Dati comunque significativi rispetto all’associazionismo e alla loro pretesa di porsi come rappresentanti degli Studenti di tutta l’Università, che evidentemente non hanno una vera e propria internità rispetto al corpo studentesco o alle facoltà (o Scuole, come si chiamano oggi).
Apparire una vota ogni 3 anni, senza mai farsi vedere all’interno delle dinamiche studentesche, è forse un comportamento che in molti leggono come strumentale alla conquista di una poltroncina ai vertici dell’UniBo e qualche migliaia di euro in più per l’anno successivo, per poi scomparire nuovamente nell’anonimato. Questo è ciò che si registra all’interno dell’università.
Questo 12%, tuttavia, è ciò che permette a questi gruppuscoli ed associazioni di rimanere a galla nonostante una politica vuota di concretezza dove le uniche prese di parola sugli aspetti della vita universitaria sono strumentali a pubblicità e propaganda degli stessi. Dalle mobilitazioni contro il nuovo Isee, le lotte per gli spazi, sulla zona universitaria e piazza verdi, i servizi ed i bisogni studenteschi come la mensa…abbiamo visto da parte di gruppi come Student Office od UniSi solo dichiarazioni calate dall’alto delle loro – non poi così alte- poltroncine, senza mai affacciarsi a vedere cosa stia succedendo, senza sapere cosa significhi costruire aggregazione per rispondere ai propri bisogni, ma solamente capaci di fare qualche dichiarazione per pulirsi la faccia dal disimpegno politico quotidiano e tentare di farsi belli per le elezioni future.
Ma all’UniBo va sempre bene spendere i suoi quattrini per finanziare questi gruppi con decine e decine di migliaia di euro, senza contare l’assegnazione di spazi a prescindere da ciò che realmente rappresentano o sono in grado di rappresentare. L’ultimo è l’ex collegio santa Marta (via s. Petronio vecchio) occupato da Bartleby e poi sgomberato, ora facente parte dell’ennesimo spazio assegnato alla speculazione della piovra di Comunione&Liberazione, conosciuta come Student Office a Bologna, che ora ne farà uno studentato di lusso. Questo è dunque il ruolo di queste associazioni dentro l’università grazie ad un misero 12%, spartito su quanti hanno scelto la strada elettoralistica.
Il dato rilevante è quindi che gli studenti e le studentesse dell’alma mater non fanno politica istituzionale, non la riconoscono come strumento per risolvere i problemi legati alla propria condizione, anzi come spesso accade da anni, gli studenti e le studentesse quando si attivano scelgono la strada dell’antagonismo e delle lotte sociali, scelgono la piazza e la strada per i cortei, le autogestioni e i presidi, scelgono la contestazione, le autoriduzioni. Quando ancora non sono attivi arrancano in solitudine per sopravvivere all’austerità e ad un welfare universitario ormai ridotto al lumicino tra caro vita e caro affitti.
Questo dato per noi non è altro che una spinta in più per costruire nuovi spazi di aggregazione, conflitto sociale, e lotte che coinvolgano ancora più studenti per fare in modo che quel 88% sia una percentuale di lotte, di studenti e studentesse ribelli, e di possibilità di trasformare in meglio le nostre vite di sfruttati dentro e fuori le mura dell’alma mater.