InfoAut
Immagine di copertina per il post

Note sui provvedimenti contro femminicidio et alia

 

Prima considerazione: chiamare le cose con il loro nome

Il decreto approvato ieri dal governo contempla un insieme di provvedimenti repressivi su vari fronti tra cui, in primis, quello della libertà di contestazione e opposizione alle scelte del governo stesso. Tra i provvedimenti annunciati, infatti, spicca l’inasprimento delle pene per la violazione dei cantieri delle cosiddette “grandi opere” con riferimento esplicito alla questione tav. Questo è un modo (nemmeno troppo raffinato) di attaccare le modalità concrete e vive con cui si esprime il Movimento no Tav e dunque di attaccarlo a priori e tout court. L’attacco risulta così diretto al principio stesso della contestazione e dell’opposizione: si colpisce la parte per il tutto. In via analogica e paradossale è come se, un domani, si vietassero cortei e manifestazioni per ragioni di sicurezza stradale. Proprio in questi giorni, tra l’altro, molti esponenti dei sindacati di polizia e del centrodestra parlano della possibile introduzione del “reato di blocco stradale”, che – attraverso un uso arbitrario e chirurgico delle norme – servirebbe a colpire uno degli strumenti più efficaci di cui la lotta NoTav si è dotata negli ultimi anni. La natura puramente repressiva delle misure proposte è evidente e coerente con l’abbandono definitivo da parte del governo di qualsiasi confronto sul piano della discussione e delle ragioni (sulla questione tav come su altri problemi che riguardano il nostro presente).
Lo spirito repressivo e intimidatorio dell’intero decreto, inoltre, è esemplificato perfettamente dall’articolo decimo – forse il più inquietante – che titola in questo modo: «Norme in materia di concorso delle Forze armate nel controllo del territorio e per la realizzazione del corridoio Torino-Lione, nonché in materia di istituti di pena militari». La formulazione asettica viene chiarita nel corpo dell’articolo in cui si annuncia una maggiore flessibilità nell’impiego massiccio delle Forze armate nei territori e l’attribuzione di nuove funzioni alle truppe, che non saranno più tenute a limitarsi ad operazioni di semplice perlustrazione e pattugliamento. Vaghezza e ambiguità che aprono la strada ad un uso ancor più arbitrario della violenza di Stato di quanto già non accada quotidianamente in Valsusa e altrove, ovunque vengano intrapresi percorsi di opposizione sociale e politica.
Sulla base di queste brevi considerazioni, l’operazione del governo in materia di violenza sulle donne risulta ampiamente strumentale. L’enfasi nelle dichiarazioni (Letta, ad esempio, dichiara “lotta senza quartiere al femminicidio” – Repubblica, 09/08) e i titoli dei quotidiani di oggi si esprimono con gli stessi slogan: soddisfazione generale per l’impegno del governo contro il femminicidio, rimozione dei punti “collaterali” del decreto. Chi oserebbe mai esporsi pubblicamente contro un pacchetto di provvedimenti propagandati come armi importantissime per combattere la violenza contro le donne, tra l’altro dopo che in molt* si sono espressi per il riconoscimento giuridico della mattanza di donne che avviene da anni nel paese? Tutti plaudono, il capitolo è chiuso, siamo invitate ad andare in vacanza più serene, tranquille e “sicure”.
Questo genere di operazione, tuttavia, è riconducibile alla logica diffusa e pericolosa del pinkwashing: si usano le donne come cavallo di Troia per la criminalizzazione e la repressione, si richiama l’ “emergenza femminicidio” come fondamento materiale per l’affermazione di una cultura securitaria e repressiva. Una tale strumentalizzazione, tuttavia, è il contrario della lotta alla violenza contro le donne poiché rappresenta una sorta di presa in ostaggio simbolico del soggetto femminile che diventa – sul piano del discorso pubblico – il principale alleato dello Stato, dell’uomo bianco, del padrone, etc…

 

