Le implicazioni dell’estrazione del litio sui diritti umani. Oro bianco, distruzione digitale
Lo sfruttamento del litio nel cosiddetto “triangolo del litio”, rappresentato dalle saline di Argentina, Bolivia e Cile, dimostra come le logiche neoliberiste abbiano cooptato il concetto di sviluppo sostenibile. Il litio è usato per produrre dispositivi elettronici all’avanguardia che sono fondamentali per l’idea “verde” di ridurre l’impronta di carbonio delle industrie. Tuttavia, questo accordo estrattivista non è altro che una nuova fase della logica capitalista e colonialista che ci ha portato all’attuale emergenza climatica.
Di Danea Tapia e Paz Peña* da Ecor Network
La crisi ecologica – causata dallo sfruttamento delle risorse naturali – non può essere risolta con ulteriore estrattivismo. In questo schema l’ambiente continua ad essere visto come una merce, il ruolo degli Stati resta relegato a proteggere legalmente il settore privato tramite analisi di costi e benefici, e il mondo in via di sviluppo ridotto ad una miniera di risorse per le tecnologie verdi sviluppate nel Nord globale.
Concentrandosi sul caso dell’estrazione del litio in Cile e sul suo impatto ecologico, economico e culturale, questo articolo chiede agli attori che si dedicano all’agenda dei diritti umani nel contesto digitale di assumersi il dovere di includere nelle loro preoccupazioni gli aspetti materiali e ideologici legati alle forme di produzione dei dispositivi tecnologici e ai loro effetti dannosi, sia per l’ambiente che per le comunità locali nel Sud globale.
Il contesto
Il collasso ecologico dei combustibili fossili ha reso urgente la transizione verso un nuovo paradigma energetico che incorpori l’energia solare ed eolica. Il litio è fondamentale per questo scopo. Poiché la luce del sole e il vento non sono continui, immagazzinare le enormi quantità di energia che producono è vitale. Poiché il litio è altamente reattivo e relativamente leggero, è un materiale ideale per conservare l’energia nelle batterie.
Le auto elettriche, i computer portatili, i telefoni intelligenti e i numerosi dispositivi dell’Internet delle cose lanciati ogni giorno sul mercato dipendono dalle batterie al litio. Il litio è fondamentale per un’industria il cui modello di business si basa sull’obsolescenza; quindi, la fornitura di questo minerale chiave deve essere assicurata per i molti produttori con sede nel Nord globale
Ci sono circa 107 progetti di estrazione del litio in tutto il mondo: più del 45% di essi si trova in Sud America, in particolare nel triangolo del litio formato da Argentina, Bolivia e Cile. Questi progetti sono concentrati nelle mani di quattro aziende che coprono circa il 91% della produzione globale. Ma l’estrazione del litio ha i suoi limiti. Come dice la ricercatrice cilena Bárbara Jerez:
Il boom del mercato globale del litio ha un orizzonte limitato a circa 15 anni, mentre altri elementi come l’idrogeno, il cobalto, il grafene, sali come il potassio – e persino i sali che si trovano nella cannabis – si stanno attestando a potenziali sostituti e concorrenti per la fabbricazione di batterie ricaricabili per auto elettriche, principale uso attuale del litio.1
Queste gigantesche operazioni estrattive in America Latina contraddicono l’immagine “verde” che le imprese tecnologiche vogliono promuovere, soprattutto il mercato delle auto elettriche che ha posizionato i suoi prodotti come un componente centrale di ciò che dovrebbe essere la vita ecologica. Per esempio Tesla, uno dei principali fabbricanti di auto elettriche, non riconosce l’impatto ambientale dell’estrazione massiccia di litio che la sua catena di produzione richiede. Infatti, nella sezione sostenibilità della sua pagina web, affronta solo le politiche relative al riciclaggio delle batteria al litio usate, che il cliente deve inviare ad uno dei negozi Tesla.2
Il commercio del litio ha gravi ripercussioni come danni irreversibili all’ecosistema, disonestà e continui abusi sulle comunità locali. Mentre poche aziende di veicoli elettrici sembrano capire il disastro ecologico del Cile, l’industria della tecnologia digitale sembra continuare a ignorare questo ecocidio. Inoltre, quasi nessun attore impegnato in tecnologia e diritti umani ha assunto questa crisi come motivo di preoccupazione.
