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Bologna – Alla Biblioteca del 36 vengono giù i tornelli!

In decine di assemblee gli studenti e le studentesse che vivono quotidianamente la biblioteca di via Zamboni 36 avevano ribadito l’ostilità assoluta all’installazione di barriere che ne impedissero discrezionalmente l’accesso. Oggi i frequentatori della Biblioteca hanno deciso di mettere fine a questa provocazione che peraltro non era mai stata effettiva, e i tornelli sono semplicemente venuti giù.

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Il 36 è luogo di studio ma anche di socialità, sotto attacco proprio per non essere uniformabile al precarificio previsto dall’Università post-riforma Gelmini. Misure per i disabili, strumenti contro i rischi per i lavoratori, mezzo per rilanciare l’attività della biblioteca: le istituzioni universitarie hanno perso la faccia con giravolte continue alla ricerca di una scusa accettabile per giustificare una spesa come questa.

Il rettore Ubertini ha più volte dichiarato che in via Zamboni ci sia un problema di sicurezza e che quindi questo strumento sarebbe dovuto servire a fare vivere serene le persone che lavorano e studiano in quegli spazi, sostenendo che il 36 senza tornelli è vuoto e poco trafficato (in realtà i 280 posti della biblioteca in queste giornate di boicottaggi sono sempre stati tutti occupati); la prorettrice Trombini e il Professor Pescatore (responsabile delle biblioteche d’ateneo) facevano sapere agli studenti e alle studentesse, durante un incontro chiesto proprio dall’Università, che il problema del 36 non fosse la sicurezza, ma le difficoltà nel trovare i fondi necessari a comprare libri e materiali per il giusto funzionamento della biblioteca.

Questi continui cambi di versione da parte dell’UniBo non hanno fatto altro che smascherare quale fosse il vero intento della governance nel costruire i tornelli: togliere al 36 la sua funzione di spazio di socialità altra.

Si arriva così ad oggi, con l’ennesima assemblea partecipata da centinaia di studenti e studentesse che, una volta terminato di discutere, si sono recati all’esterno della biblioteca e, con l’aiuto di striscioni e maschere, hanno iniziato a smontare le porte di sicurezza del dispositivo. All’esterno la folla ha continuato ad aumentare minuto dopo minuto e, al grido di “il 36 non vuole tornelli”, ha aspettato che il lavoro fosse ultimato per poi andare a portare al rettorato (situato al 33 di via Zamboni) le porte di vetro, riconsegnandole così al rettore Ubertini, gesto che atto a sottolineare che è alla governance universitaria che appartengono misure di controllo di questo genere, non ad un ambiente come quello del 36.

 

Di seguito il comunicato degli studenti e delle studentesse del 36:

17 giorni di mobilitazione e apertura dei tornelli, 6 assemblee serali, 600 firme raccolte in meno di 48 ore all’interno della biblioteca, queste sono state le forti e collettive premesse alla grande giornata di oggi.

Gli studenti e le studentesse del 36 hanno smontato i tornelli, hanno tutti e tutte assieme fatto in modo che quel luogo rimanga ciò che è sempre stato: uno spazio libero, dove incontrarsi e discutere tra amici e colleghi dell’Unibo e di tutte le altre Università.

Decine di migliaia di euro spesi contro la volontà degli studenti e delle studentesse, decine di migliaia di euro che si devono spendere, sì, ma per rendere più economici i pasti in mensa ad esempio, o per comprare nuovi libri che tutti possano consultare, o ancora per garantire nuove borse di studio o agevolazioni sugli affitti.

Il Rettore dichiara apertamente che le regole le detta lui, e solo lui. Noi crediamo che la realtà cui dovrebbe finalmente adeguarsi sia un’altra: se gli studenti e le studentesse esprimono necessità, bisogni e volontà collettive quelle si devono ascoltare, non gli interessi degli investitori privati.

La prorettrice in una settimana ha cambiato tre volte le ragioni dell’installazione degli atroci tornelli. Ci ha convocati in un tavolo fasullo e farlocco dove addirittura hanno provato a convincerci che il 36 non è frequentato e che i meccanismi di controllo servono per garantire maggiori prestiti (sic!!). Il 36 che tutti i giorni viviamo da anni non solo è tra le biblioteche più attraversate di Bologna (quant’è – signor Rettore – che non mette piede a Discipline Umanistiche?) ma è per di più una comunità che da sempre difende la città e la zona universitaria da orrende ed infami ideologie come il razzismo ed il fascismo. In queste sale studio germoglia un progetto di città accogliente, meticcio e solidale, qui c’è l’antidoto al leghismo. Da sempre. Ubertini vorrebbe radere al suolo questa comunità per importare modelli di socialità e studio che ci ricordano troppo da vicino le grandi aziende, le fiere del lavoro gratuito stile Expo e tutto ciò che all’incontro oppone l’individuazione, la solitudine e l’egoismo. Non lo accetteremo mai. 

Evidentemente all’Unibo interessano più gli affari dei privati che i bisogni degli studenti. Vogliamo che a decidere sulle risorse che NOI! mettiamo nelle tasche dell’università siano gli studenti e le studentesse stesse. Abbiamo collettivamente, con forza e ragione, detto un chiaro No a questo scellerato dispositivo di controllo degli accessi. Oggi ce ne siamo liberati. L’Ateneo prenda atto delle 600 firme e della quantità di giovani che oggi hanno composto l’iniziativa, prenda atto che le aziende, i privati possono comodamente andare a fare i lo sporchi affari altrove: qui abbiamo bisogno di servizi, tempi, spazi e diritto allo studio garantiti, abbiamo bisogno di prezzi accessibili in mensa, di affitti non stellari. Con queste necessità devono fare i conti. Sin da subito.

L’università ha minacciato questa mobilitazione di recrudescenze repressive: di nuovo denunce e provvedimenti disciplinari. Non solo non ci fanno alcuna paura, ma le rispediamo tout-court al mittente: i bisogni studenteschi non sono un problema di ordine pubblico, basta aggredire, reprimere e biasimare la sincera, autentica e collettiva volontà con giudizi, misure giudiziarie e ridicole sospensioni.

Qua si combatte una battaglia vera, perché è vero che quei soldi vanno spesi altrimenti, che un muro all’ingresso è una forte violenza perpetrata ai danni di una comunità.

Qua si combatte una battaglia giusta, perché è giusto difendere la possibilità per tutti e per tutte di accedere ad una sala studio, è giusto e sacrosanto non cedere a fasulle paure securitarie bensì difendere tutti e tutte assieme i sani valori di libertà, antirazzismo e fratellanza che qua si possono respirare a pieni polmoni.

Non accetteremo nuove chiusure della biblioteca, o altre provocazioni da quattro soldi messe in campo con l’unico scopo di far fraintendere i fatti e gettare cattiva luce sulla nostra lotta.

Diamo appuntamento a domani alle ore 13 in Sala Affreschi (al 36) per valutare assieme la situazione e organizzarci per eventuali nuove iniziative.

Sul diritto allo studio non si transige.

 

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