Seconda considerazione: spostare il punto di vista

Immaginiamo di scorporare dal testo complessivo del decreto le norme che riguardano il femminicidio, di privare così della funzione strumentale il decreto, e – sulla base di questo esperimento – chiediamoci cosa ne pensiamo. Ad una critica per così dire esterna (cioè fondata su ragioni esogene rispetto al testo del decreto che ne rileva la funzione specificamente e genericamente repressiva), aggiungiamo alcuni elementi di critica interna (ovvero fondata su fattori endogeni alla logica che regge il decreto stesso).
Da questo punto di vista, l’elemento maggiormente problematico è che, in materia di violenza, le donne sono trattate unicamente come l’oggetto e non come il soggetto della questione. La violenza, infatti, viene considerata come un problema di sicurezza e non di privazione della libertà; le donne trattate al pari di un oggetto conteso tra il “carnefice” e lo Stato, i quali si fronteggiano – in ultima istanza – in una prova di forza. Di fronte alla violenza lo Stato mostra i muscoli, ribadisce il proprio monopolio tant’è che in nessun modo viene tematizzata la violenza contro le donne di cui egli stesso è capace – spesso e volentieri. La lotta alla violenza contro le donne (fisica, psicologica, sessuale, simbolica, materiale, etc.), se inscritta entro la logica securitaria, non appare tanto come contrasto alla violenza in quanto tale, ma piuttosto come una contesa sulla titolarità della violenza stessa. Per questo non desta scandalo (anche se certamente tanta rabbia) la violenza che si consuma nelle caserme, nei cie, nelle aule di tribunale, dentro le istituzioni, nel linguaggio, nei media, etc…
Secondo noi, è necessario mutare il paradigma: affrontare la questione della violenza di genere in posizione soggettiva/soggettivata (uscire, dunque, dallo schema in cui le donne compaiono in qualità di oggetto di una contesa maschile e, in ultima analisi, machista). In quest’ottica, un buon alleato delle donne contro la violenza non è colui che le protegge, ma colui che gioisce della loro libertà e che, con loro, condivide tutti i mezzi e gli strumenti per l’esercizio concreto e materiale della libertà. La protezione, infatti, confina pericolosamente con la reclusione e l’isolamento; mentre la socializzazione si accompagna sempre a un potenziamento soggettivo, l’unico in grado di redimere davvero sofferenze e umiliazioni. Le misure repressive non sono in grado di tracciare una linea politica, non consentono di impostare un discorso collettivo produttivo e in grado di innescare mutamenti sociali collettivi. La repressione è sempre e solo tautologica e generalmente inefficace. Nessuno nega l’utilità di strutture di emergenza per le donne colpite da violenza, ma questo genere di misure – per altro di stampo assistenziale e non repressivo, e che competono ai centri antiviolenza e non alle galere ed ai tribunali – non dettano una linea politica. Quest’ultima d’altronde non può essere prodotta dall’alto, ma, nelle migliori delle ipotesi viene recepita dalle istituzioni a partire dal basso. Fantascienza visto il clima politico generale.
Spostando in questo modo il punto di attacco alla questione si potrebbero innescare misure collettive radicalmente alternative rispetto all’approccio repressivo, che – a tratti – suona addirittura grottesco come quando intima il ritiro della patente allo stalker per impedirgli di raggiungere l’abitazione della vittima! Dettaglio infimo e secondario se non tradisse un’impostazione generale. Cosa significa, infatti, pensare che interdire l’uso della macchina possa limitare i casi di violenza? Significa interiorizzare a livello normativo l’immagine caricaturale e falsa del raptus passionale (schema discorsivo con cui, di fatto, si continua a tematizzare la violenza di genere): qualcuno se lo immagina davvero un ex-amante che nel cuore della notte perde il controllo, decide di uccidere l’ex compagna e poi, ricordandosi della patente e dei vigili urbani, si tranquillizza, ritorna in sé e torna a dormire? Si mistifica, così, la quotidianità, la scientificità, la minuzia, la metodicità, l’allucinata razionalità che la violenza assume dentro le relazioni.

 

