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Non è stato un boom ma si sente il crack: l’energia ai tempi di Milei

La rinuncia di Eduardo Rodríguez Chirillo a capo del Ministero per l’Energia [nell’ottobre scorso] ha lasciato innescato un detonatore fatto di massicci aumenti delle tariffe, profitti straordinari per una manciata di imprese e incertezza sulla fornitura di elettricità durante l’estate.

di Felipe Gutiérrez Ríos (OPSur-Revista Crisis), da ECOR Network

In questo articolo gli alti e bassi della gestione energetica dell’ultra-liberismo argentino.

Ha bisogno di più tempo per sé”. Così il ministro dell’economia, Luis Caputo, ha giustificato sul proprio account X le dimissioni di Eduardo Rodríguez Chirillo, al posto del quale è subentrata María Tettamanti, membro della Fundación Pensar, un think tank di PRO (Propuesta Republicana). L’economista ha lavorato per diverse aziende del settore del gas e, fino alla scorsa settimana, era direttrice generale di NGR Argentina, un’azienda dedicata alla produzione di sabbie per il fracking.
Al di là della versione ufficiale sul suo allontanamento per problemi di salute, l’amministrazione di Chirillo è stata segnata da una serie di errori di coordinamento, come per esempio a maggio, quando ha cercato di risparmiare sull’acquisto di gas importato, ma poi il freddo ha generato un consumo superiore a quanto calcolato dal ministero per l’energia. Si sono verificate anche carenze nelle stazioni di GNC (gas naturale compresso) e nelle grandi industrie, per cui la Società di Amministrazione del Mercato Elettrico all’Ingrosso (Cammesa nell’acronimo spagnolo) ha dovuto acquistare 12 carichi di gasolio e olio combustibile per un importo di 500 milioni di dollari che non erano stati previsti. In fretta e furia e senza una gara d’appalto pubblica, anche l’Enarsa ha dovuto acquistare GNL, in questo caso direttamente da Petrobras. Tuttavia, la compagnia petrolifera brasiliana ha denunciato che non è stato possibile documentare il pagamento e il governo ha interrotto la fornitura alle 100 principali industrie del paese durante l’ultima settimana del mese.

Come a dimostrare che all’eccellenza dei creoli ultra-liberali mancano le stagioni dell’anno, l’avvicinarsi dell’estate ha messo in luce ancora una volta l’improvvisazione nel settore dell’energia. A metà settembre, Guillermo Francos ha ammesso pubblicamente che potrebbero esserci interruzioni del servizio elettrico durante i mesi caldi. L’avvertimento del capo di gabinetto ha provocato l’immediata reazione di Rodríguez Chirillo il quale, per spaventare i fantasmi, ha chiarito che i tagli programmati non avrebbero riguardato il settore residenziale, come accaduto negli anni Ottanta, ma sarebbero stati effettuati in accordo con le industrie.

Le ragioni che anticipano possibili interruzioni non sono nuove: il sistema nazionale non è sufficiente a coprire l’aumento della domanda di consumo di elettricità. Infatti, durante le ultime estati, si sono evitati blackout massicci importando energia, soprattutto dal Brasile. Secondo un rapporto della Società di Amministrazione del Mercato Elettrico all’Ingrosso (Compañía Administradora del Mercado Mayorista Eléctrico – Cammesa), quest’anno la situazione potrebbe essere peggiore. Il documento afferma che il 2025 inizierà con il caldo, cioè si prevede una stagione estiva in cui la domanda di energia elettrica aumenterà e l’offerta energetica nazionale diminuirà, fondamentalmente a causa della crescente caduta della produzione idroelettrica e della sospensione delle attività nella centrale nucleare Atucha I, che entrerà in un processo di “estensione della vita” e quindi dovrà restare spenta per almeno 30 mesi.

