“Pandemia: sintomi di una crisi ecologia globale” – ciclo di interventi online dentro e contro l’emergenza
Lo scorso 8 aprile è iniziato un ciclo di interventi online organizzato da una rete composta da varie realtà di ecologia politica, per parlare della crisi pandemica secondo una prospettiva diversa da quella mainstream.
Perché a differenza di quello che la narrazione sistemica vorrebbe far trapelare, il Covid-19 è legato con un filo molto stretto a quelle che sono le conseguenze delle devastazione ambientale, che i movimenti ecologisti cercano di denunciare da tempo. Le stesse rivendicazioni che già venivano espresse a gran voce da quei movimenti, oggi più che mai, visto le scenario che si sta delineando e le prospettive ancora una volta di devastazione e sfruttamento scellerato di vivente e territori, trovano più che mai ragion d’essere. Pare evidente infatti che il sistema capitalista neoliberista non sia intenzionato a cedere di un millimetro, anzi, cerca di approfittare della situazione per radicarsi ancora di più e sacrificare la vita per l’aumento dei profitti e per trovare il modo di portarli avanti. Basta buttare un orecchio alle dichiarazioni di Conte nel suo discorso di ieri, per sentire una retorica che sicuramente predilige un’azione che faccia gli interessi di Confindustria piuttosto che della salute delle persone.
Se ripercorriamo i vari interventi che hanno composto il ciclo fino ad ora, riusciamo a delineare bene quelle che sono le responsabilità e le traiettorie del capitale rispetto alla crisi pandemica. Partendo proprio dalla parola “crisi”, assieme a Maura Benegiamo (sociologa e ricercatrice associata presso il Collège d’Étude Mondiales di Parigi; POE ) si è analizzato come il sistema neoliberista basi il proprio modello di sviluppo scommettendo sul rischio e il suo continuo spostarne l’asticella, perché le crisi, oltre a creare nuove prospettive di investimento, sono essenziali per la sopravvivenza del capitalismo, poiché grazie ad esse trova il modo di reinventarsi e di rafforzarsi. Il modo in cui poi giustifica le drastiche conseguenze da esso stesso prodotte, è naturalizzando le catastrofi come qualcosa di inevitabile e indipendente dal perpetuarsi di un’azione di mutamento continuo sulla biosfera, per una continua ed inarrestabile accumulazione di ricchezza. Chi avrà saputo scommettere bene sul rischio, si arricchirà, mentre le conseguenze ricadranno sempre sulle classi più deboli e sfruttate, sia in termini di salute che di disagio socioeconomico. Nel frattempo si cercherà di modificare ancora gli assetti precedenti, alimentando il divario tra sfruttatori e vita sfruttata e incentrando la ricerca scientifica verso soluzioni che non facciano fronte alle problematiche prodotte, ma alla ripresa a pieno ritmo dello sfruttamento (Covid-19: accumulazione del rischio e conflitti nel neoliberismo – si veda qui e qui).
Covid-19:accumulazione del rischio e conflitti nel neoliberismo). Questo modus hoperandi e le sue conseguenze, pagate sempre dalle solite persone, anche in termini di sofferenza e salute mentale, è stato spiegato bene nell’ incontro seguente dalla testimonianza di Michael Tortorella (attivista del comitato di quartiere Città Vecchia Taranto), che facendo riferimento al caso tarantino, ha delineato come il capitale cerchi sempre di normalizzare le sue nocive conseguenze, mirando a farle assorbire e assumere alla popolazione come qualcosa di inevitabile e senza responsabili, mentre la produzione e i suoi danni continuano. Questo è qualcosa che sul territorio pugliese va avanti da più di cinquant’anni, a causa dei veleni prodotti dall’ Ilva (ora Arcerol Mittal), particolarmente sentiti durante i “Wind Days”, che costringono le persone a chiudersi nelle proprie abitazioni, mentre il messaggio che viene fatto trapelare è di abituarsi a questa condizione come normale. Qualcosa che ci ricorda quello che ora vediamo riprodotto a tutto il territorio nazionale, con decreti che intimano alle persone di stare a casa, ma che non bloccano le fabbriche e che, in termini più ampi, riscontriamo su scala globale (La normalizzazione e la standardizzazione del dolore e della morte: qui e qui).
E proprio durante la quarantena, un dover stare a casa per far fronte a nuove nocività, chi si sobbarca tutto quel lavoro invisibile, ancora più essenziale in una situazione emergenziale come questa, che è il lavoro di cura? Sono come sempre le donne, che vista la gran parte della società costretta a vita domestica, si ritrovano in una situazione ancora più esasperante, di lavoro senza sosta caricato sulle loro spalle dentro alle mura di casa, che rendono ancora più difficile la relazione con l’esterno in caso di bisogno d’aiuto. Questo e quanto siano necessarie nuove reti di solidarietà attiva dal basso è stato spiegato nell’intervento di Marie Moïse (ricercatrice della rivista Jacobin Italia) e Dario Firenze (psicologo in formazione e attivista dello sportello #NONSEISOLA di Ri-Make). Oggi la solidarietà può assumere connotati nuovi e diventare una nuova forma di relazione di cura, questa intesa non più come orientata alla riproduzione sociale di un sistema basato sullo sfruttamento e la violenza sulle donne, bensì dedita ad interrompere l’isolamento e a riprodurre un sistema sociale basato sulla cura reciproca e in conflitto con le asimmetrie strutturali esistenti (Cura e distanziamento sociale in tempi di Covid-19).
