Mehmet Akar e Veysi Taş: due azioni di Resistenza nel Nord del Kurdistan
Riceviamo e pubblichiamo volentieri…
Il 17 Gennaio giunge la notizia che Mehmet Akar, giovane curdo di 25 anni originario di Amed (Diyarbakir), si è dato fuoco per protestare contro l’isolamento detentivo di Abdullah Öcalan.
Pochi giorni prima, il 13 Gennaio Veysî Taş, di 65 anni originario della città di Mêrdîn, in Bakur – Kurdistan del Nord – con il medesimo gesto ha portato avanti la stessa protesta.
Akar ha lasciato una lettera dove condanna l’imprigionamento del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan, in cui scrive “la luce che uscirà del mio corpo in fiamme deve illuminare Imrali”.
Veysi Taş invece poco prima di darsi fuoco condivide un video su Whatsapp, in cui dice: “La mia azione è contro l’isolamento a Imrali”.
Il significato politico di queste azioni contro l’imprigionamento e l’isolamento del leader del popolo curdo, porta la protesta al livello più alto in assoluto, il sacrificio della vita, e dà forza alle forme di resistenza popolare di massa che il popolo curdo sviluppa da più di 40 anni. In questo articolo vogliamo rendere memoria ai martiri, fedayi, e contestualizzare il significato storico di questo tipo di azioni con uno sguardo specifico al Kurdistan, ma che hanno attraversato anche altre resistenze popolari come quella palestinese.
Dagli anni ‘70 in avanti sono tante le persone che in diversi modi hanno deciso di lottare sacrificando la propria vita per la tragica condizione in cui si trova il popolo curdo.
Un popolo che continua a resistere nonostante in altre parti del mondo nel corso degli ultimi decenni si sia spenta la maggior parte delle lotte di liberazione nazionale.
Il popolo curdo organizza la propria resistenza attraverso il Confederalismo Democratico, espressione pratica del Paradigma della Modernità Democratica, sviluppato da Abdullah Öcalan, chiamato dal popolo Apo, all’interno delle mura della prigione-isola Imrali, dove si trova in isolamento da quasi 24 anni.
Il 9 Ottobre 1998 NATO, Russia e Unione Europea iniziano un processo di persecuzione durato diversi mesi contro Öcalan, che si concretizza il 2 Febbraio 1999 nell’ordine emesso dalla NATO a tutti i Paesi membri di divieto di atterraggio dell’aereo su cui viaggiava il leader.
A fronte di questa situazione Nelson Mandela offre asilo politico ad Öcalan, che nell’intento di raggiungere la Repubblica del Sudafrica, viene rapito in Kenya il 15 febbraio in un’operazione illegalmente portata avanti da CIA, MOSSAD e MI6 – servizi segreti Americani, Israeliani e Inglesi- e consegnato alla Turchia, dove tutt’ora si trova in stato di detenzione ed isolamento totale.
Al contrario di quanto si pensi la cattura e l’attuale detenzione di Öcalan non è stata dunque decisa ed orchestrata dalla Turchia, ma si tratta di un complotto internazionale.
Quando questo complotto è iniziato, diversi militanti e persone legate al movimento di liberazione del Kurdistan detenute nelle carceri turche hanno deciso di darsi fuoco vive, di portare avanti scioperi della fame e Death Fast – scioperi della fame e della sete. Grazie a queste forme di resistenza, che si sono accompagnate a mobilitazioni popolari di massa, in Turchia è stata cancellata la pena di morte, commutando di conseguenza la condanna di Öcalan in ergastolo.
In seguito alle grandi e tempestive proteste, Imrali è stata per un periodo saltuariamente accessibile per la famiglia e gli avvocati. Ma ad oggi, specialmente dal 2016 in poi, le porte della prigione sono state aperte in poche occasioni. L’ultima volta che qualcuno è riuscito a riunirsi con Öcalan è stato durante la primavera del 2020 quando suo fratello minore, Mehmet Öcalan, è riuscito a fargli visita. Nel corso di questa visita il leader Apo ha avuto modo di condividere le proprie analisi sulla situazione politica delle quattro parti del Kurdistan divise tra Iran, Iraq, Siria e Turchia e della Modernità Capitalistica globale, riprese successivamente dalla stampa curda.
