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#6D We are coming!

Con il pensiero rivolto a tutti i notav e le notav colpiti dalla rancorosa (ma sterile…) vendetta delle istituzioni! Anche il #6d, come sempre del resto, decine e decine di bandiere notav sventoleranno durante i cortei che punteranno con determinazione i palazzi del potere!

Nel corso di un autunno sul quale in poch* avevano scommesso stanno moltiplicandosi differenti sprazzi di soggettività, lotte, resistenze che riteniamo vadano a comporre una costellazione di conflitti. Stiamo attraversando una movimentazione sui nostri territori che avvicina scenari conflittuali di lungo periodo (dalla Val Susa alla Sardegna, dall’Emilia post-terremoto fino all’Ilva e le molteplici mobilitazioni territoriali vive anche se non mediatizzate) ad emersioni di nuove soggettività, riproponendo la necessità di un divenire wobblies da parte delle reti organizzative.

Laddove la composizione fortemente migrante del lavoro della logistica ci ha nuovamente insegnato cosa significa lo sciopero oggi dentro e contro i posti di lavoro, le giovani generazioni che abbiamo definito “precar* di seconda generazione” stanno sedimentando negli istituti superiori e nel tessuto metropolitano embrioni di contropotere. Un percorso, quest’ultimo, prodottosi con scarti ed eccedenze, rarefazioni e salti, che tuttavia ha avuto l’importanza di conquistare una temporalità autonoma di mobilitazione.

Questo uno degli elementi di maggiore innovazione: le mobilitazioni recenti del mondo della formazione hanno superato la (seppur giusta) capacità mobilitativa vincolata a singole riforme governative. Quel passaggio dalla resistenza all’attacco, pur denso di ambivalenze e non assumibile come netta linearità, pare essersi finalmente compiuto.

Nella decomposizione della seconda repubblica questi primi embrioni di soggettivazione antagonista sono il primo passo di un nuovo movimento in costruzione contro l’austerità. Importante fissare schematicamente alcuni nodi a partire dalla scadenza del #14N: questa giornata è stata Il primo, seppur ancora non certamente sufficiente, esperimento di cosa significhi piano transnazionale delle lotte. Il lavorio spesso sotterraneo di questi anni, quello che potremmo definire come un costruire e divenire hub transnazionali dei meeting, di crisi è potentemente emerso in questa data sfociando in importanti momenti di blocco, scontro e resistenza che hanno avuto la capacità di definire controparti e terreni di rilancio.

La nuova insorgenza rivoluzionaria in corso a piazza Tahrir conferma la strategicità di un investimento militante sul Mediterraneo ribelle e risponde col fuoco della lotta a chi voleva veder chiusi i processi rivoluzionari. La temporalità dei movimenti è autonoma e si gioca su una scala spazio-temporale di lungo periodo! 

Secondo dato, sul piano locale (ma non solo): l’irreversibile crisi del sindacato che segue di poco quella della rappresentanza politica. La fine del berlusconismo trascina con sé anche le opzioni concertative e mette definitivamente in ridicolo le opzioni che sulle alleanze o coalizioni fra ceti politici hanno provato a svendere il portato conflittuale dei movimenti in cambio di avventurismi istituzionali. 

Terzo elemento, a questo connesso: l’ingovernabilità delle piazze come tratto tendenziale comune. Cortei non autorizzati, blocchi, sanzionamenti, scontri con la polizia ecc.. sono comportamenti diffusi In via di massificazione. 

A partire da queste appena tratteggiate coordinate, è ora necessario esprimere alcune considerazioni riguardo l’università. Il processo di lungo periodo di riforma permanente e costante ridefinizione dei moduli organizzativi in forma aziendale, unito allo scenario di crisi ed al governo liberale dei “tecnici”, ha dato una virata decisiva verso l’aziendalizzazione degli atenei, una prospettiva che con lungimiranza i movimenti già durante l’Onda contestavano e problematizzavano.

Consigli di amministrazione e marketing, profitti e reperimento di risorse, corporate governance e riduzione degli sprechi ecc.. il linguaggio delle nuove School esplicita questo passaggio. Laddove l’indebitamento per acquisire skills (spendibili chissà dove in un mercato lavorativo bloccato..) pare lo scenario sul quale investono i signori della crisi, è necessario tornare sul merito. 

