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Social Forum di Tunisi: un vecchio software per un nuovo Hardware

A pochi giorni dalla chiusura del forum sociale di Tunisi è possibile proporne un racconto più lucido e meno auto celebrativo di quello fatto fin ora dai media mainstream su un evento che proietta parecchie luci ed ombre dentro e oltre la società tunisina. 
Chi è abituato a vivere le dinamiche repressive della Tunisia post Ben Alì, non può fare a meno di notare una forte discordanza tra il livello di libertà di espressione permesso durante le giornate del forum e quello normalmente concesso.
Un quadro fatto di precarietà lavorativa, di una disoccupazione giovanile al 30%, di contratti a progetti senza il pagamento degli straordinari (per garantire le pulizia nell’università durante le giornate del forum). Un quadro che racconta della repressione sistematica portata avanti dal governo di Ennahda, che non disdegna di utilizzare anche l’omicidio politico (come nel caso di Chokri Belaid) nel disperato tentativo di sedare nuove ribellioni pronte ad esplodere.
Sarebbe stato molto difficile immaginare che si verificasse il contrario. C’è troppo di irrisolto, troppi nodi politici centrali per il futuro della Tunisia (e delle altre rivolte arabe) si stanno giocando sul conflitto tra islam politico e sinistra radicale. Solo chi ha in testa una idea di democrazia a-conflittuale di stampo occidentale in cui tutto cambia per rimanere uguale poteva pensare che questo enorme conflitto, che tocca nel profondo le dinamiche sociali, politiche ed economiche della società tunisina, si risolvesse con una serie di educati dibattiti  magari sul diritto o meno delle donne tunisine di portare il niqab.
In conclusione, si può affermare che una tra le vittorie delle così dette “primavere arabe” in generale, e di quella tunisina in particolare, sia stata quella di aver portato un Social Forum ormai stanco e svuotato della sua capacità di produrre innovazione politica a contatto con le nuove forme di rivoluzione e con la loro composizione sociale. Non si può dire con sicurezza quanto tempo ci vorrà affinché le nuove di reti politiche di connessione transnazionale si diano in forma stabile e produttiva ma è certa però è la voglia, da parte delle giovani generazioni arabe (e non solo ), di continuare a ribadire la loro indisponibilità a ridurre la loro carica di ribellione, finché non verranno soddisfatti tutti quei bisogni che hanno imparato a tirare fuori, durante questo lungo percorso rivoluzionario. 

 

L’impressione complessiva è quella di aver assistito ad un enorme evento mediatico creato ad uso e consumo della nuova governance liberale e filo-occidentale che, ancora oggi, non disdegna di utilizzare il pugno di ferro quando è necessario per sedare le potenzialità di ribellioni presenti e radicate nella società tunisina, evento che tuttavia ha dato la possibilità di avviare delle relazioni tra le molte realtà della sinistra radicale presente. 

 

Basti pensare che la prima giornata del forum è stata preceduta da un concerto autogestito all’interno del “Teatro Colosseo” sull’Avenue Bourguiba, concerto in cui si sono potuti esibire liberamente molti degli artisti più popolari dell’underground tunisino. Suona strano sentire canzoni di rivolta e ribellione cantate liberamente a poche centinaia di metri dal ministero degli interni, lo stesso ministero dal quale, meno di due settimane fa, sono partiti gli ordini di cattura per il rapper El Weld 15 (adesso in latitanza) Mohamed Hedi Belgueyed (regista del video) Sabrine Klibi (protagonista) per aver dato dei “cani” ai poliziotti in una loro canzone pubblicata su youtube.

Così come è difficile non accorgesi della disparità di trattamento riservata dalle autorità tunisine agli occidentali rispetto a chi proveniva dalle zone del sud del mondo. Visto quanto è accaduto alla delegazione sindacale Algerina(trattenuta alla frontiera senza il minimo intervento da parte del governo tunisino), o alla carovana di Sans-Papier Cispm (respinta una volta arrivata al porto di Tunisi) o, più semplicemente, quello che accadeva quotidianamente ai tunisini che si recavano al forum, non è difficile immaginare che il trattamento raccontato dal giornalista di “Repubblica”: una ospitale offerta di caramelle da parte di un poliziotto in passa montagna sarebbe stato ben diverso se, ad avvicinarsi alla camionetta, fosse stato una persona dall’aspetto meno occidentale e senza il Pass del forum attaccato al collo.

Il fatto stesso di aver scelto come luogo di incontro il Campus El Manar, dentro la zona universitaria di Tunisi, non ha permesso una reale interazione tra la società tunisina ed i partecipanti al forum, spesso quello che le delegazioni internazionali hanno visto è stata più che altro una rappresentazione, costruita per dare un’immagine ripulita e rassicurante della Tunisia post rivoluzione araba. In questo modo si è assistito ad un forum depotenziato, costretto tra il campus e gli alberghi, che non è stato in grado di cogliere né quelle che sono le reali istanze dei tunisini, né i nodi economico-sociali irrisolti, nonostante le straordinarie giornate rivoluzionarie della primavera araba. Durante la seconda giornata, infatti, neanche la notizia di una nuova rivolta esplosa a Gafsa, repressa duramente dalla polizia, che ha usato fucili da caccia contro i manifestanti ferendone 20, è riuscita a scuotere le imbrigliate discussioni del forum.

