InfoAut
Immagine di copertina per il post

“Pensati libera”. Verso il 25 novembre, cresce la rabbia e la necessità di ribaltare la violenza.

Stiamo assistendo a un bombardamento mediatico forse senza pari da quando Giulia è stata ritrovata morta, uccisa dal suo ex fidanzato.

Forse per la giovanissima età, forse perché nel 2023 le vittime di femminicidi sono aumentate rispetto all’anno precedente, forse perché dopo gli stupri mediatizzati di quest’estate, da Palermo a Caivano, i giornali e le tv cavalcano l’onda ancor più di qualche tempo fa, riconfermando il loro ruolo di propagatori e sostenitori della versione ufficiale, quella che legittima il sistema di dominio patriarcale. L’apparato mediatico si spertica in parole che acuiscono la violenza, si butta in ragionamenti contorti pur di non parlare di violenza sistemica, anzi, trovano spazio per dichiarazioni ripugnanti come quelle del consigliere veneto della Lega Stefano Valdegamberi, (“fa una recita e veste da satanista”, riferendosi alla sorella di Giulia), pubblicano foto dei due ragazzi insieme, morbosamente ricostruiscono scene del crimine e della fuga. Il varietà dello schifo non lascia tregua. A tutto questo poi si aggiunge il ministro Valditara che, con una circolare, invita al minuto di silenzio. Sui social si prende parola, da ogni parte,soprattutto in risposta e in sostegno a Elena, buttata alla ribalta per le sue parole “non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”.

Non possono cadere nel vuoto queste parole, dettate da un coraggio e da una presa di responsabilità fortissimi da parte di una ragazza che, per vendicare la sorella uccisa, si mette alla gogna mediatica per sortire una risposta all’altezza. E le reazioni ci sono state, le piazze di veglia, le passeggiate rumorose, in moltissime università e e scuole, a partire da Padova, si trasforma il minuto di silenzio in un minuto di rumore, i pullman per il corteo del 25 novembre si riempiono. Dobbiamo chiederci se questo basti. Distruggere tutto, bruciare tutto. Sono parole che indicano un’altra cosa. Nell’assenza di tregua, perché dall’inizio dell’anno i femminicidi sono stati oltre 100, perché ogni volta l’accanimento generale, la spettacolarizzazione morbosa e le mille strumentalizzazioni hanno avuto modi e spazi per riprodurre violenza, bisogna imporla e ribaltarla: che non ci sia più tregua per loro. Cosa può essere sufficiente rispetto al livello dello scontro? Cosa può permettere di esprimersi e dare linfa alla rabbia di tutte quelle che sanno che il femminicidio non è solo il titolo del tg ma un fatto concreto che può succedere nella loro vita? Proprio in questi giorni si respira qualcosa di diverso perché le piazze, i cortei spontanei, le scuole sono piene e vivaci, rabbiose, migliaia di persone scendono in piazza dall’oggi al domani, c’è qualcosa di diverso, c’è qualcosa in più da cogliere. A Padova ieri sera sono scese in piazza 15 mila persone.

Tanto si è scritto e detto su cos’è la violenza di genere, che dalle molestie al femminicidio non è un fatto privato ma strutturale, che è alimentata dalla violenza sistemica e che non è un’eccezione. Questo ha dato un contributo fondamentale nella consapevolezza diffusa del problema, nel poter dare un nome al proprio vissuto. Il problema esiste e anche i vari attori sistemici si trovano costretti ad ammetterlo. E infatti non perdono occasione di presentare le loro soluzioni, fatte di belle parole, di lacrime di coccodrillo e di leggi manettare. Il loro scopo principale è che se il problema esiste la “soluzione” devono essere loro. Chi lo vive deve fidarsi, delegare e stare al suo posto nel ruolo della vittima e poi, quando non lo fa deve essere umiliata, screditata, silenziata perché non fosse mai che queste istanze si trasformino in atti concreti. Non fosse mai che in troppe si accorgessero che questa fiducia è crollata non solo per loro ma anche per tante altre. Non fosse mai che in troppe pensassero a delle soluzioni che non solo sono senza di loro, ma contro di loro. In questo frangente l’ideologia conservatrice, destra, si fa spazio, riaggiornando un discorso che va nella direzione di legittimare, tramite la strumentalizzazione della violenza, un ampliamento dello spazio di controllo e disciplinamento dei corpi delle donne. Questa formula ripetuta da vari uomini in tv in questi giorni, e non solo, va a costruire un solco ideologico che fa accomodare tutti coloro che colgono l’occasione per aumentare il proprio potere, dandogli modo di giustificarlo.

