Deposito unico nazionale: la popolazione si mobilita nel Canavese
La mappa con i siti papabili per la costruzione del Deposito Unico Nazionale di scorie nucleari ha suscitato agitazione e sconcerto in tutti i territori interessati. In Piemonte sono diversi i siti individuati, data la triste e longeva relazione tra la regione e l’energia nucleare. Fondamentalmente sono tre le aree interessate: l’alessandrino, dove la popolazione si è già attivata per manifestare la propria contrarietà, Carmagnola ed il triangolo tra Caluso, Rondissone e Mazzè nel canavese, territorio già fortemente infrastrutturato e devastato dal punto di vista ambientale.
Sulla zona insistono già diverse fabbriche ed infrastrutture, le discariche di Chivasso, il deposito di smarino di Torrazza e a pochi chilometri il sito nucleare di Saluggia. Ma l’area individuata è particolarmente sensibile perchè vicina ad autostrade e ferrovie, ma non solo infatti è contigua a frazione Mandria di Chivasso, luogo riconosciuto non solo per la sua agricoltura e i suoi edifici appartenenti ad un periodo storico del 1700, ma in particolare perché nel 2015 è entrato nel MAB UNESCO come luogo fondamentale per la relazione tra uomo e ambiente. Il territorio circostante fa parte della Riserva della Biosfera Collina Po. “Il Programma “L’uomo e la biosfera”, Man and the Biosphere – MAB, è un programma scientifico intergovernativo avviato dall’UNESCO nel 1971 per promuovere su base scientifica un rapporto equilibrato tra uomo e ambiente attraverso la tutela della biodiversità e le buone pratiche dello Sviluppo Sostenibile. Il Programma mira a migliorare le relazioni tra le persone e l’ambiente in cui vivono e a tale scopo utilizza le scienze naturali e sociali, l’economia e l’educazione per migliorare la vita delle persone e l’equa distribuzione dei benefici e per proteggere gli ecosistemi naturali, promuovendo approcci innovativi allo sviluppo economico che siano adeguati dal punto di vista sociale e culturale e sostenibili dal punto di vista ambientale.” L’ipotesi dunque di nuclearizzare l’area costruendo il Deposito Unico in questa zona andrebbe esattamente nella direzione opposta al progetto ed alla tanto sbandierata transizione ecologica. Una delle poche zone effettivamente tutelate dalla violenta devastazione ambientale che ha colpito negli anni questa porzione di Piemonte viene posta sotto minaccia. I cittadini dei comuni coinvolti hanno immediatamente reagito e affermano che è necessario “preservare questo territorio da qualsiasi tipo di insediamento dannoso e nocivo per l’ambiente e per gli abitanti del canavese. Un territorio con vocazione agricola e turistica, con prodotti di eccellenza e località di pregevole interesse e valore storico. vogliamo che sia mantenuto integro per lasciarlo alle future generazioni intatto e fruibile allo stesso tempo.”
D’altronde il rapporto tra gli abitanti del canavese ed il nucleare è lungo è tutt’altro che felice o pacificato. A solo 15 km dall’area di Rondissone – Caluso – Mazzè vi è il deposito di Saluggia che è il più grande d’Italia (con circa il 96% di scorie stoccate) ed è considerato uno dei luoghi più pericolosi del paese. Come racconta Giorgio Ferrari nel suo Le mille e una scoria: “Tutto cominciò con la Fiat che, insieme alla Montecatini, decise di investire nel settore nucleare creando la Sorin (Società ricerche nucleari) e nel 1959 inaugurò a Saluggia il reattore Avogadro. Successivamente Fiat, che aveva stretto accordi con la Westinghouse, costituì la Coren (Combustibili per reattori nucleari) che a partire dalla fine degli anni ‘60 produsse il combustibile per la Centrale di Trino Vercellese e sempre in quegli anni, a Saluggia, il CNEN decise di costruire l’impianto Eurex. Un vero e proprio concentrato di istallazioni nucleari in un sito non adatto ad ospitarle dato che è letteralmente circondato da corsi d’acqua (un fiume e due canali irrigui) e praticamente “galleggia” su una falda acquifera che scorre a pochi metri dalla superficie. Ad aggravare la situazione ci si mise l’Enel che, dopo il referendum del 1987, utilizzò il reattore Avogadro (fuori servizio da tempo) come deposito temporaneo del combustibile irraggiato delle sue centrali nucleari. Questa situazione divenne palesemente insostenibile negli anni 2000 quando la Dora Baltea e la risalita della falda minacciarono seriamente di inondare il sito: fu costruito un muro di cemento alto cinque metri e profondo 15 e si iniziò a prendere in considerazione la sistemazione dei rifiuti presenti nel complesso che in buona parte era passato sotto la gestione di Sogin. Di qui il nuovo parco serbatoi per ospitare i rifiuti liquidi derivanti dalle passate attività di riprocessamento, la compattazione di una parte dei rifiuti solidi, la costruzione di un deposito temporaneo (D2) per rifiuti a bassa attività e, come opera più importante, l’avvio della costruzione dell’impianto Cemex (per la cementificazione dei rifiuti liquidi) con annesso deposito temporaneo D3 che ha avuto una gestazione a dir poco sconcertante. Nel 2008 rilascio della VIA da parte dei Ministeri competenti e della regione Piemonte; 2013 si conclude l’iter autorizzativo e Sogin emette bando di gara per la costruzione; 2015 avvio dei cantieri; 2017 disdetta del contratto di appalto da parte Sogin per inadempienze dell’appaltatore; 2019 emissione nuovo bando di gara Sogin per completamento lavori, la cui fine, a questo punto, appare sempre più soggetta all’applicazione dell’avverbio che si usa per descrivere il fine pena degli ergastolani: mai!”
Il deposito avrebbe dovuto essere provvisorio, ma la sua pericolosità non è stata mai affrontata seriamente. L’alluvione del 2000 di cui parla Ferrari fu descritta dal premio Nobel Carlo Rubbia, allora presidente di ENEA (Energia Nucleare e Alternativa, l’ente che ha gestito gli impianti nucleari italiani fino al 2003) come una “catastrofe sfiorata,” spiegando che “se il livello del fiume fosse salito ancora di pochi centimetri avremmo inquinato la Dora, il Po e l’Adriatico, con un disastro di proporzioni assai maggiori rispetto a Chernobyl.”
Negli anni successivi non sono mancati gli incidenti “minori.” Nel giugno del 2004 sono state individuate fessurazioni nella piscina dell’impianto Eurex, che hanno contaminato falda acquifera superficiale, e nel 2012 c’è stata una perdita di acqua radioattiva dalla vasca WP 719, che raccoglie le acque contaminate.
A tutti questi incidenti sono seguite importanti proteste popolari. Nel 2005 i cittadini della zona si sono mobilitati contro l’assurdo ampliamento del sito che prevedeva la costruzione di un nuovo deposito, il D2 nonostante l’evidente prericolosità dell’area su cui è insediato. Nel 2011 poi dopo la seconda vittoria referendaria del No al nucleare (con oltre il 95%) il canavese ha visto un nuovo ciclo di importanti mobilitazioni.
Adesso tra le opzioni messe in campo da Ispra e Sogin ci sarebbe quella di spostare il problema a 15 km di distanza nuclearizzando un nuovo territorio di importanza socio-economica e ambientale riconosciuta da enti internazionali. I cittadini dunque si sono immediatamente mobilitati: il 22 febbraio il comune di Chivasso ha votato all’unanimità, 17 voti su 17, l’emendamento che impegna l’amministrazione comunale alla totale contrarietà all’insediamento nell’area dei comuni di Caluso, Mazzè e Rondissone. Le amministrazioni interessate avevano già approvato mozioni simili. Ma le iniziative non si sono mosse solo sul terreno istituzionale, infatti i cittadini dell’area in prima persona si sono attivati riempiendo di bandiere contro il nucleare le strade e le piazze dei comuni e lanciando diverse raccolte firme. Per il 21 marzo poi è prevista una grande manifestazione popolare. “Invitiamo tutta la popolazione a partecipare in particolare a giovani e bambini per dire tutti insieme che il nostro territorio non è idoneo come sito per il deposito nazionale delle scorie radioattive.” scrivono gli organizzatori.
La manifestazione avrà luogo dalle ore 14:30 a Tonengo di Mazzè in Piazza Pertini. Primo punto di raccolta solo per agricoltori e mezzi ore 13,30 canale scolmatore incrocio SP 81 Strada della Mandria.
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