Sui fatti di ieri, rispondiamo ai Ministri.
Riportiamo un contributo del Collettivo Universitario Autonomo di Torino in merito alla giornata di contestazione di ieri.
Sui fatti di ieri, tutti i ministri presenti si sono spesi in dichiarazioni abbastanza perentorie e retoriche ai giornali, come al solito ribaltando la realtà e ricostruendo uno scenario molto fantasioso su quelle che sono state le dinamiche della piazza di contestazione.
In prima battuta troviamo sempre più preoccupante il fatto che questo governo criminalizzi sotto ogni punto di vista, le voci critiche che provano ad esprimersi sul piano pubblico, lo vediamo contro chi manifesta ma anche attraverso la censura giornalistica che in questi giorni è stata motivo di dibattito, così come i continui tavoli “di sicurezza” insieme alla Polizia che vengono convocati per gestire le attivazioni politiche che manifestano gli studenti nelle scuole e nelle università. Crediamo che sia necessario implementare spazi di contestazione e critica che contrastino il restringimento degli spazi di democrazia che il Governo vorrebbe regolamentare per rendersi intoccabile ed egemone rispetto a ciò che può essere detto oppure no.
Da parte di rappresentanti di governo che presiedono ministeri legati alla formazione, alla scienza e ad ambiti oggi assolutamente strategici, ci dovremmo aspettare la capacità di entrare nel merito di certe questioni nella loro sostanzialità e invece tutto ciò di cui sono capaci è di accusare, banalizzare e tacciare di marginalità qualunque nodo problematico posto sul piano politico. Una cartina di tornasole abbastanza esemplare di quanto margine di confronto ci possa essere con certa compagine istituzionale.
Oggi vorremmo rispondere a ciò che abbiamo potuto apprezzare da quotidiani e interviste in merito alla nostra mobilitazione, non abbiamo timori nel rivendicare le nostre condotte e tanto meno a fronteggiare lo squallore politico che la classe governante dispensa a mezzo stampa contro di noi. Noi abbiamo, non solo la forza delle nostre convinzioni, ma anche la corazza della verità che possiamo vivere ogni qualvolta proviamo a non assumere passivamente tutto ciò che ci vomitano delle orecchie.
Partiamo dalla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini:
con il corteo ancora in corso dichiara che “anziché protestare sarebbe bello sedersi intorno a un tavolo e dialogare” sorvolando sul fatto che agli studenti sia stato impedito per tutta la mattina di avvicinarsi alla sede del convegno attraverso le botte, proprio per non far arrivare voci dissonanti alla passerella dei ministri, ci chiediamo quale possa essere la modalità di confronto che la ministra auspica se poi tutto ciò che può essere detto deve far fede al loro punto di vista senza spazi di critica possibili. Poche ore dopo, su questo, invece ritratta, sostenendo che non ci possa essere “nessun dialogo con chi fa irruzione ai convegni, chi assalta i rettorati e chi aggredisce la polizia”, dimostrando così grande confusione e ipocrisia. Dice, inoltre, che “l’Università non si schiera, non entra in guerra, siamo figli di una diplomazia scientifica portatrice di pace”, davvero? Perchè allora la maggior parte degli accordi con le università israeliane che produco i sistemi di difesa dell’esercito sionista, sono secretati? Sono portatrici di pace le industrie di armi come Leonardo e Alenia che sono i più influenti partner del Politecnico di Torino? A noi pare che collaborare alla ricerca bellica, prediligere finanziamenti all’industria delle armi definanziando la formazione, essere il terzo esportatori di armi ad Israele significhi essere già in guerra e aver scelto anche di schierarsi, dalla parte dell’oppressore genocida ovviamente. Ma continua la Bernini: “a chi sostiene che la ricerca universitaria venga usata in campo bellico, allora dovremmo staccargli internet che è nato a fini militari. Quando andiamo a fare risonanze magnetiche e tac che ci salvano la vita, lo dobbiamo proprio al cosiddetto dual use”, non saremmo ministri dell’università noi ma ci sembra un ossimoro questa dichiarazione rispetto alla precedente, appare, questa, come una maniera di giustificare allora l’investimento della ricerca per la guerra. E aggiungiamo che ci piacerebbe poter staccare internet, se solo ormai tutto non dipendesse dalla rete e anche l’accesso ai servizi essenziali non fosse discriminante sulla base della possibilità e alla capacità di poter accedere a internet. Non ci prendiamo in giro ministra: noi non possiamo accettare di vendere (letteralmente) il nostro sapere per finalizzarlo allo sterminio di intere popolazioni, per derubare territori dall’acqua, per favorire lo spionaggio di stato contro i dissidenti politici e molte altre “pacifiche” applicazioni del salvavita dual use. Per quanto ci riguarda la scienza non è neutrale e dunque noi scegliamo da che parte schierarci e soprattutto vogliamo avere voce in capitolo sull’utilizzo che della scienza viene fatto, dal momento che l’Università è fino a prova contraria, uno spazio pubblico su cui la voce sovrana dovrebbe essere quella dei suoi fruitori.
Ovviamente a scanso di equivoci Bernini ci dice chiaramente che ci sarà bisogno di continuare a lottare dentro le nostre università per l’interruzione delle collaborazioni di morte perchè “L’università non boicotta ma include, abbiamo una collaborazione efficacissima con Israele su progetti di grande innovazione che porteremo avanti”, sappia allora che ci troverà sempre presenti perchè la sua idea di inclusione non è quella che abbiamo noi e non saremo mai complici di questo crimine storico!
Tajani si allinea ai colleghi sostenendo che non sospenderà mai gli accordi del MAECI con Israele perchè la ricerca è proficua e la scienza è un campo neutro.
Lollobrigida in riferimento agli studenti in mobilitazione parla di “squadracce fasciste”, facendo una certa strumentale confusione: adesso chi se la intende con i turisti di Predappio ha la faccia tosta di definirci con appellativi di questo calibro? Ci fa sinceramente sorridere la cosa e probabilmente le dichiarazioni si commentano da sole… forse i fascisti sono quelli che picchiano persone disarmate, alle spalle, impedendo il diritto a manifestare, oppure chi mette in discussione l’utilizzo stesso della parola “antifascismo” nel giorno della liberazione, come il capo del suo partito e del governo a cui fa riferimento. Meloni ovviamente non manca dall’esprimersi sull’accaduto, attraverso la stessa ridondante e caricaturale rappresentazione dei fatti come di una dimensione solo legata ai soliti infiltrati dei centri sociali, insomma le argomentazioni mancano e ci si limita a dare solidarietà ai “difensori della libertà e della sicurezza di tutti i cittadini”, ma “tutti i cittadini” sarebbero i rappresentanti del suo governo che hanno blindato un edificio pubblico per fare le foto di gruppo dopo una bella scorpacciata al buffet?
Il coro dei ministri poi prosegue, sperticandosi in auspici di pace, ma ci pare evidente che questa pace che tanto millantano non possa essere costruita con il dual use, convegni secretati o cancellando pezzi di storia di questo paese, trovando nemici in chi porta avanti i valori dell’antifascismo.
Le studentesse e gli studenti sanno da che parte stare e lo dimostreremo anche questa sera con lo spezzone per la Palestina alla fiaccolata del 24 aprile e il 1 maggio nello spezzone sociale per la liberazione della Palestina e contro il governo Meloni .
Ci vediamo stasera in piazza Arbarello alle 19.30, sempre al fianco dei popoli che resistono, Palestina libera!
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