L’ennesima colossale violazione della privacy dei propri cittadini commessa dal governo di Washington si basa su un ordine emesso dal cosiddetto Tribunale per la Sorveglianza dell’Intelligence Straniera (FISC) e riguarda i “metadati telefonici” relativi alle comunicazioni che avvengono all’interno degli Stati Uniti e tra questi ultimi e un paese estero.
Il documento top secret di cui è entrato in possesso il Guardian certifica il primo caso conosciuto nel quale l’attuale amministrazione democratica ha deciso il monitoraggio di massa di telefonate di cittadini americani, senza che essi siano necessariamente sospettati del coinvolgimento in attività illegali. L’ordine del tribunale è stato emesso il 25 aprile scorso e copre un periodo di poco meno di tre mesi, fino al 19 luglio prossimo. La data fissata dal Tribunale per la possibile divulgazione pubblica dell’ordine era il 12 aprile 2038.
Il Tribunale per la Sorveglianza dell’Intelligence Straniera è stato creato nel 1978 dopo l’approvazione della legge sulla Sorveglianza dell’Intelligence Straniera (FISA) appositamente per ricevere e valutare, o meglio assecondare, le richieste delle varie agenzie governative di mettere sotto controllo le comunicazioni di sospetti agenti segreti stranieri operanti in territorio americano.
Dopo l’11 settembre 2001, la legge è stata di fatto incorporata nell’apparato pseudo-legale della “guerra al terrore”, per essere poi modificata nel 2008 con misure che hanno ulteriormente allentato i limiti imposti al governo dietro l’apparenza di maggiori garanzie legali. Il Tribunale, come dimostrano i numeri relativi alle proprie sentenze, quasi mai respinge le richieste del governo ed è diventato perciò un vero e proprio strumento per spiare i cittadini americani con una parvenza di legalità.
I “metadati” che Verizon sta passando “su base quotidiana” alla NSA riguardano sostanzialmente i numeri di telefono di chi chiama e di chi risponde, i numeri di serie dei dispositivi telefonici utilizzati, l’orario e la durata delle telefonate e la località in cui si trovano le persone interessate al momento delle chiamate. Esclusi dall’ordine sono invece i contenuti delle comunicazioni stesse, così come l’identità e il domicilio dei clienti Verizon.
Questo genere di dati, che secondo il governo non sarebbe di natura personale o privata, permette in realtà di ricostruire un quadro molto chiaro di un individuo e dei suoi contatti. I “metadati” di comunicazioni telefoniche sono stati recentemente al centro di uno scandalo che ha coinvolto l’amministrazione Obama, responsabile della raccolta segreta di queste informazioni relative ad alcuni reporter dell’Associated Press nell’ambito di un’indagine su una fuga di notizie a favore dell’agenzia di stampa americana.
Come ha spiegato mercoledì un articolo di approfondimento del Guardian sulla vicenda, l’ottenimento e la conservazione dei “metadati” garantisce al governo un “potere di sorveglianza retroattiva”. In altre parole, se in un qualsiasi momento un individuo dovesse finire per qualsiasi ragione al centro di un’indagine giudiziaria, le informazioni telefoniche già raccolte in forma teoricamente anonima potrebbero fornire una ricostruzione dettagliata sui suoi movimenti, contatti e molto altro.
Le implicazioni di un simile programma di sorveglianza svincolato da specifiche indagini è evidente e comporta, in primo luogo, la facoltà di creare una sorta di banca dati riguardante il maggior numero possibile di cittadini, così da avere a disposizione informazioni che consentano di monitorare e incriminare potenzialmente qualsiasi oppositore del governo.
Tutto ciò è confermato dal carattere estremamente insolito della richiesta di intercettazioni di massa presentata al Tribunale per la Sorveglianza, il quale in genere è chiamato invece ad esprimersi su casi che riguardano singoli individui sospettati di avere qualche legame con gruppi terroristici o servizi segreti stranieri.
