Gela: continua la lotta, s’intensificano i blocchi
A due settimane dall’inizio dei blocchi, ancora del tutto insoddisfacenti le risposte e le soluzioni (che poi tali non sono!) che provengono dal governo Renzi (socio al 33%) e da Eni, che mantiene un certo silenzio e una profonda ambiguità su quali siano le prospettive programmate di riconversione green della raffineria. Gli ininterrotti blocchi stradali e la manifestazione di giorno 26 gennaio, che ha visto sfilare migliaia di persone per le vie di Gela, hanno in qualche modo imposto una presa di posizione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico. Ministero che giorno 27, all’indomani della manifestazione, in un incontro con le parti ha garantito la cassa integrazione fino ad aprile per i circa 2000 operai dell’indotto. Briciole e miseria per lavoratori che da 3 anni vivono nell’incertezza occupazionale e di reddito, e per tutto il territorio gelese, violentato e irrimediabilmente compromesso dal punto di vista ambientale, sanitario ed economico dalla raffineria che Eni vorrebbe dismettere senza guardare indietro al disastro compiuto negli ultimi 50 anni. Briciole e miseria che gli operai non sono disposti ad accettare, totalmente disillusi su una riconversione di cui Eni non chiarisce tempi e programmazioni attendibili.
Da quando sono iniziati i blocchi, sembra comunque crescere tra gli operai e in città la consapevolezza che quello che nei decenni è stato il ricatto di petrolchimico e raffineria per tutto il territorio, non possa certo concludersi così facilmente a vantaggio solo degli interessi di Eni e Governo. Accanto alle solite e soprattutto in tal caso semplicistiche rivendicazioni sindacali di lavoro a tutti i costi (anche quello di dover morire avvelenato e di compromettere la salubrità del territorio in cui si vive), vanno sicuramente affiancate quelle che cominciano ad articolarsi tra gli operai dei blocchi, che pretendono che Eni, non adempiendo le promesse della riconversione green, abbandoni Gela restituendo e risarcendo il territorio tutto. Anche la solidarietà mostrata dai commercianti gelesi durante il corteo (che hanno sbarrato i loro esercizi commerciali in quella giornata) o il fatto che sia l’istituzione ecclesiastica, sia il Consiglio Comunale (a cui gli operai imputano non poche mancanze e negligenze) si sentano in dovere di “fare il loro” con un continuo richiamo ai gelesi alla mobilitazione la prima, o con incatenamenti simbolici al Ministero il secondo, ci parlano di una lotta che avrà ancora molto da dire, in costruzione e in divenire. Una lotta che grazie alla determinazione operaia di queste due settimane, sta, in maniera consapevole o meno, programmata e non, mettendo difronte il territorio gelese e i suoi abitanti al loro incerto futuro tutto da riconquistare e autodeterminare questa volta.
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