Anche insegnanti e ricercatori chiedono più soldi
Questo mese, scosso dalle numerosi provvedimenti della ministra Fedeli, ha visto anche una risposta da altri pezzi del mondo della formazione.
La protesta nelle scuole dei docenti.
Due sono state le petizioni che hanno cominciato a girare a metà agosto, che verranno consegnate alla ministra Fedeli.
La prima riguarda tutte le categorie di insegnanti e chiede l’aumento degli stipendi secondo i canoni europei, denunciando la precarietà in cui riversa il mondo della formazione , l’incubo delle classi di concorso e la mancanza di tutele sanitarie per quanto riguarda .
L’altra petizione, mossa dalle maestre e maestri delle scuole materne ed elementari, chiede l’uguaglianza fra tutti i docenti a prescindere dall’ordine e grado d’istruzione, attraverso l’equiparazione di stipendi e ore di servizio dall’infanzia all’università. Nella petizione viene evidenziato inoltre come ora per insegnare a qualsiasi grado serva una laurea, e quindi vi è una parità di qualifica fra i colleghi della formazione primaria e quella secondaria.
Le petizioni che girano in internet hanno rispettivamente più di 4500 e 6000 firme.
Anche i ricercatori universitari chiedono di più.
Le 1600 firme sono state raccolte poi dai dottorandi dell’università di Milano che, nella loro petizione sempre destinata alla ministra dell’Istruzione, chiedono delle buste paga più alte.
L’intenzione è quella di dar vita a un Comitato per la valorizzazione del dottorato e si auspica la partecipazione di tutti i ricercatori a questa mobilitazione.
Le proteste nate nell’ultimo periodo, da quella dei ricercatori a quella dei maestri delle scuole e degli accademici, ci parlano della necessità di chi lavora nell’istruzione ad avere un salario più alto, maggiori diritti sul lavoro e maggiore valorizzazione e riconoscimento. Rivendicazioni essenziali per quanto circoscritte a precise categorie ed eppure espressione di un mondo professionale preda del malcontento e dell’insoddisfazione.
Ciò che sta dietro a tali rivendicazioni è sicuramente una svalutazione e un disinvestimento sistematico del mondo della formazione a tutti i livelli .
Il costo della formazione viene sempre di più scaricato dall’alto verso il basso: i governi tagliano e più si è sotto di un gradino più il prezzo da pagare è alto non solo in termini di denaro.
I segnali che giungono trasversalmente dal corpo docente negli istituti di ogni grado, fino ai professori universitari confermano che esiste un universo di problemi latenti. Le iniziative promosse ognuna a tutela di interessi particolari sollevano comunque dei problemi generali sul sistema formazione mettendo sotto pressione ogni ambito rivendicativo e costringendolo a confrontarsi con il destino del sistema-formazione come terreno di battaglia imprescindibile.
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