Questi scenari di scoordinamento ai più alti livelli politici di governo mostrano fino a che punto la crisi di un sistema energetico precario e instabile potrebbe essere ulteriormente aggravato dalle politiche portate avanti dal governo Milei. Ma ancora non se ne accorgono. Infatti, durante la sua ultima settimana al ministero, Chirillo ha pubblicato “La strada per la crescita energetica”, un video con un certo tono di commiato in cui sviluppa quelli che considera i principali risultati della sua amministrazione: la “normalizzazione dei mercati energetici” attraverso l’adeguamento delle tariffe in modo che – come si dice nel suo gergo – “riflettano i costi reali della fornitura” e la promozione degli investimenti in grandi progetti. A titolo di bilancio, analizziamo questi due assi principali della politica energetica del governo, le conquiste di Eduardo.

Anima da freddo polare

La combinazione energetica dell’instabilità nei servizi cresce con l’aumento delle tariffe. Secondo la società di consulenza Economía y Energía riguardo l’AMBA (Area metropolitana di Buenos Aires), per il settore che corrisponde al livello 1 o dei redditi maggiori, le tariffe di agosto 2024 sono risultate più alte del 223% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente; per il livello 2, relativo ai redditi medi, l’aumento ha raggiunto il 472%; mentre per il livello 3, o dei redditi bassi, l’aumento è stato del 379%. Questi dati mostrano un impatto maggiore sui settori a reddito medio e basso.

In Argentina, inoltre, circa la metà delle case non ha accesso alla rete del gas. Questo moltiplica i costi di riscaldamento e di sopravvivenza durante i mesi invernali. Nonostante ciò, ad agosto il ministero per l’energia ha decretato la deregolamentazione del prezzo del gas di petrolio liquefatto (GPL), eliminando i prezzi massimi di riferimento. Nella risoluzione 216/2024, che ha liberalizzato il costo delle taniche di gas, il governo sostiene che la norma “mira a non ostacolare più l’esercizio delle libertà individuali nella sfera contrattuale, in conformità con i principi della libertà di mercato”. Secondo il quotidiano Río Negro, la misura ha avuto effetto immediato: nella città di Neuquén, ad esempio, in tre giorni il prezzo di una tanica da 10 kg è passato da 8.500 a 14.000 pesos. Il governo ha deciso di bloccare l’accesso al gas in bombole durante uno degli inverni più freddi degli ultimi sessant’anni, quando le temperature estreme stavano creando caos in tutto il paese. E’ stato solo il pizzico di crudeltà che mancava alla combinazione energetica di Milei.

Le ragioni che anticipano le possibili interruzioni non sono nuove: il sistema nazionale non è sufficiente a coprire l’aumento della domanda di consumo di elettricità. Nelle ultime estati, infatti, si sono evitati blackout massicci importando energia, soprattutto dal Brasile.

Le cifre pubblicate da INDEC (l’agenzia governativa argentina incaricata della raccolta ed elaborazione statistica) a questo proposito sono brutali. Il prezzo dell’insieme dei servizi legati all’energia è aumentato del 352% nell’ultimo anno nella Grande Buenos Aires e si sono registrati aumenti simili anche nel resto del paese. Nello stesso periodo, tuttavia, i redditi delle famiglie sono cresciuti dell’87,5%. Il conto è chiaro: le tariffe sono aumentate quattro volte più dei redditi.

Gli aumenti sproporzionati delle tariffe hanno provocato mobilitazioni in tutto il paese. A settembre, un gruppo di utenti ha dato fuoco a degli pneumatici davanti a una filiale di EDET a Tucumán. Il mese successivo, un gruppo multisettoriale di Río Grande, nella Terra del Fuoco, si è mobilitato per reclamare l’accesso all’energia. Le storie si ripetono di fronte all’insostenibile: le famiglie devono scegliere tra l’acquisto di cibo e il pagamento delle tariffe, i debiti aumentano, organizzano lotterie per pagare l’elettricità e denunciano aumenti di oltre 10 volte rispetto all’anno precedente. Di fronte a questa situazione, il Foro Multisectorial Contra los Tarifazos ha convocato un blackout nazionale per il 31 ottobre.

