Sardegna: 50 indagati e accuse di terrorismo per il movimento contro le basi militari
È su tutti i giornali la notizia della prima chiusura indagini condotta dalla Digos di Cagliari e dal Reparto Antiterrorismo nei confronti di circa 50 attivisti. Le accuse sono varie, dalle più gravi per associazione con fini terroristici e sovversione dell’ordine democratico a rapina, lesioni, lancio di oggetti, resistenza a pubblico ufficiale. Nessuna notifica è avvenuta oggi, e neanche alcuna disposizione cautelare.
Un impianto che traballa quello della Procura di Cagliari che cerca maldestramente di sostenere i fini terroristici di una lotta, quella contro le basi militari, che in Sardegna è sempre stata viva e partecipata.
L’inchiestona – è quasi un eufemismo- riguarda il periodo più vivace delle proteste, quello fra il 2014 e il 2016, in cui più volte le esercitazioni erano state interrotte con l’ingresso all’interno delle basi militari, che aveva visto le proteste contro l’esportazione di bombe prodotte dalla RWM e i presidi sotto le istituzioni complici del devasto ambientale. L’obbiettivo tutte le volte è stato chiaro, ed è quello della dismissione delle basi militari e la bonifica dei territori.
È vero, quando le lotte sono vere e sentite certo che sono collegate, certo che si rigenerano e certo che si rafforzano: ma evidentemente tutto questo è difficile da accettare per chi vuole mantenere l’ordine costituito, è pericoloso perché è una forza, e allora bisogna dire che c’è una regia, che qualcuno ci sta fregando..
Per i comitati che hanno sempre partecipato all’organizzazione delle manifestazioni, una delle condizioni per perseguire questi obbiettivi è sempre la partecipazione degli abitanti della Sardegna: quelli impoveriti, ammalati, controllati a causa delle basi Nato. Ci si chiede di quale terrorismo si parli… C’è qualcuno terrorizzato da questa lotta giusta?
Alla polizia e alla Procura è evidente che non interessa tanto il processo nei tribunali ma piuttosto quello che oggi conta davvero, quello sui giornali che hanno già deciso la verità delle accuse, recitato tutti i nomi e luoghi di provenienza degli attivisti, ricostruito la lotta secondo lo sguardo di chi cerca un terrorista e non di chi guarda a quello che succede, nella società, nella politicità dei movimenti.
Così a qualche giorno dalla fine del Campeggio di Pratobello e a meno di un mese dalla data regionale chiamata a Capo Frasca per il 12 Ottobre, il tentativo è quello di rompere il movimento e insinuare paura.
Per ricordare a questa democrazia in pericolo che la lotta contro le basi è giusta, è da tanto tempo, è necessaria, il comitato A Foras rilancia ancora più forte la manifestazione del 12 ottobre a Capo Frasca.
Esprimiamo la nostra solidarietà a tutte/i le/gli Attiviste/i coinvolti.
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