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L’Assemblea delle scuole torinesi torna in piazza il 13/12

Perché manifestare il 13/12? L’Assemblea delle scuole torinesi e i collettivi hanno deciso di tornare in piazza il 13 dicembre. Per quale motivo? Dal punto di vista di noi giovani la fase storica che stiamo attraversando appare critica e difficile.

da Assemblea studentesca Torino

Precarietà, condizioni sociali sempre peggiori e un’apparente assenza di futuro che vada oltre questa realtà. Quella che viviamo oggi è una situazione di forte crisi economica, estesa a tutta la società e che colpisce soprattutto le fasce più deboli e povere della popolazione. L’innalzamento del costo della vita e l’inflazione incontrano poi le manovre economiche che questo governo sta portando avanti, contro le quali centinaia di migliaia di lavoratori, precari e studenti hanno scioperato il 29 novembre. La manovra di bilancio si inserisce perfettamente nel piano di tagli che da decine di anni si operano alla spesa pubblica e conferma la natura anti-popolare che caratterizza la politica portata avanti dal governo. Questi preferisce come sempre favorire la speculazione di imprese private e banche, il cui fatturato cresce a proporzionalità inversa dei salari delle persone e su cui la Meloni finge di mettere le mani.

Mentre assistiamo al lento declino della spesa pubblica e dell’Istruzione, vediamo come un settore non smetta di essere finanziato coi nostri soldi: quello della guerra. Se c’è un punto dell’agenda governativa che sta venendo rispettato, è quello della spesa bellica, che aumenta sempre di più verso il 2% del PIL. Miliardi di euro spesi e dati ad aziende come Leonardo s.p.A., società leader a livello internazionale nella produzione di armamenti, con un fatturato annuo multimiliardario. Dall’Ucraina al Medio Oriente, il fronte bellico – come la possibilità di arricchirsi di suddette aziende – è sempre più esteso e la politica italiana ed internazionale non lascia molti dubbi sulla direzione che si sta prendendo. Questo è, o così pare: il governo Meloni tende sempre di più a strutturare un’economia di guerra. Si tratta di un’operazione diffusa e non soltanto limitata alla sfera economica. Un esempio lampante è quello del genocidio tutt’ora in atto a Gaza. L’Italia non solo è il terzo fornitore di armi a Israele a livello globale, ma dà anche un pieno ed incondizionato supporto militare ed ideologico alle sue politiche di distruzione del popolo palestinese. La legittimazione politica e mediatica della guerra non si è mai sentita così forte e questo non può non farci orrore, soprattutto vedendo lo sviluppo generale dei conflitti a livello globale. Le parole e i discorsi che sentiamo lasciano presupporre e pensare la possibilità di un nostro coinvolgimento in guerre sempre più estese. Certo, si tratta di scenari non definiti e indeterminati, ma che riescono a prendere forma nella situazione attuale. È questo il motivo per cui scendiamo in piazza a fianco del popolo e della resistenza palestinese: leggiamo in quello che succede a Gaza l’esemplificazione dell’ingiustizia della politica internazionale e dell’economia, ormai di guerra.

Vogliamo inserirci e dare forza all’enorme mobilitazione che attraversa il globo in solidarietà alla Palestina, in modo che sia pure una maniera per immaginare e creare prospettive diverse e alternative alla realtà tetra che viviamo. Ma l’attivazione politica dellx studenti non nasce adesso: si tratta di un percorso portato avanti da mesi in tutte le scuole d’Italia e di Torino e che si genera dalla necessità di fare politica a scuola, confrontarsi e non stare in silenzio. L’unica via che riteniamo utile e percorribile per dare gambe ai nostri progetti e ai nostri desideri di una realtà diversa è proprio quella dell’organizzazione dal basso. Rivendichiamo il diritto di essere soggetti politici all’interno delle nostre scuole e riteniamo quindi inammissibili gli attacchi che studenti – e anche docenti ormai – subiscono nei luoghi della formazione. Vediamo un evidente tentativo di spegnere ogni fiamma di attivazione politica, tacciata come “divisiva” o al più antidemocratica.

Questa tendenza si esprime in maniera più o meno forte a seconda del contesto e della scuola che prendiamo come riferimento. Ha fatto molto discutere quanto successo al liceo Einstein, dove il preside ha deciso di ostacolare con ogni mezzo necessario le iniziative politiche dellx studenti, presentandosi addirittura all’assemblea permanente per la Palestina, con l’obiettivo di intralciare la riunione e impedire ogni tipo di organizzazione a livello studentesco. Questa opposizione alle mobilitazioni studentesche – e quindi anche alle nostre rivendicazioni -, o comunque a qualsiasi voce che si ponga in contestazione con il governo, ha una matrice anche ministeriale. Il ministro dell’Istruzione del Merito Giuseppe Valditara si muove e punisce chiunque tenti di organizzarsi, occupare le scuole o anche solo criticarlo, come successo al professor Raimo, sospeso per 6 mesi dall’insegnamento.

E le critiche al modello d’Istruzione portato avanti dal ministro in questi anni sono state tante e forti, dalla riforma dei tecnici e dei professionali al ridicolo programma proposto come educazione sessuo-affettiva, “educare alle relazione”. Astraendo e spostandoci su un piano più politico-mediatico, scendiamo in piazza anche contro tutti quelli che non fanno altro che stigmatizzare chi manifesta e prende posizione in questo modo. Riteniamo inaccettabile la narrazione portata avanti dal governo e dalla quasi totalità dei giornali, che ci dipinge come facinorosi o addirittura terroristi, invisibilizzando e ignorando i nostri bisogni e le nostre richieste in quanto giovani e studenti. È ora di rompere il muro che stanno creando per fermare le lotte studentesche.

Per questo venerdì 13/12 scenderemo in piazza!

Di seguito riprendiamo una corrispondenza di Radio Blackout con uno studente della scuola Einstein

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pubblicato il in Formazionedi redazioneTag correlati:

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