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Zad del Tarn a Siviens si mobilita una milizia blu

Contro la Zad del Tarn a Siviens si mobilita una milizia, che le autorità locali lasciano fare, nonostante le minacce a persone, le aggressioni, i danni a persone e cose, le violenze gratuite e il tentativo di instaurare un regime di terrore.

Nel Tarn si vuole costruire una diga. La sia vuole costruire su una zona boschiva ritenuta una delle ultime più ampie zone umide più ricche di biodiversità del territorio del Tescou, con 94 specie animali protette. Una superficie di 18,8 ettari di cui il 68% (12,7 ettari) saranno interessati dai lavori di sbarramento delle acque.

Sbarramento che interessa la Foresta di Sivens: avrà una capacità di 1,5 mln di m3, sarà lungo approssimativamente 15 km, largo 230 m, con una profondità di 4 m e un muro di contenzione di 12,8 m,  interesserà complessivamente 48 ettari di superficie. Costerà al contribuente francese 8,4 mln di euro, perché sarà finanziato al 100% da fondi pubblici.

Una diga di grandi dimensioni e dai costi eccessivi per una Francia al collasso. Una diga studiata 40 anni fa per l’irrigazione di zone agricole che già vengono nutrite da un complesso sistema di canali esistenti, mettendo però a repentaglio una delle ultime zone boschive, che naturalmente controllano sia l’irrigazione, sia l’esondazione, sia i periodi di secca.

Sono così sorti gruppi di oppositori come il collettivo di Bouilles nel 2013 per difendere la Valle del Sivens, una Zad (Zone à défendre); nacque il collettivo Testet che vi si unì. Nacque nel 2014 una milizia, che di converso appoggiava e appoggia l’opera, ma attraverso intimidazioni, scontri aperti, assalti notturni, saccheggi ai presidi. Fino al settembre del 2014, quando la tensione è salita alle stelle, il ministero dell’Ecologia e dell’Energia sostenibile vuole vederci chiaro e chiede un rapporto di valutazione sul progetto. Il 26 ottobre si tiene una grande manifestazione che degenera, assalti delle truppe antisommossa, scontri. Rémi Fraisse, di ventun’anni, rimane gravemente ferito da un lacrimogeno. Morirà di lì a poco. Nessun responsabile.

E la tensione resta alta, si sposta su un piano politico. I deputati cominciano l’aggressione nelle loro dichiarazioni pubbliche, ma negano confronti sul piano tecnico che la Zad pervicacemente richiede per stabilire, tecnicamente, documenti alla mano, a che cosa debba, possa servire una diga su un territorio che perderebbe quasi il 70% di una zona forestale che “naturalmentne” già serve il territorio, con costi che i contribuenti oggi non possono sostenere. Un interesse che viene fatto passare per pubblico e che investe soltanto chi ne è coinvolto direttamente denunciano: politici, imprenditori, ditte.

Nel frattempo la milizia imperversa.

Per sabato 7 febbraio viene prevista al presidio di Sivens la presentazione del libro Sivens, sans retenue, edizioni de la Lenteur, che raccoglie testi sulla lotta al progetto della diga. Presentazione con pranzo al presidio, alla Zad.

La mattina la milizia pro-diga è pronta, blocca l’accesso alla carrabile e la dipartimentale 999. La gendarmeria locale si presenta, da lontano e lascia fare. Gli attivisti che arrivano in auto restano tagliati fuori dal presidio. Nel frattempo due attiviste vengono minacciate di morte, un altro si trova l’auto capottata in un prato, a un terzo che tenta di forzare il blocco costa uno specchietto retrovisore.

Una situazione analoga vive chi l’indomani decide di recarsi al presidio: milizia che blocca le strade e polizia distante a sorvegliare. Ma alla Zad è un’assemblea a cui partecipare e glia attivisti hanno ferma intenzione di raggiungerla. C’è anche un cameraman di France 3, che riesce a scattare qualche foto prima di essere allontanato, perché il “controllo di routine” non si può evitare. Quello della polizia, alla rotonda di Sainte-Cécile. I miliziani restano a fare il loro blocco indisturbati però.

Gli attivisti lasciano le machine fuori dal bosco, proseguono a piedi, vengono scortati da lontano all’andata, molto più da presso al ritorno, quando la gendarmerie intima loro di lasciare il luogo al più presto “perché potrebbe essere pericoloso”.

Tanto più passa il tempo, tanto più l’apertura al dialogo per il sindaco di Isle-surTarn come del prefetto restano sulla carta, tanto più i media mainstream incitano alla costruzione della diga e all’odio irrazionale verso la Zad, tanto meno la razionalità di documenti come “priorità e ottimizzazione delle risorse idriche sottoutilizzate” verranno aperti su una tavolo di contrattazione ed esaminati.

Non è la milizia, che minaccia, aggredisce, assalta, distrugge, blocca, a essere posta sotto processo ma la Zad. Soltanto il 7 febbraio si è svolta l’ennesima udienza al tribunale di Albi contro zadaisti occupanti terreni privati, con richiesta reiterata ab libitum di sgombero, fatta slava la disperazione in cui la Zad getta le autorità spostandosi e ricreandosi altrove, anche soltanto in un terreno affianco a quello da ui è stata cacciata.

Ma la questione interessa Sivens e Gaillac, interessa l’aeroporto di Nantes (Notre-Dames-des-Landes) interessa la Val di Susa e moltissime altre realtà. Interessa cioè chi difende un territorio e diventa oggetto di scherno, menzogna, inchieste e processi, galera o omicidi di Stato prima ancora di essere ascoltato sulle ragioni della lotta. A quali interessi giova soprafarre i cittadini attingendo alle loro tasse per costruire opere inutili e costose? Domanda retorica.

Le lotte territoriali in tutta Europa stanno diventando il poligono di tiro delle autorità per sperimentare forme di repressione su piccola scala.

Fonti: «collectif-testet.org», «mediapart», «wikipedia.fr», «streetpress», «LeDepeche», «20minutes», «LeFigaro»,  «Le Parisien»

da omissisnews

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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