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La marcia dei 4 gatti

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Cronaca semiseria di un pomeriggio farseco a Torino.

Uno dei più grandi crucci della lobby del TAV è sempre stata quella di non potersi rappresentare, seppur parzialmente, come forza sociale in qualche modo opposto al vasto movimento che si oppone alla Torino-Lione. Negli anni i tentativi sono stati innumerevoli, prezzolati, pilotati, stimolati con ogni mezzo lecito e illecito ma si sono sempre rivelati infruttuosi. Il fatto di non riuscire a rompere, nell’indefinitezza formale delle opinioni contrapposte, la materialità di uno scontro che si è sempre declinato come quello di un territorio contro le istituzioni ha sempre però rappresentato un problema politico cruciale per la riuscita della grande speculazione in Val di Susa. Ma com’è possibile che se ci sono i notav non ci sono i sitav? Per questo i grandi gruppi editoriali, appoggiati dai grandi gruppi industriali, provano con ciclica regolarità a proporre uno sceneggiato sempre uguale, la rivolta di un’immaginaria maggioranza silenziosa che scende in piazza in nome del progresso contro lo stop alla grande opera. L’orizzonte ideale di questa parola wannabe performativa, che ritroviamo anche oggi su tutti i giornali, è sempre quello del capolavoro che continua a popolare l’immaginario delle élite sabaude, la marcia dei 40’000 quando i quadri della fiat scesero in un lungo corteo per chiedere la fine delle lotte operaie negli stabilimenti degli Agnelli. Come è noto, però, il problema non è tanto che la storia non si ripete mai quanto che lo faccia prima come tragedia e poi come farsa. Prendiamo la replica di ieri.

Il canovaccio era quello di sempre ma con un po’ più di pepe dato dal fatto che la fine della grande mangiatoia ad alta velocità sembra farsi sempre più concreto. In occasione del voto di una mozione del comune di Torino in cui si ribadisce la contrarietà della giunta alla realizzazione dell’opera, si tenta la solita messinscena rilanciata a reti unificati da Stampa e Repubblica. Tutti i corpi intermedi che sentono mancarsi la terra sotto i piedi rispondo presenti. Confcommercio, Confindustria, Confesercenti, Confartigianto, Amma, Confapi. Ma anche CGIL, CISL, UIL. E poi +Europa con la Bonino e i radicali. Si aggiungono, nel tripudio giornalistico, anche l’ordine dei notai, degli avvocati e dei commercialisti. A capitanare la truppa della clientela ci sono Forza Italia e il PD, ovviamente uniti nella lotta. Se i titoli di testa sono in stile “l’armata brancaleone” l’esecuzione ricorda però più “odissea nell’ospizio”. Al comune si ritrovano in quattro gatti. Canuti funzionari sindacali della CISL, dirigenti confindustriali, la ristretta nomenklatura del PD torinese, eletti di Forza Italia con qualche pensionato probabilmente appassionato della nobile arte dell’osservazione dei cantieri. La CGIL riempita di sberleffi dai notav presenti fiuta la mala parata e non osa nemmeno aprire le bandiere. Gli slogan sono comici SITAVSITAV, RIUFIUTAMO L’ISOLAMENTO, SIETE DEI FASCISTI. A un certo punto si leva addirittura un coro LAVORO, LAVORO, LAVORO senz’altro un esorcismo da parte di un gruppo di privilegiati che, dalla prima repubblica in poi, non ha avuto altra attività che non fosse quella di ciucciare la tetta della politica a danno della collettività.

Come dichiarato dal presidente di Confindustria torinese la priorità assoluta degli industriali è ora quella dell’assicurarsi che niente cambi e che le grandi opere possano proseguire indisturbate. Aspettiamoci di vedere, nei prossimi giorni, altre repliche di questa stanca serie TV. Nella speranza che lo stop definitivo all’opera faccia scorrere finalmente la scritta THE END.

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