Nonostante l’assenza di commenti ufficiali da parte della Casa Bianca, un anonimo esponente dell’amministrazione Obama nella giornata di giovedì ha cercato di minimizzare la portata delle rivelazioni del Guardian, affermando che l’ordine in questione “non consente al governo di ascoltare le telefonate di nessuno”. Come di consueto, una misura che va contro i principi stessi della Costituzione è stata poi definita come “uno strumento cruciale per proteggere gli Stati Uniti dalle minacce terroristiche”.
L’estrema segretezza che avvolge simili iniziative, così come la mano pesante del governo nel punire ogni fuga di notizie riguardanti le pratiche anti-democratiche messe in atto dietro le spalle degli americani, indica una più che giustificata inquietudine tra la classe politica d’oltreoceano, la cui legittimità appare sempre più deteriorata agli occhi della popolazione.
Come ha ricordato il Guardian, infatti, la conduzione di programmi come quello appena rivelato e, verosimilmente, di altri ancora che rimangono occultati al pubblico, era stata oggetto di recenti critiche da parte di alcuni membri del Congresso USA, sia pure in maniera indiretta.
In particolare, i senatori democratici Ron Wyden (Oregon) e Mark Udall (Colorado) avevano accusato la Casa Bianca di utilizzare “interpretazioni legali segrete” per giustificare poteri di sorveglianza così ampi che, se fossero resi noti, lascerebbero gli americani “sconvolti”. Simili programmi invasivi si basano sull’interpretazione del contenuto della sezione 1861 del Patriot Act, firmato da George W. Bush all’indomani degli attacchi al World Trade Center.
Proprio la precedente amministrazione repubblicana era stata per prima al centro di accese polemiche per avere autorizzato segretamente un programma di intercettazioni telefoniche, ma anche di e-mail e traffico internet, senza nemmeno ottenere un mandato dal Tribunale per la Sorveglianza. Il programma era stato portato alla luce dal New York Times nel 2005 dopo che i vertici del giornale avevano evitato a lungo di pubblicare la notizia su richiesta della Casa Bianca per non danneggiare le chances di rielezione di Bush nell’autunno dell’anno precedente.
Inoltre, nel 2006 fu rivelato che l’NSA aveva segretamente ottenuto dati telefonici di decine di milioni di americani dalle principali compagnie di telecomunicazioni, come Verizon, AT&T e BellSouth, proprio come sta facendo la stessa agenzia fin dal 25 aprile sotto la direzione dell’amministrazione Obama.
Quest’ultima, d’altra parte, ha mostrato più volte di non essere intenzionata a interrompere le pratiche abusive e gravemente lesive dei diritti democratici degli americani inaugurate dall’amministrazione Bush. Misure che assegnino ampi poteri di sorveglianza ad agenzie come NSA o FBI sono infatti necessarie per un governo che raccoglie sempre meno consensi tra la popolazione e che, in una fase di crisi strutturale dell’economia, si trova costretto a mettere in atto provvedimenti profondamente impopolari per salvaguardare gli interessi dell’oligarchia economica e finanziaria di cui è espressione.
Solo qualche settimana fa, infatti, era circolata la notizia di una prossima presentazione da parte della Casa Bianca di una nuova legge che costringerebbe compagnie come Google o Facebook a creare appositi sistemi per consentire alle agenzie del governo di monitorare indiscriminatamente l’utilizzo delle comunicazioni sul web da parte degli utenti.
Questa rivelazione, assieme a quella pubblicata giovedì dal Guardian, conferma dunque ancora una volta come le fondamenta per la creazione di un vero e proprio stato di polizia negli Stati Uniti siano state gettate ormai da tempo, così da mettere a disposizione del governo strumenti legali per fronteggiare un’opposizione popolare sempre più diffusa a causa delle crescenti tensioni sociali che attraversano il paese.
Michele Paris
tratto da http://www.altrenotizie.org
6 giugno 2013