Contraddizioni  queste che sono emerse anche grazie al lavoro di alcuni compagn* tunisini i quali hanno preferito dare vita cortei e assemblee spontanei non autorizzati sia durante la marcia iniziale del che dentro il forum stesso, più tosto che chiudersi in ingessati dibattiti preconfezionati. Momenti che hanno avuto la capacità di portare allo scoperto i limiti e le ambivalenze dei momenti ufficiali facendo emergere molte delle problematiche politiche e sociali irrisolte.

Eppure non sarebbe stato difficile cogliere il reale polso della situazione, sarebbe bastato ascoltare le voci che in basso a sinistra si muovevano intorno al forum, oltre a quelle spesso preformattate delle organizzazioni filo governative presenti. Voci di militanti della sinistra anticapitalista tunisina, di giovani provenienti dalla regione di Gafsa, di studenti dell’università di El Manar o quelle dei lavoratori precari dell’università; voci che dipingono un quadro ben diverso da quello pacificato e distillato che spesso esce dai racconti del forum. 

Anche il momento di incontro sull’avenue Bourghiba tra le delegazioni internazionali e la società tunisina, previsto nel protocollo del forum (Giorno 30 Marzo), è di fatto saltato il giorno prima senza che ci fosse una motivazione ufficiale. Tuttavia alcune organizzazioni tunisine anticapitaliste hanno voluto lo stesso creare un momento di discussione popolare all’esterno del forum. Momento che consegna bene la dimensione di un popolo che ha ancora parecchia voglia di discussione e di partecipazione politica. L’assemblea, di fatto auto-convocata, è cresciuta immediatamente di numero ed ha permesso un grado di espressione e partecipazione da parte della cittadinanza tunisina, sia a livello qualitativo che quantitativo, superiore a quello costruito dentro le giornate del forum. Incontro che fa capire come la partita non sia affatto chiusa; è stato impressionante vedere la voglia di protagonismo politico con la quale la popolazione tunisina ha partecipato al dibattito, tirando fuori sia i bisogni irrisolti che le proposte di azione politica per risolverli. La situazione è sicuramente tesa ed il livello di controllo sociale sistemico è molto debole; a provarlo non è solo la diffusa voglia di protagonismo, o i metri di filo spinato che ancora circondano tutti i palazzi governativi di Tunisi, ma anche il nervosismo con il quale la polizia reagisce non appena si crea un assembramento di persone nella zona centrale della città. Infatti, appena pochi minuti dopo l’inizio dell’assemblea, non appena il numero di partecipanti è aumentato, dopo che ad essa si è unito un corteo spontaneo di lavoratori tunisini (in sciopero per i licenziamenti avvenuti nella fabbrica di JAL), gruppi di poliziotti in tenuta antisommossa e con il volto coperto da passamontagna hanno iniziato a girare intorno alla piazza a bordo di una ventina di camionette con un chiaro fare intimidatorio. Episodio, questo, che racconta ancora una volta il reale grado di democrazia presente in città.

Nella giornata conclusiva del forum, coincidente con la giornata della terra e costruita intorno alla questione palestinese e per il diritto al ritorno dei profughi, sono emerse anche le contraddizioni interne al mondo tunisino e al forum stesso. Per gli organizzatori doveva essere un momento unitario che permettesse alle anime islamiche e laiche di marciare insieme in appoggio alla causa palestinese; in realtà è stato un momento di forte conflittualità, in cui le fazioni si sono confrontate anche fisicamente tra loro. Momenti di scontro acceso si sono avuti all’interno del corteo tra gli spezzoni del fronte popolare tunisino e le organizzazioni salafite, così come si sono avuti gli stessi scontri tra le delegazioni siriane pro e contro Assad ( scontri questi verificatisi anche in precedenza durante le giornate del forum). Solo grazie all’intervento della delegazione palestinese la situazione non è precipitata, quando alla fine del corteo gli attivisti salafiti sono stati allontanati dall’ambasciata della Palestina. In definitiva anche questo momento di sintesi non si è raggiunto e solo la maturità politica dei militanti, del popolo tunisino e palistenese ha permesso che la situazione non precipitasse in dinamiche ben più cruente. 

L’impressione complessiva che si ha dopo aver vissuto dall’interno le giornate di Tunisi è che si è provato ad istallare un vecchio software su un nuovo hardware che richiederebbe programmi molto più potenti e veloci per essere sfruttato a pieno. Le nuove istanze dei movimenti transnazionali, la loro nuova composizione, i bisogni che esprimono e i nemici che riescono ad identificare sono delle ricchezze politiche che il lento software del Social Forum non può (o non vuole?) valorizzare in pieno. Non lo può fare perchè figlio di un altro movimento, di altre istanze e rivendicazioni. Le mobilitazioni degli ultimi anni, dalle primavere arabe fino alle rivolte europee, infatti, sono mosse più che da un rifiuto etico delle barbarie neoliberiste da una immediata volontà di riappropriazione materiale. Volontà di riprendersi tempi, vita e libertà, protagonismo politico di parte e parola, reddito e welfare: sono queste le richieste che ora stanno producendo forti meccanismi ricompositivi al tempo della crisi. Meccanismi che stanno ricomponendo un soggetto politico partigiano, capace di riconoscersi (anche) attraverso l’antagonismo prodotto contro quei soggetti che detengono posizioni privilegiate (economiche o di comando) all’interno della società. Soggetto che difficilmente, ad oggi, può essere ricondotto sui binari della compatibilità anche se declinata in chiave assistenziale o altermondialista. Soggetto che, cosciente del proprio hardware, sta già iniziando a sperimentare nuove forme di aggregazione transnazionali che gli permettano di esprimere al meglio il proprio linguaggio e la propria potenzialità. 

HSL [-_-]

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