Un nuovo sacrificio verde
Il triangolo del litio in Sud America è costituito dalle saline del deserto andino che si estendono attraverso i tre paesi. In Cile, “la concentrazione di salamoie e le condizioni estremamente aride del Salar de Atacama sono i principali vantaggi comparativi rispetto ai paesi vicini. Questo, insieme ai quadri giuridici che permettono di non trattare legalmente questi acquiferi come acque sotterranee, ha permesso decenni di estrazione a basso costo”.3 Sotto il salar nelle pianure di Atacama c’è un vasto deposito naturale di acqua salata sotterranea contenente sali di litio disciolti. Il litio viene estratto mediante l’enorme sfruttamento delle risorse idriche attraverso l’estrazione idraulica. La perforazione permette di accedere ai depositi di acqua salata, la salamoia viene poi pompata in superficie e distribuita ai bacini di evaporazione per produrre carbonato di litio, che viene raccolto e trasformato in litio metallico. Le compagnie minerarie accedono anche alle scarse riserve di acqua dolce presenti nel deserto: ne hanno bisogno per pulire i loro macchinari e produrre un sottoprodotto della salamoia, la potassa, che viene usata come fertilizzante.
Anche se l’alta salinità della salamoia la rende inadatta al consumo umano, il suo sfruttamento influisce sugli insediamenti umani e sull’equilibrio ecologico. Uno degli aspetti più controversi dello sfruttamento del litio è il modo in cui i depositi di acqua dolce e di salamoia interagiscono con il resto dell’ecosistema, incidendo negativamente sulla scarsità d’acqua. La zona sta ora affrontando una siccità, la stessa su cui da anni le comunità indigene di Atacama tentano di richiamare l’attenzione. Secondo il Consiglio del Popolo di Atacama (un organismo che rappresenta 18 comunità), fiumi, zone umide e praterie sono state prosciugate nel corso dell’ultimo decennio. A Peine, per esempio, l’acqua viene tagliata di notte, alcuni giorni la gente non ha accesso all’acqua e deve affidarsi ai camion cisterna. I carrubi e i fenicotteri della zona stanno scomparendo, cambiamenti si stanno verificando anche nella vita microbica unica del deserto di Atacama, influenzando la flora e la fauna nativa.
L’attuale siccità, su cui l’estrazione del litio ha giocato un ruolo importante, ha anche portato a una crisi economica per gli abitanti indigeni che finiscono per essere cacciati. Come dice Jorge Cruz, del villaggio di Camar: “È sempre più difficile coltivare. Se peggiora, dovremo migrare”.4 Purtroppo, mentre le tecnologie “verdi” vengono presentate come l’unica opzione per arginare la crisi climatica, e mentre il mercato delle batterie agli ioni di litio è destinato a crescere grazie ai recenti progressi nelle tecnologie dell’elettronica di consumo, le comunità locali continueranno ad essere vittime di questa ignorata crisi ambientale, economica e politica.
Sotto il segno zodiacale neoliberista
Secondo Mining Global, anche i due più grandi produttori di litio del mondo – Albemarle e SQM – hanno attività in Cile. Questa informazione è coerente con lo storico approccio estrattivista adottato dai governi neoliberisti del Sud globale, schemi in cui il profitto economico si ottiene solo attraverso lo sfruttamento delle risorse naturali e mai partecipando alle catene di produzione a valore aggiunto che si verificano soprattutto nel Nord.
Anche se i governi sudamericani hanno manifestato il loro interesse a partecipare alla fabbricazione di batterie, resta il fatto che si tratta di un lavoro che richiede lavoratori altamente specializzati e, soprattutto, di una vicinanza geografica e politica con paesi con grandi centri di produzione di auto elettriche, cellulari, computer portatili, etc. Questo è in linea con le strategie promosse dalla Commissione Europea che si concentrano sullo sviluppo di un mercato locale che soddisfi l’enorme e imminente domanda di batterie agli ioni di litio; è quindi giusto presumere che il business del litio nei paesi in via di sviluppo rimarrà un’operazione puramente estrattiva, con l’unico incentivo di estrarre alla massima capacità.
Anche se sulla carta (per esempio leggi locali sull’estrazione mineraria), i governi accettano che il litio sia un bene strategico e finito che dovrebbe essere sfruttato solo dallo Stato cileno, questi concetti non sono realmente applicati. Il governo cileno, attraverso accordi eccezionali, ha accettato l’intervento di imprese private in queste operazioni minerarie. Molte di esse hanno sede in Canada, Cina o Stati Uniti, gli attori cileni sono ex aziende statali privatizzate durante i regimi autoritari sostenuti dagli Stati Uniti, e sono ora nelle mani di pochi oligarchi.
