La “sfida necessaria” è costruire l’opposizione al Ponte
«Il Ponte è sviluppo. Così si fa la lotta alla mafia». Sono queste le parole del vicepremier e ministro delle infrastrutture Matteo Salvini riportate questa mattina dall’edizione quotidiana della Gazzetta del Sud.
da Antudo
Una battaglia per i territori
A poche ore dalla partecipata assemblea NO Ponte a Torre Faro, a partire da queste dichiarazioni vogliamo sviscerare ancora una volta le ragioni del no al ponte sullo stretto di Messina, con la convinzione e consapevolezza che questa è una battaglia delle comunità per affermare un futuro diverso per i territori, oltre il “modello ponte”.
Quello del ponte sullo Stretto di Messina, infatti, è un progetto definito da alcuni tecnici come una «sfida infrastrutturale». Ma in verità si tratta di una sfida tutta politica ed economica.
Dietro al ponte vi è una precisa idea di “progresso” che secondo Salvini «non dovrà subire intoppi o rallentamenti». Attorno a questa sfida si gioca lo scontro ideologico del nostro tempo, sulla nostra terra. I media ci raccontano di due rappresentazioni della vita e della gestione della cosa pubblica in contraddizione tra di loro. La prima, quella del “SI ponte”, per intenderci, è la via dello sviluppo economico infinito, della crescita senza limiti, dell’innovazione senza indugi, che tramite le grandi opere gestite da general contractor non siciliani assicura di scongiurare le infiltrazioni mafiose. E poi c’è la via del NO: chi è contro al ponte, ci dicono, rappresenta l’arretratezza e l’ignoranza perché il no al ponte vuol dire opporsi al cambiamento, al progresso. In più, difende la mafia, perché ormai è prassi tacciare di connivenza qualunque attore sociale siciliano che si contrappone alle decisioni calate dall’alto e non ripone fiducia nelle istituzioni dello Stato.
Costruire l’opposizione al ponte
Ma oltre il velo patinato delle interviste, dei plastici in televisione, dello spettacolo, l’eterno sviluppo del capitale ha il volto della spietata accumulazione di risorse, dei cantieri infiniti, degli interessi strategici e militari sullo Stretto; di contro, in un territorio martoriato, svuotato di risorse, storicamente utilizzato come laboratorio politico come quello siciliano, l’opposizione al ponte e al paradigma delle grandi opere rappresenta la capacità di riconoscere il fallimento del modello di sviluppo che fino a oggi ha aggredito la nostra isola, vuol dire non essere più disposti al fatto che le priorità vengano decise dall’alto in base alla possibilità di trarne profitto – e per capire quali siano le infrastrutture e gli interventi veramente necessari al territorio siciliano è sufficiente abitarci per un paio di settimane. È il ripensare il rapporto dell’uomo con la natura, è mettere al centro il patrimonio paesaggistico dello Stretto, è riportare nella discussione la possibilità di decisione degli abitanti, contro la centralizzazione estrema dello Stato nell’affermare ciò che è necessario o meno per un territorio e per chi lo vive.
Domani si terrà a Palermo una conferenza intitolata “Una sfida necessaria”. Rappresentanti istituzionali, imprese, fondazioni si incontreranno in una sala chiusa per discutere delle innumerevoli opportunità di rilancio che il ponte potrebbe significare per l’Italia, per il Mezzogiorno, addirittura per l’Europa intera. Insomma, se n’è parlato così tanto che “qualcosa adesso bisogna pur farla”, costi quel che costi. Questa è la sfida dei governi per risollevare il Paese. E non possiamo negarlo, la sfida da cogliere c’è davvero. Si tratta della sfida contro chi vuole continuare ad accaparrarsi, pezzo dopo pezzo, i territori al solo scopo di arricchirsi. La sfida è resistere e difendere questo Stretto. Noi la raccogliamo e invitiamo tutti a fare lo stesso: organizziamoci, non lasciamo loro spazio, prendiamoci cura dei nostri territori, combattiamo questa grande opera inutile che è il Ponte sullo Stretto.
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