Bagarre nella Fiom
Colpisce la durezza con cui Landini e Airaudo stanno lavorando alla cacciata della sinistra Fiom dalla segreteria nazionale.
Colpisce perché mai era stato messo in discussione in Fiom il diritto al dissenso, la possibilità cioè che su alcune questioni si potessero registrare opinioni differenti anche all’interno della segreteria. E’ sufficiente leggere dal sito Fiom i materiali dei comitati centrali degli ultimi dieci anni per averne testimonianza indiscutibile. Mai nessun segretario generale era arrivato al punto di convocare il comitato centrale a porte chiuse, peraltro con un ordine del giorno inquietante: “rapporto politico sull’organizzazione”, per porre in discussione l’opportunità della mia presenza in segreteria.
Mai si era arrivati al tentativo, peraltro infruttuoso, di azzerare la segreteria con le dimissioni di due segretari su 4 pur di cacciare il dissenso.
Perché?
La questione è squisitamente politica, nonostante i goffi tentativi di qualcuno di metterla sul piano personale.
C’è la svolta della Fiom, radicale, netta. Con la proposta Landini Airaudo di un patto alle imprese non solo c’è la cancellazione sostanziale della piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale, senza nessun passaggio democratico tra i lavoratori che l’hanno approvata, ma si chiude un’intera stagione di contrasto alle scelte di padronato e governo. E’ del tutto evidente che qualora le imprese dovessero avanzare la disponibilità ad affrontare il terreno proposto da Landini-Airaudo la discussione precipiterebbe sul riconoscimento integrale del Ccnl separato del 2009, dell’accordo del 28 giugno sulle deroghe. E non vi sarebbe possibilità alcuna di mobilitare i lavoratori, perché la strada del patto non prevede il ricorso al conflitto ovviamente. Un’operazione che disarma quindi la categoria, ne mina le capacità conflittuali, illude delegati e quadri di una possibile composizione mediata che in realtà può avvenire solo con una nostra resa. La proposta di un patto alle imprese da parte della Fiom cancella inoltre ogni contrasto all’avvio di un tavolo di confronto confederale sulla cosiddetta produttività che ha come unico obbiettivo affermare una volta di più il modello Marchionne sugli orari di lavoro. Era accaduto così anche sul mercato del lavoro, quando molta sinistra politica e sociale vaneggiava improbabili conquiste su reddito di cittadinanza, lotta alla precarietà ecc.
Sogni e speranze illusorie che si sono infrante sull’unico vero obbiettivo che la Fornero aveva chiarito sin da subito: cancellare l’art.18. Nessuno (tranne qualche compagno del Comitato Centrale) ebbe il coraggio di chiedere che quel tavolo non si aprisse senza un mandato dei lavoratori. L’ovvia conclusione è stata che abbiamo perso l’art.18. Una Fiom che tenta l’operazione del patto è ovviamente una Fiom che deve dismettere qualsivoglia opposizione sociale, politica nei confronti del governo, del padronato e che deve dismettere anche l’opposizione in Cgil. Non si può chiedere il patto alle imprese e confliggere con esse. Semplicemente perché i padroni ti direbbero: o uno o l’altro!
Per queste ragioni il dissenso è considerato incompatibile nella discussione, ad ogni livello. Sbaglia chi pensa che il problema sia solo nella segreteria nazionale per la responsabilità che porta. Il segnale che viene da Landini Airaudo, con buona pace di tante battaglie per la democrazia interna alla Cgil e nel paese, è la dichiarazione di incompatibilità del dissenso nell’organizzazione. E così i gruppi dirigenti la interpreteranno a ogni livello della Fiom. Il resto delle accuse che mi viene rivolto è talmente assurda che rispondere sarebbe riconoscerne la legittimità. Accuse che mi rappresentano dietro a ogni contestazione, incidente e ogni altra bestialità contro Landini.
In questa torsione autoritaria si cancella ogni percorso di costruzione collegiale e plurale delle scelte, si costruiscono sempre più gruppi dirigenti sulla lealtà acritica. Non è un caso che una linea conflittuale marci sempre insieme ad una pratica democratica. Quando viene a mancare il conflitto, viene meno anche la democrazia interna prima e nel rapporto con i lavoratori dopo.
Come giudicare il fatto che la proposta del Patto alle imprese è arrivata ai mass-media in conferenza stampa prima di essere approvata dal Comitato Centrale?
O che venga discusso e approvato, fatto mai accaduto , un ordine del giorno sull’unità della Fiom per poi due minuti dopo tentare l’azzeramento della segreteria?
Dispiace che ci sia una divisione così profonda? Dire si è un’ovvietà. Più che un dispiacere è un dolore profondo per le conseguenze sui lavoratori e le lavoratrici, sul sindacalismo conflittuale in Italia. Ed è proprio per questa ragione che rivendico la continuità delle scelte congressuali, del diritto al dissenso, della democrazia, del valore del conflitto sociale. A coloro, pochi in realtà, che rimproverano il mio presunto carrierismo dico sommessamente che alla silenziosa difesa del posto ho scelto la rumorosa difesa delle ragioni che penso essere dei lavoratori, in coerenza con gli ultimi dieci anni della Fiom.
Sergio Bellavita
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