La crisi che stiamo attraversando è infatti un terreno di contesa, perché se da un lato il capitalismo cerca di reinventarsi come ha sempre fatto, dall’altro mai come oggi si vedono crepe, spiragli e potenzialità da ampliare per far franare l’ordine costituito e immaginare la costruzione di una realtà differente. Nell’intervento di Salvo Torre (Università degli studi di Catania, POE) si è parlato proprio della grande trasformazione storica in corso, di quanto il capitalismo stia mostrando con estrema violenza tutte le sue contraddizioni ora che si è mostrato nella sua forma più pura. Se si prospetta un grande sconvolgimento politico sociale che sancirà un radicale cambiamento delle istituzioni moderne, sicuramente ci sarà lottare perché l’alternativa che proponiamo non venga assorbita e perché siano visibili i percorsi concreti e attuabili che si stanno aprendo. Tutto il pianeta e ciò che vi vive viene sfruttato fino ad essere prosciugato, si ammala, soffre e continue crisi si manifestano, la Terra sta diventando un luogo sempre più inospitale e i primi a pagarne le conseguenze già da adesso si vede chi sono. Il capitalismo quindi non solo ti ruba la vita, relegando la tua esistenza alla sua riproduzione, ma sei anche quell* che si becca in primis le sue nocività e anche le conseguenti crisi economiche. Chi sta pagando con la vita questa pandemia? E chi pagherà il tentativo del capitalismo di riassettarsi? Chi pagherà con la vita per il riscaldamento globale e per le prossime crisi ecologiche? Se per la prima domanda dovranno rendere conto, per le altre due non dovranno esserci i presupposti per cui a pagare saremo noi. Adesso è il momento di immaginare come attuare nuove forme di società, in cui le relazioni con l’ambiente, con gli essere umani e non umani e con noi stessi siano basate sulla convivenza reciproca e non sulla prevaricazione (Mondi possibili. Costruire il futuro, difendere il vivente).
Sicuramente è necessario iniziare facendo trapelare un’altra narrazione. Riuscire ad analizzare e capire quali siano state le cause e ciò che ha contribuito alla diffusione del Covid-19, ci permette di smascherare un sistema che cerca di nascondere le proprie responsabilità a più non posso. Come è stato spiegato assieme a Gianluigi De Gennaro (professore associato all’università di Bari) e Francesca Dominici (Harvard University), il virus viene veicolato da un’altra conseguenza nociva del capitalismo, ovvero dal PM10, particolato estremamente dannoso, presente nell’aria inquinata, che fa da trasportatore del virus, il quale vi si attacca (Covid-19 e inquinamento dell’aria).
Del resto la stessa presenza di PM10 nell’aria che respiriamo viene alimentata anche da quell’industria che ha fatto entrare in contatto l’essere umano con il Coronavirus, ovvero quella alimentare. Ma ciò precisamente com’è avvenuto? È stato descritto per filo e per segno, da Ettore Camerlenghi (Monash University-Melbourne) e Silvio Paone (Università la Sapienza-Roma): distruggendo gli ecosistemi, disboscando intere foreste per avere spazio per monocolture e allevamenti intensivi, si alterano i delicati e millenari equilibri tra specie, cosicché virus a noi sconosciuti debbano trovare nuove case, che individuano proprio negli animali domestici privi di qualunque barriera immunologica che compongono gli allevamenti. Dopodiché il passaggio all’essere umano è immediato (Ecologia e Pandemia: biodiversità, estinzione e malattie infettive emergenti).
È evidente come la crisi che stiamo vivendo abbia radici nel lungo processo di devastazione ambientale e di saccheggio delle risorse per mano del capitalismo. La pandemia ci palesa gli effetti distruttivi della colonizzazione di corpi e territori, del dominio sul vivente, che controllato e reso funzionale alla riproduzione del capitale è esasperato. Possiamo vedere nitidamente le linee lungo le quali questo dominio colonialista, patriarcale, razzista e classista si articola e quindi individuare in queste le sue debolezze e immaginare nuove forme di resistenza e nuovi mondi a venire. Di questo e di come i processi di valorizzazione capitalista investono direttamente i nostri corpi, la biosfera, il vivente tutto, ma anche di come le lotte anticapitaliste possono interromperli e creare alternative, si è parlato con Alice Dal Gobbo (sociologa e ricercatrice presso l’Università di Trento, POE) (Liberare il corpo. Covid-19 tra pratiche di dominio e decolonizzazione: vedi qui).
Il ciclo di interventi prosegue, per far trapelare una narrazione differente, per individuare le contraddizioni e i punti di debolezza di un sistema da decostruire per poter finalmente far prevalere la salute di vita e territori sul profitto. Questa settimana altri due appuntamenti:
Lunedì 27/04 ore 18.30: “Pandemia_ Occupazione militare in Sardegna ai tempi del Covid-19 tra disastro sanitario sociale e ambientale” con A Foras – Contra a s’ocupatzione militare de sa Sardigna
Mercoledì 29/04 ore 18.00: “Devastazione ambientale e pandemie vs giustizia climatica e transizione energetica” con Emanuele Leonardi (Università di Parma; POE).
E il 04/05: “L’ autonomia ritrovata: agroecologia e comunità del cibo nella transizione ecologica” con Andrea Ghelfi (University of Nottingham).
Le dirette e le differite degli interventi si possono trovare sulle pagine Facebook di UTR-Ecologia Politica Bologna; Ecologia Politica Milano; Ecologia Politica-Torino; Ecologia Politica-Pisa; Ecologia Politica-Firenze e sul canale You Tube Ecologia Politica Network.
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