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Il tempo della crisi

Il caldo agosto 2011 ha visto sulla sua scena una molteplicità di eventi ed indicazioni eccezionali: l’esplosione riottosa dei quartieri di Londra traducibile come insurrezione alla crisi, la manovra berlusconiana infarcita dalle misure ‘lacrime e sangue’ da rovesciare in fucina di sollevazioni contro l’austerity, la mobilitazione perpetua del movimento No Tav in opposizione ad un cantiere che non c’è, l’onda studentesca cilena amalgamata al mix di proteste contro il presidente Pinera. Questo il raggio essenziale dell’agitata prima metà d’agosto, comunque parziale dinnanzi alla ricchezza conflittuale che ha attraversato il nostro paese e non solo, si pensi alle proteste migranti contro caporalato e Cara, alle piazze indignate in fermento (dall’ambivalenza di Tel Aviv alla potenza di Tunisi), etc. Potremmo sintetizzare: un mondo in ebollizione contro la crisi!

Con queste meravigliose tensioni siamo proiettati verso l’autunno che viene, nel compito nostrano di rimboccarci le maniche perchè, quantomai alle nostre latitudini, urge l’esigenza di piegare le situazioni della crisi, non abbandonandole al sopportato o liturgico, non accontentandoci della ritualità meccanica di un esistente franato, non pensando che la crisi abiti sempre altrove e che la comodità debba comunque solcare il selciato nostrano. Abitare nella crisi deve significare rovescio della crisi, esercizio di alterità, organizzazione e conflitto. Rimarranno stritolati coloro che si penseranno agenti della mediazione, del compromesso e della partecipazione positiva. Ce lo indicano e mostrano i sommovimenti dell’ultimo anno, fino ad arrivare a Londra e Santiago. Non c’è feticcio del riformismo che tenga, le esplosioni sociali del nostro tempo si manifestano nella loro potenza come espressione dell’incompatibile. Quadratura del cerchio compresa anche dalle nostre controparti della classe-parte capitalista, che di conseguenza sta abbozzando forme di sopravvivenza alla crisi…

Nel tempo della crisi l’Ossevatorio nazionale sulle liberalizzazioni nelle infrastrutture e nei trasporti dichiara che il Ponte sullo Stretto, il Tav della Val Susa ed il terzo valico Milano-Genova debbono essere cancellati alla luce della comparazione tra costi e benefici nell’epoca dell’austerity. Ciò è stato platealmente omesso dall’informazione mainstream. Il che però, tra le altre cose, può andare a costituire, sviluppando quanto già intelligentemente fatto dal movimento No Tav, un ulteriore punto di rafforzamento del discorso contro la crisi, in Val Susa e oltre. A partire dal coniugare il binomio NoTav/NoCrisi per caricare di ulteriore benzina un no sedimentato e potente, respingendo la mostruosità di una grande ed inutile opera, e capovolgendo la ricetta dell’italian austerity a partire da un inoppugnabile e rovente punto di forza soggettivo. La stagione autunnale contemplerà un riaccuirsi ulteriore dello scontro intorno al Tav, presagio che certo non lascia tranquilli i Si Tav (già particolarmente turbati…).

Quindi: la Cgil s’interroga sulla convocazione di uno sciopero generale contro la manovra del governo Berlusconi, smettendo per una volta i panni ritrovati della forza sindacale responsabile e immanicata nei tavoli della concertazione, il che potrebbe andare a costituire un primo importante trampolino di lancio, sfruttando l’onda dell’austerity come tornado da cavalcare per un autunno nel quale far battere il tempo della crisi…

Hammett Riot

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