“Pensati libera”, è ciò che riassume tutto questo, nella sublimazione di una questione così strutturalmente connessa al sistema di dominio e sfruttamento in un concetto che delega alla persona la propria individuale emancipazione in un mondo che va in tutt’altra direzione, come se pensarsi libera di muoversi, di vestirsi, di comportarsi, di parlare come si vuole fosse una possibilità reale di per sé, come se “pensare di poterlo fare” non fosse già iscritto in una nuova dimensione di sfruttamento, di prevaricazione e di assuefazione alla violenza. Il livello di articolazione della controparte è raffinato e preciso, la questione della violenza di genere viene relegata al ruolo di “tema all’ordine del giorno”, e così quotidianamente si affina un lavoro di integrazione delle istanze del femminismo all’interno di ciò che è compatibile con il sistema di dominio capitalista. Le innumerevoli iniziative organizzate a livello istituzionale sul femminismo e sulla violenza di genere, le pubblicità che costellano i cartelloni delle nostre città, i talk show in tv, il contro-utilizzo di ciò che viene offerto (dai movimenti stessi) come la “soluzione facile” per fare del pink washing (dall’uso mainstream del linguaggio politicamente corretto, alle linee di make up, alle marche dei vestiti), alimentato da un uso della comunicazione virtuale e social studiata al millimetro, è solo parte del problema, ma ci sarebbe già molto da fare. Come rifiutare questa strumentalizzazione costante delle parole d’ordine femministe ponendosi allo stesso tempo l’obiettivo di parlare alla massa? Cosa fare per rappresentare la possibilità di essere più credibili di tutte queste ipocrisie?

E’ necessario rompere l’individualismo nel quale è stata confinata la violenza di genere, delegando a video virali e tiktoker la legittimità di parlare e di filmarsi mentre parlano dei problemi del mondo. Di per sé questi atti risultano controcorrente per l’opinione comune ma non lo sono,perché sono l’ennesimo modo nuovo per costringere alla solitudine, al silenzio e all’impotenza. Iniziamo con il rompere gli schermi, perché niente che passi attraverso la mediazione di questi strumenti è libero dalla mercificazione dei rapporti, tutto ciò che oggi viene integrato nell’esigenza di influenzare prodotta da un determinato hype, implica che quella comunicazione non sarà a nostro vantaggio. Al contrario, quel terreno ci è nemico perché porta tutto a vantaggio di altri, del profitto e della merce, ossia del sistema che produce e legittima la violenza.

Il 25 novembre assume un significato ancora più forte, contro il governo Meloni, contro l’attacco di Israele nei confronti del popolo palestinese e contro l’attacco nei confronti delle donne e di tutte le soggettività non conformi che si riproduce ogni giorno all’interno dei nostri confini, dei nostri territori, delle nostre città, delle nostre case. Nelle parole di Elena leggiamo una presa di responsabilità e c’è l’aspettarsi che questa sia condivisa, il bisogno di riscattarsi e la necessità di lottare come risposta alla tragicità di questi momenti. Non lasciamo inevasa questa aspettativa, il sistema liberista ha attuato ogni strumento in suo potere per rendere innocui i movimenti che si attivano da anni in questa direzione, ma oggi più che mai c’è la possibilità di interrompere questo meccanismo. Questa passa dalla concretezza con cui il nostro agire può fare la differenza e nel rendere riproducibili delle pratiche, perché quando “se succede a me distruggi tutto” viene scritto nella comunicazione ufficiale della polizia di stato forse abbiamo un problema e tocca iniziare a capire come risolverlo.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

25 novembrefemminicidifemminismomanifestazioniviolenza di genere

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Non Una di Meno: in piazza a Roma e a Palermo con la parola d’ordine “disarmiamo il patriarcato”

Un anno dopo le imponenti manifestazioni di Roma e Messina, ieri le manifestazioni nazionali organizzate contro la violenza patriarcale da Non una di meno! erano a Roma e a Palermo.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Verso il 25 novembre: contro i femminicidi e la violenza di genere

L’osservatorio nazionale femminicidi, lesbicidi e trans*cidi di Non Una Di Meno porta avanti dal 2019 un progetto che vuole combattere la violenza di genere

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

NUDM: è morta un’altra studente, non ne possiamo più

Sabato 23 novembre saremo a Roma anche perché desideriamo e pretendiamo una scuola diversa. da NUDM Torino E’ morta un’altra studente, non ne possiamo più. Aurora aveva 13 anni quando, il 25 ottobre, è stata uccisa dal fidanzato di 15 anni, che non accettava la fine della loro relazione.Lo stesso giorno, Sara è stata uccisa […]

