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Parigi: brucia squat di migranti, il governo Sarkozy si scatena

Sei persone sono morte e  altre 4 sono state gravemente ferite ieri mattina verso le ore 6 in un  incendio di un edificio destinato alla demolizione, che era diventato  uno squat, a Pantin, alle porte di Parigi. Nessuna pietà da parte del  glaciale ministro degli interni, Claude Guéant, che ha puntato il dito  contro le «filiere di immigrazione clandestina», dei «criminali», che  secondo lui avrebbero portato nella banlieue dei migranti illegali  facendo loro intravvedere una vita migliore. Le sei vittime facevano  parte di un gruppo di persone, una trentina, provenienti da Tunisia,  Libia e Egitto, che avevano trovato momentaneamente rifugio nell’abitazione di Pantin.

Per il sindaco di Pantin, il socialista  Bertrand Kern, si tratta di «un dramma della miseria umana, si tratta di  immigrati arrivati da poco dalla Tunisia e dalla Libia, alcuni erano  stati cacciati da uno square parigino, vicino alla Villette, lo squat  esisteva da qualche giorno o al massimo da una settimana». Degli  abitanti del quartiere parlano però di uno squat che durava da un paio  di mesi. Il sindaco afferma che il comune stava per rivolgersi alla  Prefettura, per farlo sgomberare. Ma sgombero significa dover trovare  un’altra sistemazione alle persone e le autorità francesi da mesi si  scaricano il problema una con l’altra, facendo finta di non vedere.

Oppure procedono al rimpatrio forzato degli immigrati, per raggiungere  l’«obiettivo» annuo di 30mila espulsioni stabilito da Sarkozy. Secondo  il deputato Ps Claude Bartolone, presidente del consiglio regionale  della Seine-Saint-Denis, l’incendio è «un nuovo dramma legato alla mancanza di posti di accoglienza d’emergenza, che ha spinto queste  persone a mettersi al riparo in locali inadatti, un dramma della  miseria, dell’immigrazione e dell’assenza di solidarietà europea verso  paesi che si sono battuti per la democrazia». Sui migranti tunisini  c’era stato in primavera un braccio di ferro tra Roma e Parigi, con  l’Italia che aveva fornito dei permessi temporanei per scaricare il  problema degli arrivi dopo la primavera di Tunisi, e la Francia che aveva temporaneamente sospeso Schengen.

Nell’edificio, che aveva  porte e finestre murate, non c’era l’elettricità e l’incendio è stato probabilmente acceso da una candela mal spenta. Il comune aveva previsto  la demolizione di questa casa a un piano, per costruire alloggi  popolari. Il pian terreno avrebbe dovuto anche ospitare delle attività  commerciali ed artigianali, tra cui gli atelier Hermès.

Questo nuovo  dramma è avvenuto mentre sta chiudendosi nell’indifferenza generale il processo di un’altra tragedia: nell’agosto del 2005 era andato a fuoco  un edificio di Boulevard Vincent Auriol, nel XIII arrondissement di  Parigi, abitato da immigrati provenienti dall’Africa sub-sahariana. 17  persone, tra cui 14 bambini, erano perite. Secondo un recente rapporto, nell’Ile de France, la regione parigina, 174.600 abitazioni private  sarebbero «indegne» e a rischio, 166mila solo a Parigi.

Anna Maria Merlo per Il Manifesto

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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