Spagna: scandali e corruzione ravvivano le proteste contro il Governo
Il Presidente del Tribunale Costituzionale figura nella lista dei donatori e affiliati al Partido Popular che ebbero sottratto le proprie quote da teserati e svariati importi aggiuntivi lungo un arco di tempo che va dal 2008 al 2011.
L’ex tesoriere del partito popolare, Luis Barcenas, due giorni fa aveva ammesso di essere l’autore dei documenti giunti alla Redazione de El Paìs contenenti la contabilità in nero di venti anni di partito, con tanto di soldi in contanti passati dallo steso tesoriere direttamente nelle mani del premier e della numero due, Maria Dolores de Cospedal.
Il caso-shock,che si infittisce con le ammissioni odierne di Los Cobos e si aggiunge alla lunga sequela di sospetti e casi minori di corruzione sempre in seno al Partido Popular, sta provocando una vera e propria “ola” di scandalo e indignazione nel Paese iberico, per quello che è visto palesemente come uno dei conflitti di interessi più sfrontati del post-franchismo.
Dalle principali testate alle chiacchiere da dopolavoro, la sensazione di spaesamento è evidente. “Quante cause possono essere state insabbiate,contaminate, archiviate, senza alcun presentimento?”
Se da una parte il partito Popular fa quadrato dichiarando che è stata messa in atto una campagna diffamatoria per destabilizzarne il consenso, comunque in forte discesa, dall’altra le piattaforme del movimento Indignado han colto la palla al balzo per ravvivare la protesta antigovernativa, che sta vivendo accenni di riflusso negli ultimi mesi.
Così, nella serata di Giovedì in oltre 40 città sono annunciati concentramenti e manifestazioni chiamati principalmente da Izquierda Unida, dalla “marea Blanca” (che coinvolge principalmente lavoratori della Sanità) e dalla piattaforma “storica” del 15-M, che puntano principalmente a esigere le dimissioni di Mariano Rajoy. Ipotesi caldeggiata anche da Rubalcaba, segretario dell’agonizzante PSOE, personaggio politico capace qualche settimana fa di fare “tandem” con il premier per non sfigurare dinanzi al Consiglio Europeo, nella necessità di mantenere saldo il timone del comando di un vascello, quello spagnolo, in piena avarìa e ora con una patata bollente che può incrinare ancora più a fondo la credibilità del sistema istituzionale corrotto.
Per la Acampada Sol, le proteste del Giovedì intendono insistere sulla “denuncia della mancanza di democrazia e la necessità di un processo costituente per una vera democrazia dal basso”. Il processo di diffusione virale si è esteso oltre i confini iberici, coinvolgendo studenti e solidali sparsi nel globo.
La configurazione dell’assetto istituzionale attuale, dati anche i rapporti di forza parlamentari assolutamente a favore dei popolari, non esclude che nel caso che Rubalcaba presentasse il prossimo 24 Giugno una mozione di sfiducia con un seguito consistente, incalzato anche dalle annunciate proteste in strada, si possa arrivare anche ad un defilamento di Rajoy, lasciando comunque l’incarico presidenziale a qualche fido delfino di partito. Ipotesi, questa delle dimissioni del premier, che appare comunque attualmente improbabile..a meno che le piazze, dopo Giovedì, non siano in grado di apportare quell’effetto destabilizzante e protratto nel tempo che la Troika faticherebbe seriamente a digerire.
La partita, su più livelli, è una faccenda molto complicata e aperta a molteplici scenari, in quanto non è escluso che pure un’ eventuale dimissione-lampo del premier, con riconvocazione di elezioni a breve, potrebbe per assurdo giovare all’attuale partito di maggioranza nell’attutire la perdita di consenso che l’ultima sequela di scandali ha accelerato. L’Unione europea monitora preoccupata l’evoluzione dello scenario, con allo sfondo le proteste #GobiernoDimisiòn e il non velato interesse del PSOE a farsi eventuale garante della “stabilità” futura del Paese..
Quasi tutte le piazze sono state convocate con un ironico “Barbacoas de chorizo” (‘barbecues di salame’, un gioco di parole in quanto “chorizo” in senso figurato significa “ladroni”), di fronte alla sedi del Partito Popular, con cartelli recanti “Adios Mafia”, mentre in qualche piazza riaffiora lo slogan “Què se Vayan Todos!”
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