Non si legge amore non corrisposto : si legge femminicidio
Scrivere in questo momento a proposito del femmicidio di Elisa significa assumersi nell’immediato il rischio di dire parole di troppo, finendo nelle schiere di chi vuole dire la cosa più giusta ma non necessaria. E’ vero anche però che leggere quanto le testate giornalistiche, dalla prima all’ultima, si sono permesse di scrivere in questi giorni fa ribollire di rabbia e il silenzio diventerebbe nell’immediato un assenso. Vogliamo esprimere in queste poche e difficili righe tutto il rispetto e il riconoscimento a Elisa, donna uccisa da un uomo che ancora una volta si è sentito in potere di farlo perchè questo è il risultato del sistema patriarcale sul quale si fonda e si riproduce il capitalismo mondiale.
In un mondo in cui ci si nutre quotidianamente di narrazioni morbose, in cui ci si è abituati a comunicare su tutto senza alcun rispetto delle soggettività di ciascuno e ciascuna, in cui la processualità di eventi tragici viene totalmente sconvolta dalla pruriginosa invadenza, in cui non esiste un dentro e un fuori ma è tutto di pubblica proprietà, i media non sono altro che cassa di risonanza di sensazionalità contribuendo alla riproduzione e all’inveramento di queste modalità di comunicazione nella e della società.
In un mondo in cui la società si regge su dei rapporti di dominazione, la narrazione che ne è espressione è banalmente costantemente dalla parte di chi il dominio lo perpetra : sono i lavoratori gli ingrati, sono gli immigrati gli approfittatori, sono le donne a cercarsela perchè le gonne troppo corte, perchè impietose nei confronti di amori non corrisposti, perchè sprovvedute e ingenue. L’uomo che ha commesso il femminicidio viene descritto, con un’evidente strategia di comunicazione, con parole di pietà, con una scelta di aggettivi che lo rendono vittima. Non è una svista, non può essere totale incapacità giornalistica, non può essere inettitudine. Qui si tratta di una precisa volontà da leggersi in controluce, senza nemmeno dover fare troppi sforzi, quando La Repubblica scrive che quest’uomo « piange davanti ai carabinieri », come la chiara volontà di riabilitarlo cercando di provocare empatia nei suoi confronti. Aberrante.
Vederci l’intenzionalità significa prendere atto di una strategia pericolosa, quella per cui la narrazione dominante sta assumendosi il compito di marginalizzare i linguaggi e le lotte femministe di portata mondiale. Un’indicazione determinata ci viene consegnata dal movimento NonUnaDiMeno ed è l’imprescindibile necessità di comprendere il mondo attraverso lenti di genere e non farlo significa una cosa sola : chiudere gli occhi di fronte alla condizione sine qua non per la sopravvivenza stessa del capitalismo.
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