Pillola Ru486: quando la battaglia si gioca sul corpo delle donne
È di questi giorni la notizia che la Giunta Regionale Piemontese ha deciso di emanare una circolare che mette in grave pericolo la possibilità, già di per sé complicata tra obiettori di coscienza e medici antiabortisti, di effettuare l’aborto farmacologico. Ritorniamo sul dibattito politico che si è acceso da quest’estate sulla questione, dibattito che mette in campo tutto lo schifo di uomini che decidono sui corpi delle donne, dichiarazioni da conservatori cattolici, una sedicente sinistra “attenta ai diritti delle donne” (sic!) totalmente inesistente. È chiaro come solo una pronta risposta dal basso possa essere incisiva, necessaria e di attacco nei confronti di un teatrino decisamente rivoltante.
A giugno la governatrice leghista dell’Umbria Donatella Tesei, cancella la delibera regionale che permetteva l’aborto tramite Ru486 senza ricovero in ospedale, a suo dire per “tutelare la salute dei pazienti”, sostenendo di seguire le linee guida sull’aborto farmacologico. Il ministro Speranza, che in questi ultimi mesi di emergenza sanitaria ha dimostrato di avere qualche carenza nella tutela della salute pubblica, chiede un parere all’Istituto Superiore di Sanità annunciando l’aggiornamento delle direttive: la pillola Ru486 si può assumere in day hospital fino alla nona settimana di gravidanza. E fin qui.
Pochi giorni fa Roberto Cirio decide che la Regione Piemonte non seguirà le linee guida dell’Istituto di Sanità, emanando una circolare in cui viene vietato l’aborto farmacologico nei consultori e prevede che la decisione sulle modalità del ricovero avvengano da parte della direzione sanitaria, con la possibilità da parte di associazioni pro-vita e di aiuto alla maternità di effettuare valutazioni sull’interruzione della gravidanza. Un’idea questa che risale a metà settembre quando Maurizio Marrone, assessore regionale di Fratelli d’Italia, con una delibera propone di vietare l’aborto farmacologico negli ambulatori e suggerisce di attivare progetti di sostegno alle maternità difficili – alias, mettiamo in mani antiabortiste donne che vorrebbero affrontare un percorso di interruzione di gravidanza. Marrone non viene preso sul serio da nessuno, d’altronde uno che ha fatto carriera facendosi scortare dalla polizia in università per volantinare contenuti fascisti, omofobi, sessisti e razzisti, si era capito quanto ridicolo fosse. Ciò non assolve chi si sarebbe dovuto mettere un po’ più di traverso, dimostrando discutibili doti di previsione politica di chi ora si indigna. Così, la sindaca Appendino relega a “becera propaganda” la proposta di Marrone, Silvio Viale, ex consigliere comunale del Pd e ginecologo dell’ospedale Sant’Anna di Torino, si mostra sicuro che non cambierà nulla, che si tratta di “un bluff di un assessore di FdI che non ha la minima idea di che cosa stia parlando”. E arrivederci e grazie.
Ad oggi il M5S annuncia che farà ricorso al Tar e il Pd assicura che si batterà contro la circolare, l’assessore piemontese alla Sanità, Luigi Icardi, altro incompetente che ha dimostrato i suoi “meriti” durante la gestione covid, si impegna a valutare la proposta. Il presidente dell’ordine dei medici intanto ha scritto una lettera indirizzata al presidente della regione per esternare disappunto nei confronti di questa linea. Non solo in Piemonte si gioca una battaglia importante, nel Lazio sono troppi i primari che provengono dalle università cattoliche rendendo impossibile di fatto l’aborto, per esempio a Rieti, Frosinone, Latina, Viterbo, per non parlare dell’abominevole assurdità del cimitero dei feti a Roma. In provincia di Brescia l’amministrazione vuole versare un contributo mensile a chi rinuncia all’interruzione volontaria di gravidanza.
Insomma, come sappiamo l’unica vera opposizione che si può costruire è quella che parte dalla lotta delle donne, che esplode nei movimenti transfemministi, che non accetta un livello del dibattito politico così basso e pericoloso. Non basta difendere l’esistente, è un paradigma che si riformula quotidianamente e viene rappresentato da una politica fatta di uomini e da un sistema economico e produttivo basato sullo sfruttamento di chi deve occuparsi di riprodurre, che deve essere abbattuto.
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