Bologna, sgomberato il Community Center di Hobo
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Un’altra giornata di attacco alle lotte sociali si è svolta oggi all’interno della zona universitaria di Bologna. Il tentativo di procedere sempre di più verso l’aziendalizzazione dell’ateneo, verso la creazione di facoltà attraversate da utenti e non da studenti, ha portato alla chiusura di un ennesimo spazio aperto in contrapposizione a queste tendenze sostenute dai poteri forti della città. Dopo lo sgombero dello Studentato Taksim ancora una volta le forze dell’ordine, come sono abituate a fare, hanno sostituito alla ricchezza delle esperienze di riappropriazione una povertà fatta di creazione di deserti e di ritorno degli spazi abbandonati alla speculazione. Il Community Center occupato dagli studenti di Hobo è stato infatti sgomberato oggi, di consueto come in questi casi alle prime luci del mattino, così come consueti sono stati i manganelli polizieschi su chi era subito accorso a sostenere l’occupazione sotto attacco.
Di seguito la presa di posizione del C.U.A. e dello S.O. Taksim, a seguire quella degli stessi studenti di Hobo.
Un’altra giornata, quella di oggi, di ordinario attacco alle lotte sociali e ai loro spazi di organizzazione dentro la nostra zona universitaria. Come pochi giorni fa lo sgombero dello studentato occupato Taksim in via Irnerio 53, dove abitavano decine di studenti, aveva evidenziato la volontà di combattere le esperienze di lotta sul caro-affitti, oggi, alle prime luci del mattino è stato effettuato lo sgombero del Community Center occupato all’inizio dell’anno accademico dal Collettivo Hobo in Filippo Re. Il Community Center aveva riaperto uno spazio che l’università stessa aveva deciso di chiudere, costruendo momenti di socialità dal basso, dalle colazioni resistenti alle proiezioni di film. Come Collettivo Universitario Autonomo di Bologna e Studentato Occupato Taksim vogliamo quindi dare tutta la nostra solidarietà e complicità a chi si riappropria di spazi, a chi ridà vita a stabili lasciati vuoti e in mano all’abbandono e all’incuria. Contro un’università sempre più azienda, che toglie spazi agli studenti e attacca chi se ne riappropria.
S.O. Taksim C.U.A. Bologna
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Certe volte il mattino ha l’odio in bocca. È l’odio per chi sta devastando e saccheggiando le nostre vite, per chi impoverisce e precarizza, per chi si arricchisce producendo crisi, per chi smantella l’università e i saperi, per chi tenta di distruggere quello che noi costruiamo. Questo odio non è astratto: assume volti e figure, nomi e cognomi.Questo mattino ha la figura del Partito Democratico, tiranno di questa città, che da tempo ha dichiarato guerra alle occupazioni, perché sono spazi di autonomia e libertà, di riappropriazione diretta di quei bisogni che loro negano e cancellano. Ha i nomi di Merola, Dionigi, Nicoletti, piccoli uomini di una casta asserragliata nei propri fortini e pronta a tutto pur di difendere i miserabili interessi di pochi contro i molti, di politici e palazzinari, di baroni e speculatori. Ha i volti della Procura, fedele servitore del partito unico di governo, e degli uomini in tenuta anti-sommossa che ancora una volta fanno il loro ingresso in università. Quello della polizia è l’unico diritto di accesso che questa amministrazione fallita e corrotta riesce ancora a garantire.
Ma dall’altra parte, dalla parte della libertà e dell’autonomia, ci sono i tanti volti e nomi che hanno popolato il Community Center in queste settimane, che lo hanno riempito di socialità e iniziative, di bisogni e desideri, che lo hanno costruito materialmente insieme a noi. E che ora si stanno radunando per difenderlo. C’è la rabbia di chi si trova di fronte a un “sequestro preventivo urgente”, per riconsegnare al degrado e all’abbandono uno spazio che aveva ripreso vita collettiva. C’è la gioia e la determinazione di chi sa di essere dalla parte giusta.
Il questore dice che in università la polizia può entrare solo con “l’autorizzazione del padrone di casa”: questo pavido padrone Re-ttore negli ultimi anni l’autorizzazione l’ha espressamente e continuamente richiesta. “Non è ammissibile che la prepotenza di pochi impedisca l’accesso e l’utilizzo di luoghi così importanti alla totalità degli studenti”, aveva dichiarato Nicoletti: ecco, questa prepotenza di pochi oggi ha il sigillo della Procura. La costante presenza della polizia tra le mura dell’università dovrebbe essere un grave campanello d’allarme anche per chi – docenti in primis – sostiene semplicemente le ragioni del confronto aperto e del pensiero critico. Il tempo del silenzio è finito: chi oggi tace, è consenziente o complice di un’università messa sotto sequestro dall’amministrazione Dionigi-Nicoletti.
Ci hanno tolto uno spazio, ci riprenderemo tutto. Stay tuned, perché sarà una lunga giornata. I metereologi dicono che su quest’autunno soffia un vento molto caldo, e nessuno lo può fermare…
Hobo – Laboratorio dei saperi comuni
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