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Cerchi alla testa: di nuovo Olimpiadi a Torino?

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L’idea di nuove olimpiadi invernali a Torino nel 2026 era in ballo già da un po’. Si vociferava di questa ipotesi sui giornali e nella base grillina c’era un certo stato di agitazione intorno a questa questione.

L’accelerazione è arrivata subito dopo la tornata elettorale nazionale e la vittoria della compagine di Di Maio. Mentre era in corso una accesa discussione nell’assemblea attivisti del M5S la sindaca Appendino ha tirato il coniglio fuori dal cappello, chiamando in diretta Beppe che a sorpresa si è detto favorevole all’impresa olimpionica. Questa corsa in avanti ha spiazzato molti, ma non è riuscita a mettere fine ai dubbi e alle opposizioni interne al Movimento e alla maggioranza in Sala Rossa. Ieri dunque è esploso il bubbone con la diserzione di cinque consiglieri pentastellati in un consiglio comunale impegnato a votare la mozione proposta a riguardo dei Giochi da parte del PD.

Per chiunque abbia seguito i discorsi dell’opposizione grillina durante l’era Fassino e poi la campagna elettorale che ha portato i 5 stelle alla vittoria nel capoluogo piemontese il cambio di passo non può che apparire surreale. Infatti la denuncia del debito pubblico enorme scaturito dalle Olimpiadi del 2006 – quasi 800 milioni di euro, che hanno contribuito a fare di Torino una delle città più indebitate d’Italia – e del conseguente piano di tagli ai servizi che ha vissuto la città ha costituito uno dei cavalli di battaglia di Appendino e del suo entourage. Il No alle grandi opere ed ai grandi eventi, la contrapposizione tra un centro vetrina e le periferie abbandonate sono stati alcuni dei nodi che hanno convinto i torinesi ad elargire in massa il loro voto ai grillini rompendo l’avvicendamento quasi dinastico del PD al governo della città con l’appoggio del famoso Sistema Torino.

C’èdi più. Una volta insediata a Palazzo di Città la sindaca di fronte al disastro in cui versano le casse cittadine ha deciso di imboccare la via di un piano di rientro per appianare il debito pubblico. Piano di rientro che in sostanza vuol dire nuovo taglio alla spesa sociale dal welfare ai servizi. I cinque stelle hanno giustificato questa improvvida misura scaricando, in parte a ragione, la responsabilità di questa situazione alle amministrazioni precedenti e dunque ancora una volta inquadrando il cuore del problema nelle Olimpiadi del 2006.

Olimpiadi low cost, olimpiadi zero debito, olimpiadi private

Nel tentativo di giustificare questo cambio di visione, prima da un No a un Nì e infine a un Sì con remore, il M5S ha affermato che la loro non è una candidatura, ma una manifestazione di interesse (questioni semantiche?). Si è iniziato a parlare di Olimpiadi Low Cost o a debito zero, a basso impatto ambientale per far calare la pillola amara ai propri elettori.
Ovviamente tutta la retorica “lowcost” è stato un tentativo di spostare il discorso dal vantaggio o meno di fare le olimpiadi al come farle. L’opzione zero non è contemplata. Vi ricorda qualcosa?
Infatti, se ci si concentrasse sui vantaggi economici che avrebbe il territorio da questo evento, e in particolare quello dei settori popolari, la risposta sarebbe univoca: nessuno! Fior fior di studi fatti negli anni dimostrano che il vantaggio per il benessere pubblico e dei cittadini dei Giochi Olimpici è nullo. Gli unici ad intascarsi i soldi, anche se low, sarebbero i privati e i potentati torinesi. Dunque, quale sarebbe il vantaggio?