Tutto il potere alle imprese

A un’estremità del sistema c’è il consumo, all’altra l’estrazione e la produzione di energia. Un settore che è stato chiaramente strategico per il governo fin dall’inizio del suo mandato. Infatti, la metà degli articoli della Ley de Bases (Legge Fondamentale) approdata al Senato ad aprile, corrispondono al capitolo sull’energia. Il testo esplicita che l’obiettivo della politica energetica è la “massimizzazione del reddito ottenuto dallo sfruttamento delle risorse”. Le aziende possono fissare i prezzi e sono autorizzate a esportare liberamente, a meno che non ci sia un’obiezione specifica da parte del Ministero per l’Energia.

La Legge ha definito una serie di privilegi per gli investitori attraverso il Regime di Incentivazione per Grandi Investimenti (RIGI). Lo strumento sancisce la perdita di sovranità nella misura in cui consente di sottoporre eventuali controversie con gli investitori all’arbitrato internazionale invece di essere risolte nei tribunali nazionali. Il RIGI concede inoltre una serie di benefici fiscali ed economici che non possono essere modificati da nuove normative. Un regime di garanzie esagerate il cui scopo è quello di attirare le grandi imprese globali nello sfruttamento gli idrocarburi nel paese, con particolare attenzione alla zona di Vaca Muerta ma anche al Mar Argentino.

Tuttavia, il sogno di esportare da Vaca Muerta per risolvere i problemi macroeconomici dell’Argentina non è nato con il mileísmo. La forza di Vaca Muerta come politica energetica centrale contiene la crepa argentina fin dagli inizi del progetto. Il suo sfruttamento è stato un passaggio di testimone da parte dei governi dell’ultimo decennio, ognuno con le proprie sfumature e i propri settori imprenditoriali da cui trarre vantaggio. Milei ha quindi ricevuto un modello energetico sostenuto per consenso.

Ma non è l’unica cosa, perché si è preso anche uno degli anelli più deboli della politica degli ultimi governi, sia progressisti che liberali: la situazione del settore elettrico. L’arretratezza dell’infrastruttura di rete, l’elevato consumo di alcuni settori industriali, il comportamento frivolo di alcune delle aziende privatizzate – come Edesur, rilevata nel 2023 – e l’incapacità di stabilire un criterio razionale di sussidio per le tariffe del settore residenziale configurano lo stato del settore che Milei si è visto consegnare. Un contesto che gli permette di portare avanti gli obiettivi di liberalizzazione senza grosse difficoltà. Quelle polveri hanno portato questo fango.

Mi taglieranno l’elettricità in estate? Questa domanda non ha risposta perché oggi la politica energetica è in uno stato di incertezza. Cammesa ha lanciato un avvertimento, il Capo del Governo ha detto una cosa, il ministro dell’energia un’altra. Ora quel ministro dell’energia non c’è più. Si lascia dietro, come impronta, un’eredità di deregolamentazione e di mancanza di coordinamento.

Costruendo la sua forza su un terreno debole, il governo ha innanzitutto messo in campo una critica al modello di sussidi al consumo che sono stati applicati dai governi precedenti. Si è posto l’obiettivo di assumere il controllo del settore privato in modo da ripristinare, nel suo gergo, sia la catena dei pagamenti che i segnali dei prezzi. La sua ricerca è pura ideologia: si tratta di consegnare tutto il potere alle imprese in un contesto di “libera concorrenza” che, secondo questa prospettiva, permetterebbe di regolare il sistema attraverso i prezzi.

Sotto questo aspetto, il sogno di Milei dialoga con la visione ultraliberista dell’energia sperimentata dal governo di Mauricio Macri. Infatti, il suo primo ministro dell’energia, Juan José Aranguren, applicò il “tarifazo” con la promessa che avrebbe permesso l’ingresso di nuove aziende, una mossa il cui risultato a medio termine sarebbe stato un calo “naturale” dei prezzi. Lo stesso vale per l’attuale governo, che ha decretato la liberalizzazione dei prezzi del gas liquefatto, assicurando che la deregolamentazione “produrrà una maggiore efficienza economica e stimolerà gli investimenti, producendo così un progressivo miglioramento in termini di ampia concorrenza e portando il mercato locale del GPL agli standard internazionali”.