Terza considerazione: la violenza come strumento normativo

Il ruolo dello Stato nei confronti delle donne è fortemente problematico e ambiguo. Ad esempio, dettaglio non di poco conto, la sua teoria e la sua storia si fondano sull’esclusione delle donne. O ancora, le sue pratiche e il suo linguaggio quotidiani (in Italia in modo particolare) sono spesso misogini e sessisti. E di più: molte leggi varate dal governo (questo e i precedenti) sono esplicitamente (si vedano le varie delibere regionali che introducono i Movimenti per la vita nei consultori) o implicitamente (si vedano le ricadute dei tagli al welfare sulle condizioni di lavoro e di vita delle donne) contro le donne. Infine, l’assetto del potere che si è affermato nel corso della modernità (di cui lo Stato è il coronamento) si definisce a partire da un’azione performativa e normativa sul soggetto femminile che – anche in tempi di disfacimento completo e radicale della sovranità tradizionalmente intesa – viene reiterata alla nausea, con aggressività e determinazione sempre rinnovate. Al corpo riproduttore delle donne – la prima macchina della modernità – si affida sempre e ancora, ad un prezzo soggettivo altissimo, la tenuta impossibile di istituzioni senza più alcuna base materiale.
Questo forse ci aiuta a capire le sfumature assurde e crudeli del decreto appena varato che attribuisce un’aggravante alla violenza sulle donne se queste ultime risultano incinte o sposate, o se la violenza è commessa alla presenza di minori (ovviamente i figli). Non si diversificano i reati (cosa che potrebbe essere tecnicamente comprensibile), ma si attribuiscono allo stesso reato gradazioni di gravità differente facendole dipendere da qualità della donna. Per assurdo, sarebbe come se si stabilisse che rubare un maglione giallo è più grave che rubarne uno azzurro; o che uccidere x è più grave che uccidere y (questo naturalmente accade, ma non viene dichiarato)… Dunque, se la legge è uguale per tutti (almeno dal punto di vista della sua legittimazione formale), non è uguale per tutte.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

decreto femminicidiofemminicidio

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Verso il 25 novembre: contro i femminicidi e la violenza di genere

L’osservatorio nazionale femminicidi, lesbicidi e trans*cidi di Non Una Di Meno porta avanti dal 2019 un progetto che vuole combattere la violenza di genere

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

NUDM: è morta un’altra studente, non ne possiamo più

Sabato 23 novembre saremo a Roma anche perché desideriamo e pretendiamo una scuola diversa. da NUDM Torino E’ morta un’altra studente, non ne possiamo più. Aurora aveva 13 anni quando, il 25 ottobre, è stata uccisa dal fidanzato di 15 anni, che non accettava la fine della loro relazione.Lo stesso giorno, Sara è stata uccisa […]

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Torino, la mobilitazione contro gli antiabortisti continua: presidio al consiglio regionale

In queste settimane a Torino sono migliaia le persone che si mobilitano per chiedere la chiusura immediata della cosiddetta “stanza dell’ascolto”

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Per Anàs, morto in mare e per tutte le altre vittime dei confini

Lo scorso 9 agosto la comunità lametina si è stretta attorno alla piccola bara bianca contenente i resti di Anàs, bimbo di sei anni annegato in un naufragio e ritrovato nel nostro mare.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Aborto libero, sicuro e gratuito!

Sabato 28 settembre, in occasione della giornata internazionale per l’aborto sicuro, in Piemonte in tant3 ci mobiliteremo su tutto il territorio contro le politiche regionali che da anni sposano obiettivi antiabortisti, retrogradi e lesivi della libertà di scelta.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Pride critico, Pride comodo

Dov’è stato lasciato il “prendere e fare” a favore del “chiedere e aspettare”? Gli oppressi hanno iniziato un ciclo politico in cui si costituiscono come vittima senza agency che cerca di essere protetta. Il presente testo è la traduzione di un articolo di Charlie Moya Gómez pubblicato in castigliano su Zona de Estrategia il 27/06/2024. […]

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

RBO al Festival Alta Felicità – in dialogo con Fatima Ouassak

Fatima Ouassak è una politologa e militante ecologista, femminista e antirazzista. Il suo ultimo libro Per un’ecologia pirata (tradotto in italiano da Valeria Gennari per Tamu edizioni (2024)) propone un’alternativa all’ecologia bianca, borghese e a cui manca un approccio intersezionale.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

RBO al Festival Alta Felicità – In dialogo con Louisa Yousfi

Il termine “Barbari” viene utilizzato da Louisa Yousfi nel suo libro “Rester barbares” allo scopo di mettere in luce una trappola: da una parte il paradigma del razzismo proclamato, quello dell’estrema destra che definisce barbari i soggetti razzializzati e dall’altro lato il razzismo integrazionista, quello per cui occorre essere dei “buoni selvaggi”educati per essere all’altezza dei bianchi.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

No agli antiabortisti nelle strutture pubbliche!

Giovedì 11 luglio alle ore 12 si terrà una conferenza stampa davanti all’Ospedale Sant’Anna a Torino (ingresso via Ventimiglia) organizzata dal Comitato per il Diritto alla Tutela della Salute e alle Cure – Piemonte.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Le donne africane e la difesa della terra e dei beni comuni

Due articoli tratti dalla WoMin African Alliance, scritti in occasione della Giornata della Terra (22 aprile) e della Giornata internazionale della biodiversità (22 maggio).

