Tunisia: la collera sale, la collera monta
Venerdì scorso è stata una rivolta, una rivolta ancora perchè “vogliamo andare fino in fondo” e “non tornare indietro”. Lo scorso venerdì a Tunisi, dal primo pomeriggio a tarda notte, dalla Casbah (blindata come non mai, perchè migliaia di ragazzi e ragazzini che gridano slogan fanno paura) fino a Bab ElJdid (dove alla celere e ai tank dell’esercito le barricate hanno resistito per ore) la collera ha sollevato ancora una volta l’intera città. Numerosi arresti di manifestanti, si parla di mesi di carcere, e già per mercoledì 13 è stata convocata una manifestazione che ne reclamerà la libertà. Se ne parla ovunque alla facoltà di scienze umane, nei caffè del centro, nel mercato del rione: “Ancora carcere, ancora torture, ancora repressione, e gli “rcdisti” ancora in libertà e fanno anche nuovi partiti. Allora è vero, dobbiamo andare fino infondo!”.
Il divenire rivoluzionario della Tunisia segue la mappa della collera: a Tozeur, la grande città del deserto, la polizia, l’esercito, le istituzioni non ci sono più da giorni, sono stati cacciati dal movimento lasciando spazio ai comitati e alle loro lotte per la dignità e la libertà, Tozeur è autonoma. A Nabeul è stato incendiato un commissariato e a Gafsa una grande manifestazione contro l’RCD e i suoi aderenti che ancora non vogliono mollare l’osso e tentano di mantenere il potere. A Rades corteo contro la repressione e tutta la città scende in strada, come a Sfax e a Sidi Bouzid. E’ questa l’intensità della collera del movimento che preme e spinge sul Governo di transizione, che gode di un precario appoggio e consenso di parte della società civile e delle alte burocrazie sindacali che non hanno visto con simpatia la piazza del venerdì. D’altronde quell’appuntamento come tutti gli altri, che hanno composto le giornate di lotta e prime vittorie del movimento, sono stati lanciati tramite facebook oppure si sono costruiti tra i capannelli e le “assemblee” sull’avenue. Appuntamenti quasi imprevedibili e a volte inattesi ai percorsi che tentano di tracciare i partiti e i gruppi seguendo i propri interessi non sempre allineati a quelli della piazza.
La collera quindi va avanti, energia politica dell’autonomia di un movimento che sta iniziando a sperimentare la costruzione di proprie istituzioni politiche nella consapevolezza diffusa che quanto si è fatto è veramente tanto ma che ancora a pochi mesi dal 14 gennaio non si è che all’inizio. Lo sguardo da Tunisi va verso est. La seconda Casbah che con successo è riuscita a buttare giu il primo governo di transizione di Ghannouchi “non avrebbe potuto vincere senza la potenza di Piazza Tahrir del Cairo”, e allora in questi giorni di tensione e agitazione in cui le prove tecniche di Casbah 3 si ripetono non si può che tornare con gli occhi su piazza Tahrir, e poi in Yemen, in Siria, in Bahrain, ed in Libia. Già la Libia che anche nella piazza tunisina fa sentire la sua voce tramite gli slogan di molti libici che hanno raggiunto in questi giorni la capitale del paese confinante. Anche loro sull’avenue con il pugno chiuso della collera che da qui sembra voler sbatter contro la faccia dei rais di mezzo mondo.
Presentiamo un nuovo pezzo rap, altro brano della colonna sonora della rivoluzione tunisina. Si parla delle città ribelli ed in collera del paese magrebino e poi si denuncia la repressione in Tunisia ma anche in Europa.
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