La privatizzazione delle imprese statali è un meccanismo inequivoco dei regimi neoliberisti. È successo nel Regno Unito sotto il thatcherismo, ed è successo in America Latina ogni volta che gli Stati Uniti sono intervenuti nella politica locale, per rovesciare i governi che non si allineano ai loro interessi neo-imperiali.
In America Latina, questo meccanismo si concentra solitamente sulla proprietà delle risorse naturali. È successo in Honduras per prendere il controllo delle risorse idriche, in Bolivia con il colpo di stato contro il presidente indigeno Evo Morales per prendere il controllo del litio, (come ammesso dall’ “imprenditore tecnologico” Elon Musk), e sta succedendo in Cile a causa dell’eredità della dittatura fascista di Augusto Pinochet instaurata dal Dipartimento di Stato USA.
Dopo che si è prodotto quello che Naomi Klein ha definito “dottrine dello shock”,5 i regimi neoliberali stanno sviluppando discorsi sofisticati con cui travestono da pratiche di sviluppo sostenibile e partecipativo le loro strutture di saccheggio aziendale.
La ricercatrice Bárbara Jerez offre un esempio in cui spiega come le imprese di litio in Cile abbiano creato un concetto di “valore condiviso” con le comunità locali – la maggior parte delle quali vivono in condizioni economiche precarie -, per ottenere le licenze di sfruttamento dei territori. Questo viene fatto attraverso la creazione di falsi benefici e disinformazione.6
Le visioni concentrate sui guadagni vedono le risorse naturali come mere merci, mentre le popolazioni indigene adottano generalmente una prospettiva più animista, in cui ogni componente dell’ecosistema – i fiumi, le montagne, etc. – sono entità vive che non devono essere sfruttate.
Di conseguenza, molti difensori della terra e leader ambientali appartengono a comunità indigene. La loro lotta è un chiaro esempio delle tensioni neocolonialiste nella regione. La loro disputa politica è di un tipo che non può essere risolta tramite logiche economiche occidentali. Inoltre, per comprendere questi conflitti, è necessario riconoscere l’enorme squilibrio di potere tra i due gruppi, un’asimmetria che ha portato a uccisioni e abusi nei confronti degli attivisti, così come alla distruzione irreversibile degli ecosistemi locali.
Le comunicazioni digitali si basano sullo sfruttamento
Per gli studi di scienza, tecnologia e società (CTS nell’acronimo spagnolo), la tecnologia è un sistema composto da artefatti, pratiche sociali e sistemi di conoscenza. La teoria CTS si concentra sull’idea che la tecnologia e la società si co-costituiscono a vicenda, sono inseparabili. Invece di analizzare la tecnologia come un artefatto, lo studio si concentra sui sistemi socio-tecnici.
Attualmente, le analisi socio-tecniche dell’impatto ecologico delle tecnologie digitali sono quasi inesistenti nella comunità egemone dei diritti umani che lavora nel contesto digitale. Dominate da un quadro liberale, le condizioni materiali di produzione dei dispositivi tecnologici, che permettono le comunicazioni digitali, continuano ad essere ignorate nell’analisi dell’impatto della tecnologia sui diritti umani. Questa omissione favorisce solo i vecchi interessi capitalisti, estrattivi e coloniali che continuano a dominare la rivoluzione digitale.
Sebbene in questi ultimi anni siano nate diverse iniziative all’interno di questa comunità, essa è per la maggior parte legata all’agenda degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Tuttavia, diversi aspetti di questa agenda sono preoccupanti. Per esempio, l’industria tecnologica ha proposto l’idea di un “internet sostenibile” o “web sostenibile”, un quadro globale del Nord per ridurre le emissioni di carbonio, ma non è in grado di assumere una prospettiva più critica che incorpori un’agenda di giustizia sociale. Come dimostra il caso cileno dell’estrazione del litio, gli approcci “verdi” che aiuteranno l’industria tecnologica ad avere zero emissioni di carbonio sono compatibili con logiche estrattiviste estremamente dannose per l’ambiente. E mentre comprendiamo che le tecnologie saranno necessarie nella lotta contro il riscaldamento globale, l’ideologia neoliberale del “tecnosoluzionismo” (come una pallottola d’argento che risolverà tutti i problemi grazie all’innovazione degli individui) rimane dominante all’interno della comunità.
