L’unica gogna è la meritocrazia. L’anno accademico lo inauguriamo noi!
Si è svolta nell’aula magna di Santa Lucia l‘inaugurazione dell’anno accademico. Ennesima cerimonia semi-chiusa (la partecipazione era su invito) di auto-celebrazione delle istituzioni universitarie. Ma anche questa volta, così come successo per il Consiglio di Amministrazione di Novembre, non poteva mancare la presenza di chi quoditianamente attraversa l’università e vive sulla propria pelle l’intensificarsi delle condizioni di precarietà.
Gli studenti e le studentesse mentre provavano ad entrare all’interno dell’aula magna, sono stati bloccati da un cordone di polizia che senza far mancare provocazioni ha sbarrato la strada. Insomma, il dialogo tanto sbadierato dal Rettore si materializza ancora una volta nella militarizzazione degli spazi universitari.
Soltanto dopo diversi minuti, con il traffico di via Castiglione completamente paralizzato, gli studenti e le studentesse riescono ad entrare all’interno dell’aula in cui si teneva la cerimonia. Con cartelli appesi al collo a rappresentare la vera gogna, cioè quella della precarietà e della meritocrazia e non certo quella con cui tanti giornali raccontano le mobilitazioni delle scorse settimane, sono intervenuti per ribadire ancora una volta in maniera forte il loro dissenso contro quelle politiche di tagli ed aziendalizzazione che da anni colpiscono l’università e che l’Ateneo di Bologna ha abbracciato ed attuato senza troppi problemi.
Mentre continuano i tagli al mondo della formazione, mentre si finanziano opere inutili come la Tav a fronte di metà degli atenei italiani che rischiano il default, l’università di Bologna non fa altro che sventolare la bandiera della meritocrazia. Meritocrazia venduta come soluzione di tutti i problemi ma che in realtà nell’università azienda, dove gli studenti vengono visti come clienti, dove si fanno sempre più forti le disuguaglianze di reddito, non è altro che l’ennesimo cappio.
Gli studenti e le studentesse hanno, infine, lasciato la sala ribabadendo l’impossibilità di un dialogo con quelle istituzioni universitarie che si fanno portatrici di queste politiche.
Riportiamo di seguito il testo integrale dell’intervento:
Prendiamo ancora una volta la parola in questo modo, oggi, perché siamo ancora più convinti dell’inutilità di alcuna forma di dialogo con quelle istituzioni universitarie che dopo anni di proteste hanno sposato nella forma e nell’ideologia la riforma Gelmini.
Prendiamo parola in questa cerimonia perché troviamo inaccettabile questa enfasi sulla meritocrazia, su questo sistema che ancora a standard fissati dalle esigenze di altri quelle che sono le nostre capacità, le nostre abilità, le nostre qualità, uniche e invalutabili perché meravigliosamente differenti le une dalle altre.
Non ce l’abbiamo assolutamente con chi in questo momento è eretto a simbolo delle virtù del sistema della meritocrazia. Ce l’abbiamo proprio con la meritocrazia. Questi cartelli che vedete messi sui corpi di tutti noi, raccontano la vera gogna dei nostri tempi.
Altro che la gogna che tanti giornali nelle scorse settimane hanno descritto riguardo alle proteste studentesche allo scorso Consiglio di Amministrazione, paragonando in maniera ridicola gli studenti a nazisti o guardie rosse. Quando quegli studenti volevano soltanto sollevare all’attenzione dell’opinione pubblica il fatto che l’università di Bologna sia sempre più una azienda, che offre i suoi servizi a studenti-clienti ospitando privati nei suoi luoghi decisionali.
La vera gogna è quella della precarietà studentesca, lavorativa, esistenziale che deriva dall’impossibilità di immaginarci alcun tipo di certezza per il futuro! E sappiamo che la meritocrazia non è la risposta, ma anzi un modo per stringere il cappio ancora più forte!
Sappiamo che questa non è altro che un modo per farci stare buoni, un’illusione, per rimandare ancora un po’ il momento in cui sarà la rassegnazione a farla da padrone. Uno su mille ce la fa, diceva una canzone. L’Università di Bologna preferisce guardare a questo uno, noi preferiamo guardare agli altri 999.
Da anni abbiamo voluto invece reagire in un altro modo; prendendo coscienza del fatto che non c’è alcuna meritocrazia che paghi quando invece le condizioni di disuguaglianza di reddito permangono ad essere come quelle attuali. Come ha scritto nei giorni scorsi Maurizio Matteuzzi, docente di questa università, sulle pagine del Manifesto, la meritocrazia non è altro che un sistema nato come distopia e ora ritematizzato al fine di soddisfare le esigenze del solito dio mercato!
Non ci sono soldi, dicono le istituzioni accademiche e ripetono i giornali nel loro mantra: a noi sembra piuttosto che invece di sostenere la battaglia di migliaia di studenti, di ricercatori, di precari della conoscenza, si voglia sostenere in tutti i modi i progetti di dismissione strategica del vecchio tipo di università. Non ci sono soldi si dice, quando il governo stanzia intanto 2 miliardi per la Tav e intanto rischia di mandare in default di quasi metà degli atenei. E l’università di Bologna cosa fa? Si schiera contro la Tav? Si schiera contro il governo? No, chiude gli occhi e ragiona su come premiare il merito!
Non è un caso che a fronte del crollo delle iscrizioni triennali a Bologna, l’università reagisca parlando di aumentare l’investimento sulle magistrali, parlando di diventare ancora di più polo capace di attrarre èlites di studenti meritevoli come se prendere 60 invece che 80 invece che 100 alla maturità possa significare alcunché.
Ma è meritorio, diciamo noi, preferire di non far pagare le tasse ai 100 e lode, rispetto a prevedere ulteriori misure di sostegno a chi studia e lavora insieme e diventa necessariamente fuoricorso? E’ possibile preferire un modello di società dove si premia chi studia più veloce e quindi in maniera nozionistica rispetto a chi prende l’università come un momento di crescita in cui non conta solamente il ciclo lezioni/studio/casa ma conta anche la volontà di trasformare la città trasformando anche sé stesso?
La meritocrazia non è un sistema più equo. E’ un sistema per il quale solo alcuni modi di approcciare la realtà sono considerati giusti, e in cui qualcuno si erge a decisore della giustezza dei comportamenti di tutti gli altri. L’unico merito per noi è quello di continuare a lottare, sebbene strangolati da lavori precari, da reddito sempre più scarso, da un futuro sempre più incerto.
Lottare come hanno lottato l’altro ieri i facchini dell’Ikea, come lotta da anni la Val di Susa, come hanno lottato in tutta Italia gli studenti questo autunno, come continuano a lottare da una sponda all’altra del Mediterraneo i compagni greci, spagnoli, tunisini, egiziani.
Per noi il merito sta nelle lotte, se per voi è in un 110 e lode le nostra strade saranno sempre antagoniste!
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