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Operai e disoccupati bloccano Gela

I manifestanti chiedono l’immediata apertura di un tavolo d’emergenza da parte del governo nazionale e di Renzi in persona; insistono inoltre su un’accelerazione del processo di bonifica e riconversione del petrolchimico da parte di Eni in “green rafinery”, interventi che – a detta soprattutto dei sindacati – aiuterebbero a mantenere i livelli occupazionali e, dunque, le possibilità di sopravvivenza per Gela. Questi lavori erano stati annunciati nel 2014 ma, a causa dei mancati accordi programmatici con Stato, Regione e sindacati, non sono mai stati realizzati. Intanto domani dovrebbero aggiungersi i diretti dipendenti di Eni per uno sciopero nazionale dei chimici già da tempo annunciato.

I sindacati annunciano una protesta ad oltranza e, nel frattempo, organizzano i blocchi: quello sulla strada verso Catania, il secondo sulla strada diretta a Licata, e il terzo proprio di fronte la raffineria.

Vale la pena ricordare come proprio il sito Eni di Gela sia stato negli ultimi mesi al centro di polemiche in occasione della firma (presenti sindacati, Stato e Regione) del cosiddetto “protocollo di Gela” che vincola il rilancio del sito e la sua riconversione green in cambio delle licenze per le trivellazioni esplorative a largo di Licata. Insomma un ricatto da parte della multinazionale partecipata dallo stato: investimenti in cambio di nuovi sfruttamenti ambientali. Tutto ciò in barba ad ogni decenza se si pensa che, proprio a causa della raffineria Eni, quello gelese è uno dei territori più inquinati d’Italia; e nonostante tutto, le istituzioni continuano a favorire i ricatti industriali già utilizzati altrove: investimenti-lavoro opposti alla tutela della salute.

Contraddizioni simili hanno in passato rischiato di creare schieramenti contrapposti: chi spingeva per l’attuazione del protocollo nella speranza di mantenere un accesso al reddito; e chi invece in questo protocollo vedeva il pericolo o per la salute propria e del proprio territorio o addirittura una minaccia al proprio di lavoro (si pensi al settore ittico nel canale di Sicilia).

Oggi – ci raccontano –siano in piazza e nelle strade altre le recriminazioni: non già l’attuazione del protocollo ma l’immediato avvio delle bonifiche (circa 2 miliardi di euro, a fronte però di numeri molto superiori previsti per l’affare “trivelle”) e misure di sostegno al reddito dei cittadini gelesi. “Uniti si vince”  -scrivono i dirigenti sindacali che si preparano anche allo sciopero di domani sperando che alla rabbia dei lavoratori dell’indotto (è appena scaduta la cassaintegrazione cui erano costretti da due anni) si unisca quella dei dipendenti Eni messi continuamente sotto la scure del “ridimensionamento dell’impianto”.

Continueremo a seguire la protesta nelle prossime ore

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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