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Bologna, l’università attraversa il 15M e rilancia

La data era stata lanciata a livello transnazionale dall’HubMeeting di Lubiana che aveva espresso la necessità di trovare un nuovo momento di mobilitazione che avesse la capacità di ricomporre tutti i soggetti su cui grava il peso della crisi ed è stata attraversata da molteplici lotte che si sono riconosciute nell’individuazione di una controparte comune: l’austerità e tutto quel ceto politico e finanziario che ne è l’espressione.

 

La data del 15 Maggio si è posta come ulteriore tappa di un percorso di movimento che sapendo allargare le proprie basi, ha dato forma a quello che definiamo sciopero sociale.
Questa data si è declinata in modo eterogeneo con scioperi, cortei ed azioni in tutta Italia e nell’area sud-europea.
Questa data è riuscita nel suo intento di consegnare al panorama politico italiano e transnazionale nuove istantanee di movimento con il ritorno di molte piazze a parlare il linguaggio della lotta contro l’austerità e i governi della crisi.
Questa data è stata una mobilitazione aperta a tutti coloro che sono stanchi di subire la crisi, a tutti coloro che lottano contro l’austerity della BCE, a tutti coloro che si riconoscono in questo variegato sistema di sfruttamento.

 

Questo 15M ha visto anche a Bologna il dispiegarsi di una mobilitazione estesa a più settori sociali.
Come studenti universitari questa mattina eravamo ai picchetti, al fianco dei facchini, prendendo parte al grande sciopero nazionale della logistica che ha completamente bloccato l’interporto di Bologna per l’intera mattinata; eravamo poi con gli studenti delle superiori che si sono ritrovati davanti al provveditorato contro il test invalsi che, collocandosi nel generale quadro di tagli netti e di standardizzazione dei saperi, hanno l’intenzione di inserire le scuole in un sistema meritocratico in cui chi più obbedisce al ministero riceve i finanziamenti necessari, e chi invece non sta al gioco deve accontentarsi delle briciole.

 

 

 

Con la volontà di portare all’interno di questa giornata anche la voce dell’università, dopo i picchetti e l’occupazione del provveditorato siamo scesi in piazza compiendo un ulteriore passo nel cammino di resistenza quotidiana contro l’università della crisi, continuando il percorso di lotta e confronto messo in campo con le contestazioni ai C.d.A., alle conferenze in cui il rettore premia le aziende sfruttatrici, con la cacciata di Dionigi dal 36 e con la ripresa degli spazi che ci venivano negati.

Ci siamo trovati in piazza Verdi per attraversare questo 15M con la nostra rabbia e in nostri contenuti,  , dei tagli e della riforma Gelmini, del merito in quanto meccanismo di esclusione, delle borse di studio limitate e inaccessibili, della mensa più cara d’Italia e della repressione poliziesca delle esperienze di autogestione; contro questa università-azienda, funzionale al capitalismo e ai suoi nuovi metodi di sfruttamento; contro l’esproprio che Dionigi e la sua cricca compiono quotidianamente sulle nostre vite.

In un centinaio di studenti ci siamo dunque mossi da piazza Verdi in un breve corteo che ha attraversato la zona universitaria, volendo porre l’attenzione in particolare sul problema della mensa universitaria che, a Bologna, è la più cara d’Italia.
Se infatti nelle altre città della penisola gli studenti riescono a mangiare con meno di 4 euro usufruendo anche di variazioni di contribuzione in base al reddito, a Bologna, per un pasto in una mensa sempre troppo affollata, si devono spendere quasi 7 euro.
Questo problema sembra preoccupare anche il nostro caro rettore Dionigi che qualche tempo fa se ne uscì con illuminate dichiarazioni contro il carovita, colpevole di diminuire l’appeal dell’ateneo.
Dionigi in quell’occasione, vestito con la sua maschera buona, tuonava contro affitti in nero e carovita, un cancro per l’ateneo, “dobbiamo dare la garanzia che questa è davvero la città degli studenti: le famiglie iscrivono qui i figli non solo perché c’è l’Umberto Eco di turno, ma perché chiedono laboratori, biblioteche, una città sicura, affitti decorosi e una mensa degna di questo nome”, oltre alla formazione di alto livello ci vuole una città vivibile e a misura di studente.

Peccato che il Magnifico sia proprio il responsabile di tutto questo, parla di carovita ma non fa niente per far sì che i precari possano resistervi.
Forse il rettore, sostenitore della riforma Gelmini, del modello Marchionne contro i precari e responsabile della militarizzazione della zona universitaria, non ha ben chiaro che le scelte politiche dell’ateneo da lui guidato sono tutte contro la vita, i diritti e la dignità degli studenti.

 

Non ti preoccupare Ivano, ci pensiamo noi a ricordarti che se c’è un problema di carovita a Bologna è dovuto soprattutto alle scelte politiche tue e della tua cricca…
…te lo ricorderemo anche mercoledì prossimo quando andremo a sanzionare quella ridicola risposta che è la “Pausa pranzo all’UniBo” che con i suoi dieci forni a microonde, una cinquantina di posti a sedere, un lavabo, alcune macchinette e la presunzione di essere un valido rimedio al problema della mensa, è costata 75mila euro.

 

Da Univ-aut.org

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