Questo è il punto in cui quest’anno i due principali obiettivi economici del governo si sono scontrati. Da un lato l’eliminazione dei sussidi gli ha permesso di avvicinarsi all’obiettivo del deficit zero, ma l’aumento dei prezzi dell’energia ha avuto un impatto sull’inflazione, motivo per cui il piano di aumenti progressivi ha dovuto essere rimandato di mese in mese. Mariela Belijansky, sottosegretaria alla pianificazione energetica, ha dichiarato di avere la risposta a questo possibile conflitto. Durante l’audizione pubblica sugli aumenti tariffari all’AMBA, ha sottolineato che “gli aumenti tariffari, lungi dall’aumentare l’inflazione, la ridurranno”. La misurazione dell’inflazione di un mese non deve essere confusa con l’inflazione a medio termine, ha detto aggiungendo che “l’aumento delle tariffe sarà compensato perché senza inflazione gli altri beni dell’economia non aumenteranno”. Un chiaro segno della tensione che il liberalismo pragmatico deve affrontare per liberarsi del liberalismo teorico.

In pratica, i risultati dei primi dieci mesi del governo Milei sono abbastanza chiari. Il quadro di pressione sull’inflazione più l’esperienza del governo Macri hanno portato a un aumento delle tariffe più graduale di quello applicato da Aranguren, e comunque sostenuto. L’equazione che contrappone l’aumento delle tariffe alla perdita di reddito non va bene a nessuno tranne che, ovviamente, agli imprenditori del settore. Per esempio Edenor, un altro dei distributori di energia elettrica privatizzati, ha dichiarato alla Commissione Nazionale dei Valori (Comisión Nacional de Valores) un profitto operativo – cioè non finanziario – di 86,65 miliardi per il primo semestre dell’anno. Si tratta di un aumento del 261% rispetto al primo semestre dell’anno precedente.
 

Domande aperte e un obiettivo chiaro

Mi taglieranno l’elettricità in estate? Questa domanda non ha risposta perché oggi la politica energetica è in uno stato di incertezza. La Cammesa ha lanciato un avvertimento, il Capo del Governo ha detto una cosa, il ministro dell’Energia un’altra. Ora quel ministro non c’è più. Si lascia dietro un’eredità di deregolamentazione e di mancanza di coordinamento. Cambia qualcosa con Maria Tettamanti? In linea di principio sembra che siano tutte figurine intercambiabili in uno schema di gestione dell’energia che ha un obiettivo chiaro.

Il prezzo di tutti i servizi legati all’energia è aumentato del 352% nell’ultimo anno nella Grande Buenos Aires e si sono registrati aumenti simili nel resto del paese. Nello stesso periodo, tuttavia, i redditi delle famiglie sono cresciuti dell’87,5%. Il conto è chiaro: le tariffe sono aumentate quattro volte più del reddito.

I risultati del sistema del liberismo ideologico e di quello pragmatico possono essere visti come in una foto. Da un lato più della metà della popolazione impoverita, con redditi non sufficienti a coprire l’acquisto del cibo, esclusa dall’accesso ai servizi di base. Sul lato opposto, un piccolo angolo di aziende e uomini d’affari che si arricchiscono spudoratamente e al centro, con i pollici al cielo e sorrisi decisi, la squadra di ultra-liberisti di Milei e gli indebitati recidivi che capitalizzano un sistema energetico già precario, orientato produttivamente verso l’esterno. Ciò che estraggono dalla maggioranza del paese diventa il profitto di quei pochi. È per questo che gli sciocchi ridono. Perché, nonostante il fatto che il bilancio delle conquiste non si chiuda per loro da nessuna parte, questa immagine di resa e di disuguaglianza ultraliberista fa parte dei loro obiettivi, indipendentemente da chi sia a capo del Ministero dell’Energia.

→ Originale in spagnolo in OPSur-Revista Crisis 

* Traduzione di Marina Zenobi per Ecor.Network

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