Per questo motivo già nel febbraio del 2021 in Europa, un lavoratore curdo emigrato in Germania, di nome Xelîl, fratello di guerriglieri che tuttora lottano sulle montagne curde, si è dato fuoco a Dresda in Germania per protestare contro la legittimazione e l’appoggio politico tedesco alla Turchia. Con la sua azione Xelîl ha voluto anche fortemente criticare la diaspora curda, richiamando il suo popolo a lottare senza perdersi nell’apparente tranquillità europea, generando così grandi mobilitazioni in tutta Europa.
Successivamente, l’unico momento in cui si hanno avuto notizie di Öcalan è avvenuto ad aprile 2021, nel corso di una breve chiamata di due minuti immediatamente interrotta dalle autorità turche. Chiamata concessa dalla Turchia per sedare le proteste nate conseguentemente alle false dichiarazioni di alcune emittenti sulla presunta morte di Öcalan.
Le uniche parole del leader sono state: “Io sto bene, non dovete mai credere a quello che dice il nemico”.
Da lì in avanti con la scusa di vari “richiami disciplinari” le visite a Imrali e qualsiasi tipo di contatto sono stati interrotti.
E’ alla luce di questo contesto politico dunque che si collocano le azioni di Veysi Taş e Mehmet Akar e che assumono il profondo significato e valore etico-politico che hanno.
Veysi Taş fu arrestato e imprigionato negli anni 80 in Turchia in seguito al colpo di stato e sottoposto a un regime di efferata e continuativa tortura. Uscito dal carcere ha continuato a lavorare nel Movimento di Liberazione del Kurdistan, contribuendo con determinazione e con ogni mezzo necessario allo sviluppo della lotta, partecipando attivamente alla costruzione delle istituzioni del Confederalismo Democratico nel Kurdistan del Nord senza mai fermarsi, dubitare o tradire la sua terra e il suo popolo, fino a decidere di sacrificare la propria vita per la causa.
Mehmet Akar, appartenente ad una famiglia che voleva obbligarlo ad un matrimonio combinato, dopo essere fuggito, riconoscendosi nei principi del Confederalismo Democratico e nel Movimento di Liberazione del Kurdistan, decise di sacrificare la propria vita per la libertà di Öcalan e per il suo popolo. Si diede così fuoco alle mura di Amed, riconosciuta dal popolo curdo come la propria Capitale, alle ore 21:21, numero distintivo della città utilizzato dalla gioventù curda come proprio simbolo identificativo. Il gesto di Mehmet diviene così un messaggio di rivolta per la gioventù curda.
Il KCK – Unione delle Comunità del Kurdistan-, organizzazione del Confederalismo Democratico, ha condiviso due comunicati riconoscendo il grande valore di questo tipo di azioni, chiedendo però di interromperle.
Il KCK chiama all’azione contro la politica d’isolamento e per la libertà di Öcalan, riconoscendo nella sua figura il ruolo di leadership del movimento rivoluzionario, identificandolo così con il popolo curdo stesso per i suoi obbiettivi: la democrazia radicale, la liberazione delle donne e l’ecologia sociale. I pilastri fondamentali dell’ideologia del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), di cui Abdullah Öcalan.
Le azioni di auto-sacrificio non generano nel popolo e nel movimento frustrazione o inazione, ma sono anzi una forza motrice per continuare a lottare.
Sono state tante le persone che, in questo e in altri movimenti rivoluzionari, hanno preso scelte rischiose o totalizzanti senza riservarsi un’alternativa di vita individuale oltre alla lotta. E’ responsabilità della comunità curda e dei loro compagni e compagne in tutto il mondo ricordare Mehmet e Veysi: continuare a lottare con maggior intensità e determinazione è la risposta necessaria. La miglior forma di memoria è la vittoria!
Serkeftin!
Comunicati KCK riguardo le azioni di Akar e Taş:
Per Mehmet Akar: “The youth must educate themselves to lead the struggle”:
Per Veysi Taş: “Veysi Taş is a Martyr of Kurdistan”:
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