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Torino, la mobilitazione contro gli antiabortisti continua: presidio al consiglio regionale

In queste settimane a Torino sono migliaia le persone che si mobilitano per chiedere la chiusura immediata della cosiddetta “stanza dell’ascolto”

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Per Anàs, morto in mare e per tutte le altre vittime dei confini

Lo scorso 9 agosto la comunità lametina si è stretta attorno alla piccola bara bianca contenente i resti di Anàs, bimbo di sei anni annegato in un naufragio e ritrovato nel nostro mare.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Aborto libero, sicuro e gratuito!

Sabato 28 settembre, in occasione della giornata internazionale per l’aborto sicuro, in Piemonte in tant3 ci mobiliteremo su tutto il territorio contro le politiche regionali che da anni sposano obiettivi antiabortisti, retrogradi e lesivi della libertà di scelta.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Pride critico, Pride comodo

Dov’è stato lasciato il “prendere e fare” a favore del “chiedere e aspettare”? Gli oppressi hanno iniziato un ciclo politico in cui si costituiscono come vittima senza agency che cerca di essere protetta. Il presente testo è la traduzione di un articolo di Charlie Moya Gómez pubblicato in castigliano su Zona de Estrategia il 27/06/2024. […]

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

RBO al Festival Alta Felicità – in dialogo con Fatima Ouassak

Fatima Ouassak è una politologa e militante ecologista, femminista e antirazzista. Il suo ultimo libro Per un’ecologia pirata (tradotto in italiano da Valeria Gennari per Tamu edizioni (2024)) propone un’alternativa all’ecologia bianca, borghese e a cui manca un approccio intersezionale.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

RBO al Festival Alta Felicità – In dialogo con Louisa Yousfi

Il termine “Barbari” viene utilizzato da Louisa Yousfi nel suo libro “Rester barbares” allo scopo di mettere in luce una trappola: da una parte il paradigma del razzismo proclamato, quello dell’estrema destra che definisce barbari i soggetti razzializzati e dall’altro lato il razzismo integrazionista, quello per cui occorre essere dei “buoni selvaggi”educati per essere all’altezza dei bianchi.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

No agli antiabortisti nelle strutture pubbliche!

Giovedì 11 luglio alle ore 12 si terrà una conferenza stampa davanti all’Ospedale Sant’Anna a Torino (ingresso via Ventimiglia) organizzata dal Comitato per il Diritto alla Tutela della Salute e alle Cure – Piemonte.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Comunicato dei collettivi del liceo Gioberti e Alfieri di Torino sul lacrimogeno inesploso

Ripubblichiamo il comunicato apparso sulle pagine dei collettivi dei licei Gioberti e Alfieri

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Turchia: arresti durante le manifestazioni contro la violenza sulle donne

Riportiamo la traduzione di questo aggiornamento pubblicato da Secoursrouge: Il 25 novembre, piazza Taksim a Istanbul è stata messa sotto stretta sorveglianza dalla polizia in seguito al divieto di manifestare e cantare lo slogan “Jin, jiyan, azadî” (Donne, vita, libertà) in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Nonostante il divieto, […]

Immagine di copertina per il post
Formazione

Patriarcato, classe e razza: una sola lotta

Il 25 novembre di quest’anno si inserisce in una cornice particolare: a poco più di un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, a pochi giorni dalle affermazioni del ministro Valditara e in un contesto di movimento in cui, anche in Italia, inizia a farsi strada con determinazione il discorso decoloniale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: mobilitazioni di massa per la Palestina.

Lunedì 27 maggio, migliaia di persone sono scese spontaneamente in piazza a Parigi e in altre città per esprimere la loro rabbia contro il genocidio in corso a Gaza, all’indomani di atroci bombardamenti sulle tende dei rifugiati a Rafah

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Rivolte in Nuova Caledonia tra neocolonialismo e laboratorio repressivo.

Dallo scorso 13 maggio in Nuova Caledonia (Il piccolo arcipelago si trova nell’Oceano Pacifico sud-occidentale, a 1.300 chilometri dalle coste dell’Australia), è scoppiata una violenta rivolta dei nativi Kanak, da sempre sostenitori dell’indipendenza dell’arcipelago.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Non Una di Meno: sciopero femminista e transfemminista dell’8 marzo. La diretta della giornata

Per l’ottavo anno consecutivo, l’8 marzo sarà sciopero femminista e transfemminista globale.