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Violenza di genere: manifestazioni e presidi in tutta Italia per Giulia Cecchettin. Sabato i cortei nazionali a Roma e Messina

Non è ancora giunta in Germania alcuna richiesta di estradizione di Filippo Turetta, responsabile del femminicidio della ex fidanzata, Giulia Cecchettin. Lo dicono fonti investigative tedesche.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina. Occupazione pacifica delle donne indigene nella Banca Centrale: siamo portavoce della Terra che dice basta!

Il Movimiento de Mujeres y Diversidades Indígenas por el Buen Vivir ha occupato pacificamente la Banca Centrale della Repubblica Argentina.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

FEMMINICIDIO DI CAROL MALTESI: LA DEMONIZZAZIONE MEDIATICA IN UNA SOCIETA’ MORALISTA

Femminicidio. Parliamo di Carol Maltesi, 26 anni, di origine metà italiane e metà olandesi, cresciuta nella provincia di Varese, poi trasferitasi vicina a Milano, ritrovata cadavere nei giorni scorsi, a pezzi, in un dirupo della Val Camonica in Provincia di Brescia. Di lei i giornali stanno riportando per lo più lo pseudonimo, Charlotte Angie, che […]

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

BRESCIA: NON UNA DI MENO IN PIAZZA CONTRO IL FEMMINICIDIO DI ELENA CASANOVA E OGNI VIOLENZA PATRIARCALE

Venerdì 22 ottobre Non Una di Meno Brescia ha manifestato, in piazzetta Bell’Italia – già rinominata Piazzetta Non Una di Meno – contro il femminicidio di Elena Casanova, il secondo in un mese nel Bresciano, il quarto in un anno. Contro questo, e tutti, i femminicidi, oltre che contro ogni violenza patriarcale, Non Una Di […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Una voce da Cancun: la polizia spara sulle manifestanti

Dopo le violenze a Cancún sentiamo una compagna del Conversatorio Feminista Cancún: Come rete femminista di Quintana Roo denunciamo e ripudiamo gli atti di violenza sessuale contro le nostre compagne, detenute dalle forze dell’ordine lo scorso lunedì, 9 novembre. Di fronte alle risposte politiche e civili alle nostre lotte, mettiamo in chiaro che non lasceremo […]

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Presidio per Atika

Oggi 23 settembre si è svolto di fronte il tribunale di giustizia istituzionale di Bologna il presidio in solidarietà ad Atika, donna, lavoratrice e compagna del SI Cobas, uccisa un anno fa dalla violenza brutale del suo compagno. Una violenza che Atika aveva più volte denunciato a chi, sulla carta perlomeno, avrebbe dovuto difenderla. Le […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non si legge amore non corrisposto : si legge femminicidio

Scrivere in questo momento a proposito del femmicidio di Elisa significa assumersi nell’immediato il rischio di dire parole di troppo, finendo nelle schiere di chi vuole dire la cosa più giusta ma non necessaria. E’ vero anche però che leggere quanto le testate giornalistiche, dalla prima all’ultima, si sono permesse di scrivere in questi giorni […]

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Nuoro, in 3000 in piazza per Romina, ennesima storia di femminicidio

Un corteo eterogeneo e partecipato da oltre 3000 persone ha percorso venerdì le strade principali di Nuoro dopo l’ennesimo caso di femminicidio, avvenuto domenica scorsa nella città sarda. Questa volta a morire per causa del nostro sistema patriarcale e machista è stata Romina Meloni. Ad uccidere è stato l’agente di polizia penitenziaria Ettore Sini, sparando […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Per Violeta

Lettera a Violeta Senchiu, bruciata viva dal marito lo scorso sabato a Sala Consilina (SA). Cara Violeta,nessuno parlerà di te. I media nazionali non inviteranno la popolazione a stringersi intorno ai tuoi figli. Nessun politicante scriverà post sui social per te. Nessuno dei vari gruppuscoli-feccia come Forza Nuova o Casa Pound manifesterà per la tua […]

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Latina. Carabiniere spara alla ex moglie

 Questa mattina l’ennesima violenza ai danni di una donna, la mano è ancora una volta quella di un carabiniere.   Dopo le violenze di Firenze, taciute, manipolate e perpetrate dai media, dalla politica e dal sistema giudiziario, è la volta di un appuntato residente a Cisterna di Latina. Non sopportando la separazione dalla moglie l’ha aspettata sotto […]