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Per l’acqua, contro il nucleare

Nel leggere ed ascoltare, in questi giorni, i commenti e le aspettative pre-voto dei tanti che si sono spesi per i referendum contro la privatizzazione dell’acqua e per il rifiuto dell’energia nucleare si percepisce pure la meraviglia di un lavoro certosino che ha incrociato – irrimediabilmente e coscientemente! – una realtà italiana in sommovimento, puntellata dall’attivismo di una eterogenea composizione sociale e inviluppata nel bel mezzo della crisi del berlusconismo.

Le campagne per i Si hanno riempite le piazze delle ultime settimane, in ogniddove i comitati per i Si hanno organizzato iniziative e azioni. Incredibile è guardare al cammino compiuto in questi anni, come scrivevamo sopra, e lo è quantomai nella prospettiva percepita – in termini di massa – di potercela fare a vincere questo segmento di battaglia, sfruttando lo strumento del referendum per poter aggiungere ulteriore difficoltà ed opposizione in faccia alla controparte che lavora tenacemente contro i beni comuni, per l’espropriazione dell’insopprimibile diritto all’acqua pubblica, per l’installazione di centrali nucleari in territori che verrebbero così avvelenati per la cinica frenesia del ‘partito dell’energia della morte’.

Due sono le questioni dirimenti che restano aperte, o meglio, sul tavolo della due giorni di referendum: il superamento del quorum per la validità del referendum, la politicizzazione che assume il voto dentro la crisi governativa.

La barriera potenziale del quorum è il tema che sta tenendo più di tutto banco sulla scena referendaria: i comitati stanno facendo calorosi inviti a riversarsi nelle urne per mantenere viva la speranza di portare a termine il lavoro impegnativo e diffuso fatto fin qui, ‘bilico’ ‘incertezza’ ‘fiducia’ sono le parole che si rinvengono nell’attesa dell’apertura dei seggi, certo è che diventa importante la partecipazione di tutti e tutte ad una tornata elettorale che è ben qualcosa di più di una croce di delega ed esonero…

L’altra faccia della medaglia dei referendum ce la consegna l’attualità politica che stiamo vivendo nel nostro paese, che va ad assumere una valenza sostanziale nel procedere della politicizzazione dei Si e dei No, oltre la vertenza referendaria e immediatamente politica nell’avversione del governo Berlusconi. Le cocenti sconfitte del Partito delle libertà e della Lega Nord alle elezioni amministrative ci restituiscono e incrementano la crisi dell’asse berlusconiano, nella misura in cui in tante città i responsi elettorali si sono manifestati come manifestazione dello scontento e della protesta, estirpando dalle mani dei berluscones una città simbolo come Milano, una presunta vittoria certa a Napoli e facendo traballare le roccaforti leghiste al Nord. La fase e le mosse di B. hanno fatto diventare anche i referendum abrogativi un’ennesima prova del nove per la tenuta del governo, immerso dentro quella che in tanti salutano come l’avvio del tramonto berlusconiano. Silvio ha fatto arrivare nelle case degli italiani il suo invito ad ‘andare al mare’, per l’ottenimento della sconfitta dei referendum contro i quali ha giocato tutte le carte possibili per svuotarli o annullarli, non riuscendoci ma traendo – sembra – l’esito opposto (dal decreto Omnibus alla richiesta alla Corte Costituzionale). Questa mattina su Il Sole 24 Ore c’era chi azzardava un paragone con il Craxi del 1991, che investì energie contro il referendum per la preferenza unica ed ottenne – in sua avversione – un’altra onda di partecipazione di protesta e delegittimazione. Evidente è la confusione e la difficoltà che impera nel fronte della destra di governo sul voto: c’è chi disobbedirà agli ordini di scuderia e si recherà alle urne, c’è chi sta dando coordinate differenti per tenere testa ad una base disorientata, c’è chi andrà discretamente al mare con Silvio; palese è – qualunque sia il responso referendario – che la destra continua ad essere la principale nemica di se stessa, giocando goffamente e male, sprofondando nel suo tracollo politico.

Se, come riportano gli analisti del voto, la stagione del non voto referendario si protrae dal 1994, da oltre dieci anni, per l’ottenimento del quorum e per la vittoria dei Si, il 12 e il 13 giugno sono le occasioni nelle quali spezzare la continuità dell’ultima manifestata tendenza, nell’importanza dei quesiti nelle urne, per la rivendicazione della preservazione del carattere pubblico e comune di un bene inalienabile come l’acqua, per la rottura dei piani mortali e dannosi della lobby che vorrebbe il ripristino del nucleare, quindi per la comminazione di una politica pedata al governo della crisi.

I referendum possono diventare opportunità diretta per frenare i progetti del capitalismo dei disastri, rifiutando i dispositivi di privatizzazione e danneggiamento, momento tattico di partecipazione dentro i cicli supremi delle lotte sociali.

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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