L’ideologia su di esso basata, trasversale a tutto l’arco istituzionale, continua a mettere in forma il discorso del potere sulla ristrutturazione in corso e a funzionare quale retorica demagogica e strumento di comando. Merito come strumento nemico che nel mondo della formazione viene agitato per regolare e gerarchizzare i flussi sociali, ponendo la meritocrazia quale unica ricetta possibile per migliorare un sistema formativo che, al contempo, viene strategicamente dismesso e dequalificato.

Sempre più l’università si basa sull’irrigimentamento disciplinante, sulla taylorizzazione, l’uniformamento e l’indebitamento, sulla svalorizzazione della merce capacità-umana. Questo processo non è ovviamente liscio né unidirezionale, trovando di continuo resistenze ed alterità irriducibili alla colonizzazione capitalistica dell’umano ed alla sua traduzione in merce.. 

Non di meno, anche in seguito alla comprensione implicita della sconfitta dell’Onda, questa retorica meritocratica sembra ancora funzionare. Va però sottolineato allo stesso tempo un profondo processo di spopolamento delle università, dovuto all’esaurimento per gran parte del ceto medio in dissoluzione dei fondi con i quali finanziare la carriera dei propri figli (e sicuramente anche alla consapevolezza sempre maggiore dell’inutilità di un tale investimento) . Un processo che comporta enormi mutamenti a livello della composizione universitaria, mutamenti che necessitano di essere ben cartografati per poterli poi comprendere appieno.

A noi serve però, sin da adesso, tornare a ripetere una parolina magica: sciopero. Se l’università si fa sempre più azienda, e se giustamente si ragiona sul progressivo scioglimento dello studente universitario nella categoria più ampia di lavoratore precario (ciò nel momento in cui l’università assume un ruolo sempre più marginale come motore di ascensione sociale), allora bisogna interrogarsi su quali siano le forme per riprendersi quei tempi e quegli spazi di cui usufruire per organizzare mobilitazioni dentro e a partire dagli atenei, riappropriandosi dei profitti che produciamo e che ci vengono espropriati da questa riorganizzazione della governance.

Le forme possono essere davvero variegate. Un’idea potrebbero essere ad esempio le pratiche dei picchetti davanti ai luoghi di lezione, dei blocchi della vuota attività didattica a cui dobbiamo assistere svogliatamente tutti i giorni, ma anche della contestazione ai saperi che vengono trasmessi al’interno di questa..insomma sabotaggi reali della quotidianità universitaria (non come momenti simbolici ad uso e consumo dell’opinione pubblica). Senza dimenticare, ma anzi implementando, le pratiche di riappropriazione di reddito, di attacco alle forme di lavoro nero e sfruttamento che si danno in molteplici livelli dell’università, di rifiuto e contestazione dei momenti in cui si esplica la decisionalità delle nuove università-aziende (Cda, senati accademici..) In tutto questo, l’inchiesta assume una forma ancora più centrale, per riuscire a conoscere preventivamente (partendo da un’analisi umile della nuova composizione che entra ed esce tra metropoli ed aule) quali possono essere gli spazi di rottura nell’università-azienda riuscendo ad agirli con tempestività, dandogli direzione politica.

Il #6d sarà una giornata importantissima, che vedrà sicuramente segnare un nuovo momento di accumulo e sedimentazione nei territori di parole d’ordine e pratiche antagoniste, che mentre le mediazioni sociali vanno sempre più a dissolversi sappiano segnare la differenza e prefigurare un’alternativa. Puntare i palazzi del potere, nelle differenti forme che questi assumono nei territori, vorrà quindi dire praticare l’ingovernabilità completa dei territori oltre che delle scuole occupate a decine e decine dagli studenti medi in queste settimane. 

#6D is coming..saremo ovunque!

…il #6D ricorre anche il quarto anniversario della morte di Alexis, evento spartiacque nella storia recente della Grecia ed esempio supremo della materialità della repressione contro i movimenti. Movimenti che invece di lagnarsi, hanno ricordato il loro giovane compagno costruendo tutta la mobilitazione di cui negli ultimi quattro anni abbiamo tanto parlato e cui abbiamo tanto guardato. Il #6d Alexis verrà ricordato da chi in tutta l’Europa dei Piigs sta lottando contro quella crisi e quell’austerity che ammazzarono quel nostro giovane compagno…


C.U.A. Bologna

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