Nell’edizione 2020 del summit RightsCon, un evento importante per la comunità dei diritti digitali che vuole essere un punto d’incontro tra la società civile, i governi e il settore privato, non una sola delle sue oltre 270 sessioni è stata dedicata all’estrattivismo neo-coloniale promosso dall’industria tecnologica. La questione del clima è stata a malapena affrontata e le poche sessioni sulla crisi climatica sono state guidate da attori del Nord globale. Queste sessioni erano legate a questioni come l’attivismo di Extinction Rebellion, a ricercatori della New York University che si chiedono “Il cambiamento climatico è un’emergenza?” e ad un’azienda privata francese che vende strumenti per misurare le emissioni e che ha organizzato un panel sui mercati, le startup e i loro rischi durante la crisi climatica.7 Questo è un esempio che dimostra la grande sfida in termini di giustizia climatica che questa comunità si trova davanti.
Conclusioni
L’industria tecnologica è responsabile di un ecocidio di massa in corso nel triangolo del litio, e gli attori impegnati sui diritti umani in ambito digitale non stanno prestando alcuna attenzione a questo abuso. Il caso del litio dimostra che le tecnologie digitali egemoni fanno parte di un complesso ideologico in cui si sprona verso il tecnosoluzionismo, senza mai promuovere, nei nostri modelli di sviluppo, un cambiamento partecipativo, democratico e decoloniale.
Inoltre, un’agenda dei diritti umani nel contesto digitale deve diffidare delle operazioni di “greenwashing” delle attuali corporations tecnologiche. Queste azioni devono essere analizzate criticamente tenendo in considerazione il continuo impatto geopolitico dello sviluppo tecnologico sulle comunità del Sud globale.
Non è accettabile impegnarsi in tali strategie di pubbliche relazioni senza riconoscere che le logiche estrattiviste e colonialiste dello sfruttamento del litio in Argentina, Bolivia e Cile sono progettate per soddisfare il consumismo “verde” del Nord globale.
Nel nostro contesto di crisi climatica e di estinzione di massa delle specie, crediamo siano tre le sfide urgenti in materia di tecnologia.
La prima è quella di analizzare le condizioni ecologiche e ideologiche dietro lo sviluppo delle tecnologie digitali egemoniche.
La seconda è di unirsi a un’urgente agenda globale per una transizione decolonizzata, democratica e sostenibile verso le energie pulite, trasferendo questa sfida nell’ambito delle tecnologie digitali.8
Terza, essere particolarmente attenti alle nuove “zone di sacrificio”, come le saline del Cile, zone che sono attualmente invisibili all’attivismo liberale, nonostante servano come carburante per una nuova fase del capitalismo coloniale: lo sviluppo delle tecnologie “verdi”.
Passaggi d’azione
I seguenti passaggi sono necessari per gli attivisti e attiviste della società civile:
Attivisti e ricercatori nell’intersezione dei diritti umani e della tecnologia devono elaborare strategie per rendere conto dell’impatto ambientale delle corporations digitali, adottando una prospettiva critica verso i dispositivi e le tecnologie che pretendono di essere “verdi”. Ciò dovrebbe prendere in considerazione le questioni del neocolonialismo neoliberale e promuovere il rispetto per le cosmologie non occidentali.
Le organizzazioni della società civile per i diritti digitali devono affrontare l’abuso e la sorveglianza sulle comunità locali, le pratiche ingannevoli dei giganti minerari in queste comunità, e sviluppare strategie di sicurezza digitale per la loro protezione.
Naturalmente, le misure di difesa proposte devono coinvolgere le popolazioni delle aree geografiche interessate, che devono essere al centro dello sviluppo della strategia e del processo decisionale, al fine di ottenere legittimità e non riprodurre gli squilibri di potere delle realtà neo-coloniali.
* Danae Tapia y Paz Peña, Organizzazione: Gato.Earth. https://gato.eart
** Traduzione Marina Zenobio per EcorNetwork
NOTE:
1 Bustamante Pizarro, R. (n/d). Bárbara Jerez e sfruttamento del litio: “Anche i salares sono zone di sacrificio” Causas e Beats.
2 https://www.tesla.com/en_GB/support/sustainability-recycling
3 Morales Balcazar, R. (2020, 29 giugno). Litio e conflitti socio-ambientali in tempi di crisi: Un’opportunità per (ri)pensare la transizione. Osservatorio Plurinazionale delle Saline Andine.
4 Livingstone, G. (2019, 19 agosto). Come l’offerta del Cile per il litio sta scatenando una disputa sull’acqua ad Atacama. BBC.
5 “Shock economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri”, un libro di Naomi Klein del 2007, sostiene che le politiche neoliberiste nei paesi sviluppati sono imposte attraverso una strategia di “terapia dello shock” che approfitta delle crisi naturali per applicare politiche discutibili. https://tsd.naomiklein.org/shock-doctrine.html
6 Bustamante Pizarro, R. (n/d). Op. cit
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