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Che sia la Lupa studentesca a tracciare la rotta!

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Riceviamo e pubblichiamo volentieri…

“Non ci occorre il genio: il genio è morto. Ci occorrono mani forti, spiriti disposti a piantarla con i fantasmi e a mettere su carne”. H. Miller

Era dai tempi dell’Onda che non respiravo questa energia in città. Alle 60 scuole occupate di Roma a dicembre hanno risposto le 40 di Torino di febbraio, per non parlare di Milano, Napoli e le più sperdute province di questo malandato paese. Il corteo nazionale dislocato del 18 febbraio, convocato da un’assemblea nazionale studentesca a Roma, segna un passaggio importante. E non sono solo i numeri a dircelo. La Lupa studentesca fa movimento e sta prendendo consapevolezza del suo potenziale.

Ho sentito l’esigenza di scendere in piazza in molte occasioni durante questa infinita emergenza sanitaria. La confusione mediatica e la solitudine dell’isolamento hanno fatto perdere a molti la bussola politica. Ho visto amici, colleghi, associazioni, collettivi e addirittura famiglie spaccarsi in maniera brutale su questioni come il vaccino e il green pass. Ho cercato punti di riferimento nella nebbia pandemica e non ho trovato risposte solide: il potere ha vinto ancora dividendoci in buoni e cattivi, coprendo le sue radicali responsabilità dopo decadi di massacri sociali e continui tagli al settore pubblico. Quando ho saputo della morte di Lorenzo, ucciso a 18 anni per colpa dell’alternanza scuola-lavoro, e ho visto in tv le cariche insensate al Pantheon del 24 gennaio, la nebbia sì è diradata e la bussola immediatamente orientata.

Ho finalmente ritrovato la mia piazza. E poco importa che non sono più studente, che non ho più 18anni e che sono un lavoratore precario come tanti. Poco importa aver vissuto il boato liberatorio di piazza del Popolo il 14 dicembre 2010, i caroselli del 15 ottobre 2011 e la definitiva mareggiata con le cariche su Lungotevere il 14 novembre 2012. Poco importa se ho visto un pezzo della mia generazione lasciare un paese endemicamente senza futuro e un altro pezzo adattarsi al precariato a tempo indeterminato. Poco importa che è passata una decade dall’Onda, 30anni dalla Pantera e più di 50anni dal ’68. Il nostro tempo è ancora oggi e incomincia adesso.

Ho attraversato il corteo del 28 gennaio e ho visto la determinazione della Lupa romana nel voler rivendicare il diritto a manifestare la propria rabbia. Ho visto crescere numeri e consapevolezza il 4 febbraio, dove davanti il MIUR la Lupa ha messo in discussione il sindacalismo concertativo studentesco, prendendosi la scalinata con determinazione e lasciando ad altri i tavoli di facciata con il ministro Bianchi. La Lupa non è ambigua: il PCTO non va riformato, il PCTO va abolito. La bussola continua a puntare bene, la precarietà va combattuta non accettata. Dopo la morte di Giuseppe e il corteo nazionale del 18 febbraio, la Lupa ha definito il perimetro da seguire: la controparte è il governo Draghi e tutto l’arco parlamentare che lo sostiene (PD incluso), Confindustria e il sindacalismo concertativo. Il re è nudo. La bussola punta a nord.

La Lupa ha tracciato la rotta. Bisogna ascoltare più che affermare e interrogarsi più che giudicare. Con l’umiltà e dignità di chi ha perso lottando, bisogna tornare a stringere alleanze sociali ovunque, dai luoghi di lavoro fino alla palestra di quartiere. Evitare settarismi identitari, evitare la dialettica buoni-cattivi e stupide “campagne acquisti” militanti. Siamo all’anno zero e lo scenario è completamente nuovo. Bisogna piantarla con i fantasmi del passato e tornare a mettere su carne.  

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