israeliana stringe il collo a un ragazzo palestinese che rischia di soffocare nella città vecchia di Gerusalemme, 17 luglio 2017. Mahmoud Illean | AP

Se includiamo i “prigionieri in massima sicurezza”, che provengono dalla Cisgiordania, da Gerusalemme e dalla Striscia di Gaza, i numeri sono ancora più grotteschi, portando la percentuale di palestinesi all’interno della popolazione carceraria israeliana a un sorprendente 75%.

La polizia israeliana utilizza una politica ufficiale in cui un’intera popolazione è colpevole fino a prova contraria, e naturalmente questo fa parte del presunto addestramento antiterrorismo offerto da Israele. Rafforza la profilazione razziale istituzionalizzata e persino il targeting dei movimenti sociali che richiedono giustizia razziale.

Il governo israeliano usa false accuse di “terrorismo” per trattare tutti i palestinesi come potenziali combattenti nemici. Il pretesto del terrorismo è usato anche per soggiogare i palestinesi a un diverso sistema di leggi, il che porta inevitabilmente a un maggior controllo e a tassi più elevati di detenzione.

Media

La formazione offerta da Israele include anche metodi per controllare i media. I membri delle forze dell’ordine che hanno ricevuto la formazione hanno riferito di “aver appreso come intervenire e manovrare l’accesso dei media e la copertura delle violenze commesse da militari e polizia”. I metodi israeliani insegnati includono come usare i media come un braccio del governo e “manipolare l’esposizione della violenza dello stato”.

 Schermata 2020 05 30 alle 13.19.38

Il governo israeliano utilizza l’ufficio della censura militare per controllare tutte le notizie sull’uso della forza da parte di Israele. Esamina anche tutti i libri e altro materiale prima che possa essere messo a disposizione del pubblico. L’ufficio del portavoce dell’IDF, che esercita il controllo anche sui giornalisti israeliani, agisce di fatto come ufficio di pubbliche relazioni di Israele, limitando e manipolando la copertura locale di quelli che considera essere “problemi di sicurezza”.

Va notato che in Israele ci sono pochissime critiche quando si tratta delle operazioni dell’esercito e altre agenzie di sicurezza e i giornalisti lavorano a stretto contatto con l’esercito per presentare la sua violenza contro i palestinesi come giustificata. Il dissenso palestinese, anche se espresso nei metodi più pacifici, viene regolarmente segnalato come violenza e terrorismo estremista.

Israele ha “normalizzato” l’uso della forza militare per reprimere le proteste popolari, contribuendo così a minare i diritti civili fondamentali dei palestinesi. Questi metodi decisi e violenti per controllare il dissenso sono mostrati alle delegazioni della polizia americana attraverso briefing e persino dimostrazioni dal vivo.

Parallelismi con la Palestina 

Le violenze della polizia contro gli afroamericani negli Stati Uniti hanno portato molte persone a tracciare parallelismi con le violenze contro i palestinesi. Ciò ha creato un vero senso di solidarietà tra i movimenti sociali statunitensi e la lotta di liberazione palestinese, una solidarietà che sta diventando sempre più forte e può potenzialmente invertire le convinzioni dell’opinione pubblica su questo tema negli Stati Uniti.

Nel suo rapporto, la Campagna Deadly Exchange chiede che “il governo americano ponga fine alla sua violenza in nome della sicurezza”. Il rapporto afferma inoltre che: “si auspica che i governi locali in tutto il paese ascoltino gli appelli delle comunità in Palestina e negli Stati Uniti per aiutare a costruire un mondo veramente sicuro dove tutti possano vivere con dignità”.

Miko Peled è un autore e attivista per i diritti umani nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Viaggio di un israeliano in Palestina “e” L’ingiustizia, la storia della Terra Santa Foundation Five”.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

I CAN'T BREATHEisraelepalestinaUsa

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cile: le grandi possibilità del nazi Kast di essere presidente

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile di ieri sono terminate in modo triste e prevedibile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: corteo “Show Israel Red Card” contro la partita della vergogna tra Virtus e Maccabi Tel Aviv

Ieri, venerdì 21 novembre, corteo a Bologna contro la partita della vergogna, quella di basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv prevista alle 20.30 al PalaDozza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: il trionfo di un popolo che non rinuncia alla sua sovranità

Nel referendum del 16 novembre il popolo ecuadoriano ha detto NO

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone ai tempi del neogoverno nazionalista della Premier Sanae Takaichi

A livello internazionale, una delle prime mosse della Takaichi è stata aprire un profondo scontro diplomatico con Pechino

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Medici per i diritti umani denuncia uccisioni prigionieri di Gaza nelle carceri israeliane

Il nuovo rapporto diffuso da Medici per i diritti umani-Israele (Phri) apre uno squarcio ulteriore su un sistema detentivo che negli ultimi due anni ha raggiunto un livello di letalità senza precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

«La cosa più importante è salvare il maggior numero possibile di vite umane e infrastrutture in Ucraina»

Maidan illustra quindi i principali dilemmi dei movimenti e delle mobilitazioni globali: la classe operaia ha una capacità molto limitata di organizzarsi, di articolare gli interessi di classe e di fornire almeno una leadership nazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tunisia, a Gabes respirare è diventato un atto di resistenza

Abbiamo tradotto questo articolo di inkyfada.media che racconta la vicenda di Gabes, un paese in Tunisia dove da mesi continuano proteste significative a causa di un polo chimico che mette a rischio la salute della popolazione.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

E’ ancora il momento di bloccare tutto!

Il 28 novembre sarà sciopero generale, coordiniamoci in tutte le città, in tutte le provincie, in tutti i paesi per bloccare ancora una volta in maniera effettiva tutto il territorio nazionale.

Immagine di copertina per il post
Formazione

HUB DI PACE: il piano coloniale delle università pisane a Gaza

I tre atenei di Pisa – l’Università, la Scuola Normale Superiore e la Scuola superiore Sant’Anna – riuniti con l’arcivescovo nell’aula Magna storica della Sapienza, come un cerbero a quattro teste.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Fogli di via da Ronchi: la rappresaglia per il corteo del 13 settembre scorso

In una fase in cui il movimento per la Palestina ha attenuato la sua mobilitazione e pressione, la macchina burocratico-repressiva continua a funzionare a pieno ritmo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Torino: Assemblea Popolare del coordinamento cittadino Torino per Gaza

Pubblichiamo il comunicato di invito all’assemblea popolare di Torino per Gaza.

Immagine di copertina per il post
Culture

“No Comment”: i Kneecap tornano a colpire con Banksy

Dalla Belfast ribelle al cuore dell’establishment londinese, i Kneecap tornano a colpire.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: “Show Israel the Red Card”. Il 21 novembre la manifestazione contro la partita di basket Virtus-Maccabi Tel Aviv

Venerdì 21 novembre a Bologna è prevista la partita di basket di Eurolega tra Virtus e Maccabi Tel Aviv, la cui curva è nota per le sue idee suprematiste e razziste.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Mobilitazione studentesca in decine di città contro il riarmo per scuola e formazione

Contro l’escalation bellica, per la Palestina e non solo, ieri, venerdì, è stato sciopero studentesco in decine di città italiane

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cameri: manifestazione contro Leonardo e le fabbriche di morte del governo italiano

Il Coordinamento Novara per la Palestina e altre realtà locali hanno organizzato per sabato 15 novembre una manifestazione che partirà dal centro città di Cameri per poi giungere sino alla base militare di Cameri in provincia di Novara composta dall’aeroporto militare e da due stabilimenti Leonardo.