Torino, la polizia ancora all’università per difendere il Fuan
Questi, come ogni volta, non sono arrivati da soli, ma a precederli è stata la polizia in antisommossa (che si è disposta attorno all’università con almeno sei camionette) e la digos.
Questa paradossale scena, in cui per evitare disordini la polizia sorvegliava gli ingessi e le uscite delle aule intimidendo gli studenti , ha invece dato vita a un accesa contestazione che non ha permesso ai dichiarati fascisti di continuare la loro fallimentare campagna elettorale.
Il gruppo di studenti e studentesse si è infatti mosso attorno all’area in cui si svolgeva il volantinaggio e ha dimostrato un chiaro rifiuto verso la presenza di gruppi xenofobi, razzisti, e sessisti, così come per la militarizzazione degli spazi universitari.
La sporadica comparsa di queste identità che cercano disperatamente una rappresentanza in università non sconvolge, ci provano . Ciò che sconvolge è il modo in cui i vertici accademici e le questure gestiscono le situazioni che ritengono potenziali per un’espressione di dissenso e conflitto. Diventa lecito per questo scopo congelare la mobilità , identificare e reprimere gli studenti dentro l’università.
L’anno passato, proprio a seguito di una contestazione al Fuan, è stato emblematico il tentativo di sgombero di uno degli spazi occupati e l’arresto di sei studenti.
L’uso delle forze dell’ordine da parte dell’università come dispositivo per gestire qualsiasi situazione di eccedenza rispetto a un modello pacificato che fa però acqua da tutte le parti, rischia di diventare ordinaria amministrazione.
L’aumento delle perquisizioni con cani antidroga nelle scuole e nelle università, l’ingresso della celere nella biblioteca di Bologna, l’episodio di stamani ci parlano di questo.
Tutto ciò che rappresenta un pensiero critico e di rottura è per l’università un problema e non importa cosa rappresenta o cosa chiede: va gestito militarmente.
Che si tratti di un tornello, di un’assemblea studentesca, di un boicottaggio accademico o di una contestazione ad un volantinaggio razzista, la risposta delle istituzioni e dell’Università è univoca: più controlli e più polizia, nelle scuole, nelle piazze e nelle università.
L’ organizzaione collettiva di chi vive i luoghi di formazione è quindi una possibilità, perchè permette di opporsi a questo tipo di gestione e individuare delle responsabilità in un sistema che non funziona ma nasconde sotto il tappeto le sue contraddizioni.
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