Addentrandosi, poi, nella ipotesi di un progetto low cost appare evidente che questa ipotesi è quanto meno strampalata. Innanzi tutto non si capisce come il Comune potrebbe muoversi in accordo le volontà del CIO (il comitato olimpico) che ha tutt’altro in mente che le aspirazioni dell’amministrazione. In secondo luogo chi garantisce ai cittadini che un eventuale cambio di amministrazione in corso d’opera non significhi una levitazione dei costi e un nuovo ciclo di speculazioni? E tutto questo per un ritorno, da tenere ben a mente, comunque nullo.
Uno degli argomenti utilizzato a sostegno di questa ipotesi “low cost” è quello che delle strutture ereditate dal 2006 già esistono e sarebbero solo da ristrutturare. Anzi la retorica è ancora più assurda: siccome la maggior parte di queste strutture sono all’abbandono bisogna fare le olimpiadi per ristrutturarle. Follia! Quelle strutture abbandonate non sono forse il segno tangibile del lascito che un evento del genere provoca. Dopo il 2026 che si fa? Si aspetta Torino 2046? Low cost, poi, è tutta una questione di prospettiva. A meno che non si voglia trasformare le Olimpiadi nella Sagra del Borlotto (per noi molto più accattivante) i costi ci saranno eccome. La Camera di commercio parla comunque di circa 2 miliardi di euro d’investimento di cui – provate a indovinare! – solo il 30% sarebbe coperto da fondi privati.

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Alcuni consiglieri 5stelle di fronte a queste evidenti contraddizioni e nel tentare una via di mediazione hanno ipotizzato delle Olimpiadi private (sic!). In sostanza il pubblico avrebbe solo un ruolo di regia e della spesa si occuperebbero i privati sul modello di quelle di Los Angeles. Così il debito sparirebbe e “le olimpiadi se le facciano loro con i loro soldi”! Ma è davvero così? No. Infatti nessun privato si accollerebbe delle spese del genere senza un profitto immediato o dilazionato nel tempo. Quale sarebbe questo profitto? Sul modello del project financing il privato si presterebbe a caricarsi dei costi sostenibili in cambio di una proprietà delle strutture per diversi anni e del pagamento di un affitto o dicasi rendita da parte del pubblico per utilizzare quelle strutture o non utilizzarle. Che slalom! Il debito ricomparirebbe semplicemente come una diversa voce nel bilancio della città!

Dunque si ritorna alla domanda iniziale, l’unica che vale la pena porsi: qual’è il vantaggio? Nessuno.

Già si sentono i cori unanimi di chi dirà che chi è contro le olimpiadi è per un No a prescindere, è il popolo dei No a tutto e purtroppo in questo coro tocca annoverare parte dell’entourage grillino. Ma questo No, come ogni no a grandi opere e grandi eventi inutili, è un No con dietro molti Sì. Quelli a una maggiore spesa sociale, a una maggiore attenzione ai bisogni dei cittadini, a un modello di sviluppo diverso.

Fa pensare che le armi retoriche che si stanno affilando siano le stesse messe in campo una decina di anni fa dal Chiampa e che ogni giorno vengono scagliate contro il movimento No Tav in Val Susa, che guarda caso, come sono stati costretti ad ammettere gli stessi fautori del progetto, ha sempre avuto ragione.

E dunque perché?

Quali sono i veri motivi che spingono l’amministrazione di Appendino a promuovere questa proposta?
Le risposte possono essere molte. Si può ipotizzare la ricerca di un possibile terreno di mediazione locale con il Pd per lo scopo nazionale della formazione del governo. O, più semplicemente, le Olimpiadi potrebbero essere un petit cadeau per dimostrare a banche ed imprenditoria il proprio senso di responsabilità.
Ma ciò che più conta è la totale incapacità di trovare una proposta alternativa per la città che non sia semplicemente verniciare le vecchie politiche PD di piste ciclabili e cazzate smart. Il tentativo è quello di spostare il discorso pubblico su una prospettiva, una qualsiasi, purché un po’ più di lungo termine. Tanto le olimpiadi saranno tra dieci anni, magari avremo finito di pagare i piani di rientro per allora e se ne potranno fare degli altri tutti nuovi. Magari poi, visto il dato elettorale delle politiche in città in controtendenza con la media nazionale, toccherà ad altri sbrogliarsela et voilà!

Un’ultima parola va spesa ovviamente sulla stampa nostrana che sta già sbavando gli zerbini sciolina e servilismo, tutta arruolata sul fronte del Sì incondizionato. Si lamentano, si battono e starnazzano di che occasione sarebbe, di che figuraccia sarebbe perderla, di come rilancerebbe l’economia. Esattamente come dodici anni fa…

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(CREDITS immagini: Sistema Torino & wuming foundation)

 

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